En este segundo libro de Primo Levi, se narra el larguísimo viaje que tuvieron que recorrer los prisioneros de guerras, una vez liberados de Auschwitz tras la liberación rusa. Viaje tortuoso, cansino, incluso sin sentido. muchas veces desandando caminos ya recorridos. Peripecias de todo tipo se encuentran en este libro, y como el primero, de una manera objetiva por el autor, sin victimizarse, con la misma mirada fría y bien escrita que viene siendo su estilo. Bellísimo sin par! Nos revela datos, nombres, historias individuales y singulares que de no ser por su pluma, habrían caído en el olvido. Historias tristes, alegres, heroicas, comunes, conmovedoras, trágicas, simpáticas, felices, amargas. Esas pequeñas historias que conforman el mar de personas que sufrieron la tragedia de este desastre sin par, de esta aberración que fue la segunda querrá mundial. Sí, finalmente despues de 10 largos meses de viajes llegan a su patria los italianos, entre ellos este autor que es parte del corazón del mundo, cuya obra debería ser divulgada y hasta obligatoria, para no olvidarnos de cuán cruel puede ser el hombre, y no permitirlo nunca más, pero sobre todo, se lo debemos, se lo debemos porque (aunque conocemos de su pluma hasta donde es capaz la resistencia de un ser humanos) sus palabras finales nos dejarán rotos.
This isn't the kind of book that really needs my stamp of approval. Some things people should just read and know about, and one of those is Primo Levi's experiences. He is a phenomenal writer, somehow making me see his experiences in a way that not only shocks but also makes an impression on me. Such an amazing mind - and such a horrific time. Everyone should read Survival in Auschwitz and follow up with this one. I dare you not to be changed.
Riporto di seguito il trafiletto all’inizio del libro La Tregua Sognavamo nelle notti feroci Sogni densi e violenti Sognati con anima e corpo: Tornare; mangiare; raccontare. Finché suonava breve e sommesso Il comando dell’alba: <>; E si spezzava in petto il cuore. Ora abbiamo ritrivato la casa, Il nostro ventre è sazio, Abbiamo finito di raccontare. È tempo. Presto udremo ancora Il comando straniero: <>. 11 gennaio 1946
Sono qui a scrivere il mio pensiero su questa lettura, dopo averla terminata da qualche giorno. In generale, scrivere una recensione, è un’affermazione importante e quello che provo a fare io è esprimere un pensiero, che prova a raccontare il libro dal punto di vista del lettore, quello emozionale. Una lettura che si lascia assaporare come una pietanza dagli aromi variegati, dal gusto gradevole, con qualche retrogusto di amarezza, acidità… un colpo al cuore e alla mente, alla sensibilità del lettore che si approccia di quest’opera biografica, nata dagli aneddoti e dai racconti, dalle avventure vissute in prima persona dallo scrittore e chimico, Primo Levi. Considerato il seguito di “Se questo è un uomo”, l’opera più celebre del narratore torinese. Non un semplice romanzo, come tutti gli altri da Egli scritti, sono vita, emozioni e come tutte le opere sono da meditare, studiare, leggere con le corde del cuore
Ogni parola ha un sapore, odore, profumo, suono caratteristici che celano il sesto senso, quello più profondo e prezioso, intrinseco che si cela nelle descrizioni e negli stati d’animo dei vari racconti e episodi raccontati. Un flusso travolgente di pensieri e racconti delle avventure vissute in prima persona e rendono il lettore partecipe e presente assieme all’autore. Il viaggio come metafora della liberazione e rinascita lenta e prorompente, dopo la sofferenza e l’orrore che ha sconvolto l’essere umano, vissuta direttamente dall’autore. Una tragedia umanitaria e sociale, la seconda guerra mondiale e la deportazione nei campi di concentramento raccontata con magistralità e sensibilità uniche, che fanno vivere l’assurdità di un tempo sospeso, amaro, crudo, accentuati in “Se questo è un uomo” e qui visti con gli occhi di chi è sopravvissuto e spinto a tornare a vivere dalla speranza di tornare a casa e di ritrovare ciò che era stato miseramente e drasticamente perso. Il sogno e la speranza finalmente, nonostante le peripezie, diventano realtà attraverso il viaggio metaforico e reale attraverso le rovine degli Stati Europei, la rinascita e la riscoperta di un mondo travolto e sconvolto dal male e dall’assurdità. La rinascita, la scoperta, ritrovare il senso delle cose e dell’esistenza, la consapevolezza e la spiritualità. L’incontro con popoli diversi, ma accomunati dallo spirito di ricostruzione e di accoglienza dopo i tragici eventi, accomunati dal fattore comune di aver vissuto la stessa tragica realtà. Il vissuto e il tempo perso hanno segnato gli animi, e si procede in un viaggio pazzesco e assurdo da Auschwitz attraverso la Russia, l’Ungheria, l’Austria fino a Torino. Un viaggio emotivo, figurativo dove l’orrore, la miseria, il tragico, il terrore, l’assurdo diventano un caos e si trasformano in desiderio, condivisone, speranza, ricordo, attesa, rinascita
Una lettura importante e mai come oggi, in questi duri e complicati è fondamentale affrontare e leggere perché solo chi ha vissuto può raccontare con causa e ragione cosa è e far sì che sia più forte la consapevolezza e la conoscenza Buona lettura Stefano
E, se dopo essere sprofondati oltre il dolore sopportabile, oltre l'umiliazione immaginabile, oltre l'annullamento totale di sè e della propria coscienza, dei propri valori e di una qualsiasi minima speranza, all'improvviso tutto questo male infinito imprevedibilmente finisce? Come se ne esce?
Ce lo racconta Primo Levi in questa sua quasi asettica eppure pian piano ottimista cronaca del ritorno. Se ne esce un passo alla volta, un giorno alla volta, una piccola luce alla volta. Tra incubi e ricordi, progressi e ricadute, ritrovando la propria umanità nei compagni di viaggio. E l'amor proprio.
Fino al compimento, alla meta. Che, però, non ci ritroverà identici al prima. Il dolore, la coscienza della fine inevitabile, ma anche la inattesa speranza e rinascita ci troveranno cambiati. Più coscienti, più disillusi, più soli con noi stessi. Proveremo ancora a vivere, ma non sarà più lo stesso.
"L'11 aprile (1987) muore suicida nella sua casa di Torino."
"A trégua" é um relato intimista da jornada do autor de volta a casa, depois da guerra que o colocou prisioneiro num campo de concentração. É uma narrativa emotiva que nos mostra a miséria e a destruição do pós-guerra. O medo e o desespero persegue a todos que viveram o pesadelo de Auschwitz. Ao longo do livro se interligam várias personagens de que algum modo formam vítimas da guerra. O que sobra no fim? Como alguém sobrevive a experiência terrível de um campo de concentração? Ao conclui-la entendi que é uma jornada de esperança. O autor ainda acredita em algo melhor apesar do vazio que a guerra lhe deixou.
Primo Levin pitkästä kotimatkasta Auschwitzin helvetistä Itä-Euroopan kautta takaisin Italiaan, sekä pohdintoja kirjailijasta ja hänen muustakin tuotannostaan on luettavissa blogistani:
Se in Se questo è un uomo prevale la narrazione della disumana routine del campo, è ne La tregua che emerge il vero incitamento alla verità. Proprio questo secondo libro testimonia l'urgenza del ricordo, dando voce al terrore di dover tornare a casa e raccontare ad un pubblico sordo quanto è accaduto nei mesi precedenti. http://athenaenoctua2013.blogspot.it/...
La tregua es la segunda parte de la Trilogia de Auschiwchiz, y comienza justo después de la primera parte, Si esto es un hombre”. Levi y todos sus compañeros comienzan a ver la luz a todos los horrores, comienza aquí el viaje de vuelta, un libro que a aunque no es muy extenso puede hacerse un poco largo debido a que nos cuenta únicamente el viaje de vuelta, que casi fue mas largo que su estancia en el campo. Levi nos cuenta sus vivencias en varios campamentos por los que va pasando, donde se encuentra y conoce a personas desplazadas de muchísimas nacionalidades y por ello con diferentes idiomas, por ello la comunicación se hace muy complicada entre ellos. Todos estos campamentos, aunque no son igual que los campos de concentración, son lugares muy mal administrados, y muy descuidados donde no hay atención medica y a comida aunque hay, es muy irregular. En este libro vemos como desarrolla el afecto por muchas personas, de todos los campamentos por lo que va pasando y como por fin decide huir con un compañero, para volver a casa. Habia momentos que se me hacia mas pesado, pero en general me he quedado con detalles muy buenos, y con la esencia de que la gente que conoció le ayudaron mucho y que gracias a eso puede contar esta historia.
Come io mi sia perso questo gioiello, in tanti anni, rimane un mistero. Forse credevo di averlo già letto, ma poco importa: da un lato mi rende felice aver atteso molto tempo per scoprire un’altra perla di Primo Levi.
Si tratta di un resoconto pieno di sentimento, ma anche di umorismo e allegria, gioia di vita e rinascita graduale, dopo l’insuperabile trauma del lager. Se il campo va a simboleggiare l’annientamento dell’umanità (sia dal lato delle vittime che dei carnefici, con le necessarie riflessioni e domande), questo libro può rappresentare al contrario un viaggio nell’umanità, nello scoprire cosa bisogna recuperare per essere uomini completi e felici, qual è il percorso che si intraprende gradualmente per diventarlo. Non solo i contenuti storici sono interessanti, perché sconosciuti ai più e riguardanti una fase storica confusa, poco analizzata. È anche lo stile di scrittura a essere fenomenale, allo stesso tempo evocativo e vivido, letterario eppure umano.
Più ancora che in altre opere, qui percepisco, oltre all’aspetto autoriale di altissimo livello, la personalità di Primo Levi: traspare fra le righe la forte sensibilità, la saggezza nello sguardo, il potere di osservazione mai giudicante, lo stupefacente coraggio di essere mite, lo sguardo disposto alla curiosità e all’apprendimento da tutte le persone, da tutti i gradini della società. Una persona e una personalità straordinaria, figura eminente di intellettuale alla portata di tutti, che manca enormemente. E grande dimostrazione del fatto che lo studio e la cultura non sono qualcosa da disprezzare o da considerare snob, ma aprono la mente al di sopra di tutto.
This book starts off at exactly the place that If This is a Man ended, with the arrival of the Russians at Auschwitz on 27 January 1945. It would be a mistake to think that this meant actual liberation, although, in comparison with the situation in Auschwitz, it was. The war was still going on, west of Auschwitz, and it would be some time before it actually ended. In the meantime, the Russians had to deal with the horrors that had confronted them. Essentially the “survivors” (inmates were still dying from the effects of their mistreatment in Auschwitz) were moved to a camp in Katowice where they remained until May. Things improved slowly under the Russians, but improve they did, and slowly the survivors were regaining some of their strength and health.
The process of arranging repatriation of the by now multi-cultural inmates, refugees, soldiers, etc. would take longer. The initial trip “home” was in the wrong direction: south-east initially, then north into western Russia, and the towns of Slutsk and Starye Dorogi. They would remain at Starye Dorogi for two months, from 15 July to 15 September 1945, before the long return journey by train back down south then west, through Rumania, Hungary, Czechoslovakia, Austria, Germany, and Austria again before finally arriving in Italy. Levi arrived home to Turin on 19 October 1945.
Obviously, this long return home journey is suffused with the sense of liberation from the horrors of Auschwitz; but it is still a lesson in a fuller “appreciation” of the devastation of war on a much wider scale. For Levi and his companions there is a sense of adventure, as they explore the edges of their new-found freedom. Individual escapades are narrated; a certain pleasure in petty thievery and vagabondage particularly by rascally members of the groups, give a lighter sense of survival by fair means or foul, and we sense an increasing encouragement of strength and confidence in life.
At the same time, while being able to smile at rebellious cleverness and ratbaggery, Levi does not shy away from describing the devastation of the war in the countries it ravaged, and its effect on the dire poverty on the people engulfed in it. This, too, is an undeniable result of the extremist, racist, implacable views of the totalitarian ideology of the Nazis that ultimately destroyed not only many others, but also the best of its own. It is a sobering but salubrious thought, and one which we all should take to heart.
There is a quite moving paragraph towards the end of this book: some 10 days before arriving finally at Turin, Levi is surveying the ruination of Vienna. Part of him wants to gloat over the scenes of destruction; at having just survived the worst Nazi Germany had plunged the world into, and was now standing amid the desolation and poverty he saw in Vienna. He realises there is nothing to gloat about. He concludes:
We climbed into our trucks with heavy hearts. We had felt no joy in seeing Vienna undone and the Germans broken, but rather anguish: not compassion, but a larger anguish, which was mixed up with our own misery, with the heavy, threatening sensation of an irreparable and definitive evil which was present everywhere, nestling like gangrene in the guts of Europe and the world, the seed of future harm.
Grāmatas par Otrā pasaules kara pieredzi mani ir saistījušas vienmēr, jo ir pārāk daudz neatbildētu jautājumu par to, kā kaut kas tāds var notikt Eiropā. Bet Primo Levi visā izlasīto grāmatu skaitā par šo tēmu ir īpašs. Nebiju iedomājusies, ka Aušvices un mājās atgriešanās pieredzi varētu izstāstīt ar tādu humora devu. Varbūt vienīgi Vonnegūts kaut kādā ziņā tam tuvojas. Tomēr, ja būtu jāizvēlas, es noteikti izvēlētos Primo Levi. Tomēr humors, lai arī pārsteidzošs un lielisks, nav galvenais šajā grāmatā. Tas ir izdzīvošanas, atdzīvošanās un dzīvošanas stāsts, kuru ieteiktu izlasīt katram un katrai. Manā sarakstā jau ir nākamās Primo Levi grāmatas.