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Una felicità universalmente riconosciuta, ma artificiale è preferibile ad un'esistenza dove sentimenti e aspirazioni sono repressi, la libertà individuale è preclusa e il concetto di bellezza e di famiglia - affinché non venga meno la stabilità della popolazione - viene sacrificato assumendo una connotazione "obsoleta"? Questa la domanda che riecheggia per l'intero romanzo... Huxley ci scaraventa in una società distopica certamente più soft e meno brutale rispetto a quella orwelliana, ma comunque d'effetto poichè la quotidianità delle persone è scandita dalle nozioni con cui sono state plagiate durante la fase dell'ipnopedia e, alla minima difficoltà, obnubilate e intontite dagli effetti allucinogeni e antidepressivi del "soma". Eppure è il saggio critico n "Ritorno al mondo nuovo"n la vera perla, infatti, l'autore sviscera con minuzia le tematiche che ha trattato, ricollegandosi alle successive scoperte scientifiche e non che si sono verificate dalla pubblicazione del romanzo. Una monografia, questa, punteggiata da un cinismo e pessimismo di fondo, se si pensa che questo libro è datato 1931 è davvero stupefacente quanto sia stato lungimirante e visionario l'autore.