Community Reviews

Rating(4.1 / 5.0, 100 votes)
5 stars
35(35%)
4 stars
36(36%)
3 stars
29(29%)
2 stars
0(0%)
1 stars
0(0%)
100 reviews
April 17,2025
... Show More
Won the Pulitzer for fiction AND the National Book Award for Fiction in 1967. Were there no other books written in that year? Malamud is a competent writer. He uses detail to pull us into another world, the starving, pestilence-ridden world of peasants under the Tsar in about 1910. The hero Yakov is a non-practicing Jew (is that a real thing? are you 'of a religion' if you don't go to meetings?) Every non-Jew in Russia is either engaged in a pogrom to murder Jews, or building the outrage for the next one (they drink the blood of children, rape maidens, poison crops, etc.) It's a vivid portrayal of superstitious ignorance, and Yakov is sent to jail awaiting trial for murdering a boy. The prosecutor's evidence grows with each month that passes--a barn burned down, so it must have been Jewish criminals who were abusing children who burned it down to hide the evidence. The prison is torture: cold, wet, starvation, torture, isolation. This is all a great premise and a great setting for a story. Two hundred pages later, the book stops. Two hundred pages of Yakov putting up with physical and emotional torture, hoping something good will happen, being betrayed by people who hinted they could help him. Imagine 'Papillion' without the escapes, or drama. Okay, I can imagine all sorts of deep meanings from this tiresome, static book: fear and stupidity lead to persecution, anti-Semitism grows where ignorance flourishes, and so on. But if I have to invent the meaning, shouldn't I get the Pulitzer? I see patterns in clouds, but that doesn't make a low-pressure system an artist.
April 17,2025
... Show More
Tu sei ciò che vuoi essere

L'uomo di Kiev vinse il Pulitzer e il National Book Award, il secondo per Malamud dopo quello ottenuto per i racconti superlativi de Il Barile Magico. Ed è un romanzo eccezionale, rappresenta una vetta sublime e inimitabile nel mondo della letteratura contemporanea. Nel romanzo, sofferenza e umiliazione sono raccontate come condizioni universali e ineluttabili, il dolore si percepisce come una porta per la maturazione, il riscatto e la consapevolezza. La tragedia individuale viene vissuta come mito collettivo, rituale che tende a ripetersi, a farsi eterno; la disgrazia e l'ingiustizia costituiscono un ambiente originario e immanente per l'eroe di Malamud, un teatro nel quale recitare una parte ineludibile e dove cercare una evoluzione che sia liberazione dal senso di colpa e di vergogna, che connota l'essere ebreo e più radicalmente l'essere diverso, l'essere singolo soggetto non conforme né adattabile all'avidità e alla distruttività del reale. Il romanzo si ispira a un fatto di cronaca del 1911, l'antisemitismo diffuso che condusse la Russia zarista a accusare e imprigionare l'ebreo ucraino Mendel Beilis per l'omicidio di un bambino a scopi religiosi e rituali (il processo, non narrato, si concluse con l'assoluzione). L'immaginazione di Malamud crea un'esperienza di parola irripetibile all'interno di una tradizione che va da Giobbe a Kafka alla tradizione yiddish: è sempre l'uomo che soffre al centro della storia e l'individuo in prigione diviene simbolo di uno stato metafisico, di una corporeità innocente, vincolata e offesa, mai riconosciuta. Così la vita di Yakov Bok consegna al lettore un'allegoria esistenziale, il viaggio di un'anima al cospetto di un'entità che rispecchia un potere onnipotente e ultraterreno nella sua delirante inalterabilità, univocità di posizione e prepotente violenza. Non c'è spazio per il dissimile, non c'è luogo per il vero perché è necessario placare la ferocia della persecuzione e della discriminazione, il desiderio illimitato di mettere sotto processo e annientare l'altro, che rappresenta il personaggio che contiene il disconosciuto, il negato e il rimosso. Per questo l'unica via percorribile è il cambiamento effettivo, la redenzione tramite la rielaborazione concreta, l'attesa di un evento fisico di salvezza, persino il sogno di una rivolta contro il tiranno, la conquista della libertà attraverso un calvario dietro al quale si intuisce un esito positivo. Per lo scrittore newyorchese resistere al dolore comporta trovare una sorta di silenziosa quiete, un sentimento equilibrato di inspiegabile sollievo, che somiglia alla felicità mai concessa alla moltitudine, eterna promessa e fonte di tormento. Malamud racconta bene come siamo composti di paure irrazionali e memoria ostinata e quanto profonda possa rivelarsi la nostra solitudine; la sua scrittura meravigliosa e implacabile esprime pienamente e con compassione l'essenza umana, quell'errare dentro di sé, nella nostra sostanza paradossale e nella nostra estraneità indicibile e minacciosa. Così la volontà da opzione arbitraria acquisisce il carattere di una continuità di destino e di scelta. Perché non lottare per rimanere se stessi?
April 17,2025
... Show More
«اگر فقط یک چیز آموخته باشم، این است که انسانِ غیرسیاسی وجود ندارد، به‌خصوص اگر یهودی باشد. نمی‌توانی انسان باشی اما سیاسی نباشی، به همین سادگی. نمی‌توانی بنشینی و نابودی خودت را تماشا کنی.»

و حالا به‌جای «یهودی» بذار: «ایرانی»!
به‌لحاظ روانی خسته‌ام کرد خوندنش، چون متاسفانه کتابیه که هر ایرانی میتونه خودش رو جای یاکوف بُک بذاره و کاملا لمسش کنه.
April 17,2025
... Show More
این کتاب داستان یک یهودی بخت برگشته در روسیه تزاری و جامعه ای یهودی ستیز است، که به شرح تلاش هایش برای بی گناهی،آزادی و... می پردازد.
کتاب بر اساس واقعیت نوشته شده است.
April 17,2025
... Show More
Nella Russia zarista del 1913, un ebreo viene condannato per l’omicidio rituale di un bambino cristiano. Molto più indietro negli anni e a verste di distanza, Geoffrey Chaucer nell'epigrafe parla di “un piccolo Ugo di Lincoln, trucidato anche tu dagli ebrei maledetti”. Bernand Malamud è ebreo per nascita, ma distante dai rituali della religione a cui appartiene, e estraneo alla geografia fisica e sentimentale degli shtetl europei. Eppure, come fa notare Alessandro Piperno nella sua prefazione, la sua città nativa è una Brooklyn “iper-ebraica”, una realtà di sofferenza che vanifica ogni possibilità di riscatto, e che pregiudica tutte le figure dei suoi romanzi. Come scrive ancora una volta Piperno: “Gli eroi di Malamud sono l’incarnazione stessa dei loser. Nessuna fitzgeraldiana corsa all’oro. Solo grandi cadute nel fango”.
Yakov Bok, “l’uomo di Kiev”, è fatto dello stesso stampo: la sua storia di fixer, aggiustatutto incapace di riparare il proprio destino, è al contempo quella di Giobbe: un racconto di vagabondaggi, sfortune e sopportazioni. Come la storia vera da cui si muove, Yakov Bok abbandona il suo villaggio di origine, lasciandosi indietro una moglie infedele e una miseria quotidiana, per approdare a Kiev, capitale di un antisemitismo sempre più feroce e incontrollabile. Lì è preda di un vortice di avventure da cui non riesce a tirarsi fuori: soccorre un antisemita ubriaco nella neve, diventa oggetto di attenzioni da parte della figlia di lui, ricopre un posto di rilievo nella piccola fabbrica di famiglia – tutto sempre nel segreto di una religione a cui non sente di appartenere, all’insegna della libertà di pensiero che letture di Spinoza stanno costruendo dentro di lui.
Ma la situazione precipita presto, e Yakov Bok viene accusato di aver assassinato un bambino a scopi rituali; da questo momento la sua vita cambia violentemente. La trama si ferma, e ogni azione ha luogo esclusivamente all’interno del suo spirito e della sua cella. 
Da questo punto, al contempo, la scrittura di Malamud diventa “un autentico calvario”: la sua prosa è brutale e trasparente, e il confine tra la carta e la carne è così sottile da non poterci fare affidamento. Yakov Bok soffre nella sua innocenza, e soffre nella sordità a cui il carcere lo condanna, ignaro di chi, da fuori, lo protegge o trama contro di lui.

Come in un romanzo di Dostoevskij, il corpo dell’aggiustatutto precipita ad un livello di umanità sempre più basso, mentre il suo spirito ascende a una grazia chiarificante e insostenibile. Le torture e le malattie agiscono per sottrazione su di lui, ripulendolo dal superfluo del mondo e donandogli, in cambio, la capacità di accettare il suo destino – che è il destino di tutti gli ebrei. “Vey is mir”, povero me, è la frase con cui appare sulla prima pagina, e in quelle tre parole yiddish si nascondono passato, presente e futuro della sua stirpe.
Nel corso del romanzo l’immedesimazione si fa più violenta e partecipata, ma le pagine finiscono senza che davvero si sappia cosa succeda al povero Yakov Bok: è questo un ulteriore dono di Malamud, che ci fa dimenticare l’importanza del finale, lasciandoci sospesi e tramortiti ma, a suo modo, purificati.
April 17,2025
... Show More
.
.کتاب در واپسین سال‌های حکومت تزار روسیه، داستان حقیقی یهودی بی‌نوایی را روایت می‌کند که در هیاهوی پرتب و تاب یهودستیزی، قربانی دین به ارث رسیده از پدر و مادر می‌شود. یاکوف‌بُکِ تعمیرکار، با اتهام قتل آئینیِ پسر بچه‌ای مسیحی، در نقش «دریفوس»، محکوم به یک مرگ آئینی می‌شود.
او، پیرو کیش انسانیت است و برچسب فیک «یهودی» را یدک می‌کشد. یک یهودیِ سه جلدی که در موقعیت مناسب، تمام گناهان قوم یهود در طول تاریخ را به پای او می‌نویسند.
تعمیرکار این داستان، به‌جای آچارکشی و وصله زدن به یک حیاتِ اسقاطی، عزم کوچ و تغییر می‌کند. او از ویرانه‌های ناکامی عروج می‌کند و از قالب تعمیرکار به جلد یک خالق رخنه می‌کند و اینجاست که داستان مالامود آغاز می‌شود.
جایی که روایت او هویت «ساختارها» و کارآیی حقیقی آنها را به چالش می‌کشد.
.
 مسئله نویسنده عدالت و کارآیی نهادهای منادی برقراری عدل است. کتاب، یهودستیزی را دست مایهٔ پیکار می‌کند تا در قالب سرگذشت رقت‌انگیز یاکوف بُک، بی‌کفایتی دستگاه قضا در تحقق «عدالت» را با مشتی سهمگین بر صورتش بکوبد.
نیمی از کتاب در سلول زندان و با مناجات‌های تاثیرگذارِ متهمی درگیر با وحشت و مالیخولیا سپری می‌شود. در کتاب‌های زیادی با مجازات محکومین سلول انفرادی رو به رو شدم، و تمام آنچه دریافتم این بود که، هیچ رنجی بالاتر از تنها ماندن با رنج نیست. در جسم فرتوت و از نفس افتادهٔ یاکوفِ یهودی نیز مسیحِ مصلوب حلول می‌کند تا با امید به رستگاری و اعادهٔ حیثیت، رنج را تاب بیاورد.

جامعهٔ مسیحی روسیه به سرکردگی تزار، اسقف، کشیشان کلیسا، دادستان و قضات با تمام توان در پی دلایل کافی برای قتل تعمیرکار هستند و این نما پرده از طنز کنایه‌آمیز نویسنده در تحقیر نهاد دین و سیاست بر می‌دارد. تاریخ، تزار روسیه را به همراه تمامی مظاهر مسیحیت در انقلابی «عدالت‌محور» به گرداب نابودی می‌کشاند و مؤمنان مسیح را در شکنجهٔ یهودی بی‌گناهی، به هم‌دستی با «پیلاتس» محکوم می‌کند.
در «تعمیرکار»، عدالت با مرجعیتی استعلایی گره نمی‌خورد. خدای جاودان این روایت، چرخهٔ تاریخ است.
 و مالامود از «تعمیرکار» منجی دیگری می‌آفریند تا بشریت را به «تعمیر» این چرخهٔ معیوب فرا بخواند.
April 17,2025
... Show More
ECCE HOMO


Alan Bates è Yakov Bok nel film omonimo di John Frankenheimer del 1968.

È forse il romanzo, o meglio, l’opera, ché Malamud ha pubblicato anche alcune raccolte di racconti, di maggior successo: pubblicato nel 1966 gli fece ottenere il premio Pulitzer e il suo secondo National Book Award.

Yakov Bok non è di Kiev: quando la moglie lo lascia per andare con un forestiero, decide di abbandonare lo shtetl dove è sempre vissuto e trasferirsi in città per cercare una nuova vita.
All’inizio si offre come tuttofare, da cui presumo derivi il titolo originale, The Fixer.
Un giorno aiuta un anziano caduto nella neve che per ricompensarlo del gesto gentile gli offre il posto di sorvegliante nella sua fabbrica di mattoni.
A questo punto Yakov commette la sua unica colpa, anche se è difficile considerarla tale: il nuovo datore di lavoro è un feroce antisemita in un’epoca facile ai pogrom, così per non perdere il lavoro Yakov dà false generalità e si passa per ‘gentile’.


Dirk Bogarde è il magistrato Bibikov.

Da buon ebreo, sin dall’incipit, capisce che se c’è un guaio, in qualche modo lui ci finirà in mezzo:
Dalla finestrella della sua stanza sopra la scuderia della fabbrica di mattoni, quella mattina sul presto Yakov Bok vide diverse persone, nei loro cappotti lunghi, che correvano tutte nella stessa direzione. “Vey is mir”, pensò a disagio, è successo qualcosa di brutto.
Seguono trecento e rotte pagine di sfortune, sciagure, privazioni, vessazioni, torture: per più di due anni, e per trecento e rotte pagine, Yakov è chiuso nella sua cella, imprigionato, con l’unica ‘evasione’ di quel che riesce a vedere dalla finestrella.



Il Mersault di Camus rimane in carcere apatico, fino alla sentenza, rinunciando a qualsiasi difesa, o anche solo spiegazione: nonostante il giudice insista, e si capisce che si accontenterebbe di poco, probabilmente basterebbe un “mi spiace”, in fondo la vittima è “solo” un arabo.
Invece Yakov Bok lotta fino alla fine per proclamare la sua innocenza e invocare giustizia: nonostante tutto gli sia contro, la volontà di condannarlo esplicita, ogni prova a suo discarico rifiutata, accolte invece le false prove e testimonianze che lo vorrebbero colpevole. Pur se perdente, pur se sconfitto, Yakov, novello Giobbe, diventa eroico nella sua difesa.



La storia è ambientata nel 1911, nell’Ucraina che faceva parte della Russia zarista.
È ispirata da un fatto vero, il che secondo me né aggiunge né modifica la notevole qualità di questo romanzo: Mendel Beilis, che nel libro diventa Yakov Bok, venne imprigionato con l’accusa d’aver ucciso un ragazzino per un rituale religioso. Inutile dire che era totalmente innocente, non aveva nulla a che fare con quanto successo. Mendel Beilis/Yakov era però l’uomo sbagliato nel posto sbagliato e nel momento sbagliato.
Per la ‘giustizia’ zarista invece la situazione si rovesciava: Mendel Beilis/Yakov era il colpevole perfetto.

L’unica vera colpa di Yakov Bok è quella d’essere nato ebreo.
Un atto d’accusa magistrale contro il razzismo, contro ogni razzismo.

April 17,2025
... Show More
Yakov borrows the broken horse and wagon from his father-in-law and with it he rides away from the present, his past of little and less, towards hope and opportunity in the bigger city of Kiev. Though he is a Jew, in his heart Yakov Bok believes there is more in this life for him, even in this land, even in this time. Soon, opportunity does come, in the form of gratitude, after Yakov helps a man fallen in the snow one night. Though the man is a man of means, he also wears the Black Hundreds symbol on his lapel, men who actively denounce the Jews and their citizenship in Russia. With reluctance, Yakov accepts the gift presented. Since he does not look Jewish, he does not offer it up. To do so would certainly be worse. Opportunity then. The chance of a future.

But for some, favor is not their part in life. Their fate is something very different, or so Bok comes to believe.

Through Yakov's experience in The Fixer, Malamund dives deeply into antisemitism found to exist in early twentieth century Russia. It is the time of Tsar Nicholas II, Russia’s last emperor. He is one who seems to speak from both sides of the mouth. Inaction speaks louder than the care for man and country that is his facade. Although Malamund was born in the States, his parents were Jewish Russian emigrants, so I wonder how much of their living experience influenced the writing of this story. What Yakov endures here in prison is extreme and therefore it imparts volumes. At times he is a completely broken individual, alone in his suffering on the edge of suicide, and at times he stands defiantly, exuding hope for the reader through his thoughts and dreams. It is in those sudden dream-like states of mind I found that Malamund's prose became more than exceptional. It was simply transportive.
April 17,2025
... Show More
Of all the novels I've read in the last few years, the ones that could be termed 'Jewish American Fiction', the one I'd say Malamud's The Fixer most resembles is Jerzy Kosinski's The Painted Bird.

Both of the novels are written in a style so earnest and even a little antiquated that it's almost too much for their respective pages. There's a gradualness to the proceedings, an iceberg like slowness that lends both stories a heightened sense of acute dread interspersed by jarring moments of both depravity and humanity that affects the reader so much it could almost be called painful, though not entirely negatively. Imagine left to thirst in a desert until the absence of water is all you have, and then falling into a frozen lake, something like that.

What Malamud does is present a character and break him, again and again, and give said character every reason, conceivable or not (he comes within a hair's breadth of madness towards the end) to confess to a crime he didn't commit if only to gain leniency for himself and his fellow Jews in the Pale of Settlement in Russia. But the character, Yakov Bok, doesn't. Much to the chagrin of his captors and tormentors and, I imagine, the befuddlement and even slight rage of his compatriot Jews. Not rage at Bok, but rather rage at their own impotence and place in history as Bok so lucidly (and towards the end wrathfully) elucidates.

This is a book of cruelty, with no real heroism to speak of. Bok is not a hero though his resistance and strength of will under horrific conditions in a Russian jail can only rightfully be called superhuman. It was interesting to read a book with a protagonist like this. He's more human than many might like to admit to admiring.

What fascinated me most about this book is the central question: why does Yakov Bok continue to live? It's certainly not for religion as he spites God regularly (and not without a certain cathartic pleasure) and certainly not out of love or pride, or out of a sense of brotherhood or unity with anyone or anything.

In fact, Bok fits in very well as a consummate outsider of the highest level, someone who, from conception, is destined not to fit, and to be constantly reminded of it and rankled because of it. But his outsider status only solidifies his Jewishness, even if, this is maybe only my interpretation, he is the only true Jew among Jews, as he suffers to a level that few other Jews in the story or in actual history can understand, or want to see or know too much about. The fact that Bok is a fictionalized version of a real person (who was quite different and more pious, apparently) does little to dampen his effect on me, he better serves the overall running theme in the novel as he is and I feel Malamud's character, though not a hero, is immeasurably more memorable and even important than a pious unquestioning gazer towards God's just reward.

Reading this book was, in a sense, refreshing. It was bracing to read a detailing of Jewish suffering that precludes the current 'trends' in American Jewish Fiction. The likes of Jonathan Safron Foer and Nicole Krauss have a disconcerting tendency to trivialize the shtetl experience (almost commidifying it for, gross, mass consumption) whilst waving limp hand to the intelligent sensitive strength of Jewish continuity in America and Israel. It's so disingenuous, like Walt Disney presents The Jewish Meta Narrative.

Though not without its flaws (the ending text/dialogue blocks detailing the Jewish plight smacked of lecture and a rush to give historical weight) this is a book to be read and contemplated. It's a powerful shot of a story that will stick with you and remind you to never completely forget humanity's capacity to torture and suffer, but to also bear and remain steadfast.
April 17,2025
... Show More
Il romanzo di Malamud si ispira a un fatto realmente accaduto in cui un uomo viene accusato ingiustamente di aver ucciso un bambino per motivi religiosi. Yakov Bok, questo è il nome che prende nel libro, viene perseguitato in quanto ebreo in un paese, fra i tanti, che ha visto numerosi pogrom nel suo passato, ovvero la Russia. Ciò che colpisce è che Malamud nelle prime pagine descrive un uomo comune, anzi direi quasi mediocre. Un tuttofare, disoccupato, con un matrimonio fallito alle spalle e che accusa gli altri delle proprie sventure, a cominciare dalla moglie. A un certo punto si trova, per caso, chiamato dalla Storia in una situazione che sembra più grande di lui. Quanti non sarebbero crollati di fronte alla prigionia, alla tortura, all'ingiustizia, alla solitudine? Ma è in questo momento tragico che Yakov scopre il suo coraggio, la sua forza. E non lo fa solo per sé stesso. Perché a un certo punto la sofferenza è immane e sarebbe quasi più facile arrendersi e morire. Ma lui capisce che non deve vivere solo per sé stesso. Capisce che, proprio perché è un uomo come tanti, proprio perché in quella situazione sarebbe potuto capitare qualunque ebreo fra i milioni di perseguitati sotto l'impero zarista; proprio perché non deve lottare solo per sé stesso vale la pena di resistere e continuare a vivere, a combattere il sopruso, a far valere la propria dignità di essere umano e il diritto di essere ebreo. Lui, ateo convinto, difende il diritto alla religione proprio perché gli viene negato. Malamud riesce a farci sentire la libertà del suo pensiero, con la sua scrittura disegna un uomo libero anche quando è incatenato a un muro. Mostra come le decisioni che si prendono nella vita sono politiche anche se vorremmo che fossero private; si contrappongono così le scelte di Yacov con quelle del suo peggior carceriere che si nasconde dietro al "dovere" e al suo ruolo di guardia. Si assiste alla sua evoluzione dettata dal suo desiderio di apprendere. Sono i libri, le parole che ha letto, che gli danno la forza d'animo di andare avanti. Da essere un uomo che si nasconde diventa un uomo avventuroso, un uomo che lotta per la libertà.

Yacov mi ha ricordato l'eroe che è potenzialmente in ognuno di noi ma che troppo spesso fa fatica a uscire.

Più uno si nasconde, più è costretto a nascondersi.

Un'idea può renderci avventurosi?

Dove non c'è lotta per la libertà, non c'è libertà.
April 17,2025
... Show More
Nessun ebreo era innocente in uno stato corrotto ,che mostrava i segni della sua corruzione nella paura e nell'odio

La scrittura di Malamud è la prima cosa che colpisce
essenziale , quasi disadorna , eppure capace di rendere il lettore profondamente partecipe alla storia .
La storia è quella di Yakov Bok , la cui unica colpa è di essere ebreo, dal momento in cui decide di lasciare il suo shtetl ,povero e abbandonato dalla moglie, per andare a Kiev .
Atroci disgrazie si susseguiranno in una concatenazione inesorabile fino all'accusa di omicidio ,alla detenzione in isolamento , alle continue torture fisiche e psicologiche .
Gran parte dell'azione si svolge in una fetida cella angusta e chi legge si ritrova lì , con Yakov (dormiva con la paura e si svegliava con il terrore )
incarcerato , affamato, degradato, incatenato al muro come un animale , in un'attesa interminabile

sconvolto, all'idea di essere così atrocemente solo. oppresso dal caldo, divorato dal freddo umido, consumato dall'attesa di un documento che non arrivava mai - Yakov urlava dal punto più profondo del suo essere, un pozzo stretto, ma nessuno compariva, amico o straniero, nessuno gli rispondeva, né lo guardava né gli rivolgeva la parola. Nulla cambiava se non la sua età. Se l'avessero processato, giudicato colpevole e condannato alla Siberia, per lo meno, ci sarebbe stato qualcosa da fare

Chi legge è lì , ad ascoltare i suoi deliri , i suoi tormentati ricordi , i suoi pensieri ( a volte cadeva in un pensare senza pensieri , in un candore stupefatto, che lo intontiva )
a soffrire con lui.

Una storia di resistenza all'ingiustizia , alle umiliazioni e ai soprusi ,
di integrità morale e di onestà .

I romanzi di Malamud appartengono a quel genere di libri assai rari
che amano partire in sordina per diventare splendidi strada facendo,
come se lui non lavorasse con le singole parole o le singole frasi,
ma semmai con le pagine, con il loro implacabile ammonticchiarsi l’una sull’altra.
È come quei seduttori che la prima volta che li vedi ti sembrano perfettamente insipidi
e già la terza volta senti che non potrai mai liberarti di loro.
Malamud elude programmaticamente qualsiasi piacioneria, non concede niente allo spettatore.
E questo è un rischio immenso per uno scrittore.
Devi avere fegato, carattere e una straordinaria fiducia nella storia che ti accingi a raccontare per non blandire il lettore sin dalla prima riga.


4 stelle e mezzo
April 17,2025
... Show More
"Una vez que uno sale de su casa, se encuentra a la intemperie; llueve y nieva. Llueve historia, lo que significa que lo que le ocurre a alguien empieza como una red de sucesos que se hallan fuera del ámbito personal. Por supuesto, esto empieza antes de que uno llegue. Todos estamos metidos en la historia, sin duda; pero algunos lo están más que otros, y los judíos, más que cualquiera. Cuando nieva, no todos se mojan por estar fuera. Él se había empapado."
BM
Leave a Review
You must be logged in to rate and post a review. Register an account to get started.