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Non posso negare di aver faticato tanto per terminare questo libro. Qui manca, decisamente, quell'elemento che nel caso degli altri suoi romanzi mi faceva pensare, una volta finiti: e adesso, come farò a leggere un libro "normale"? Lo stile era già il suo, inconfondibile, ma ancora lontano dalla piacevolezza dei suoi capolavori come Cecità: in questo Memoriale del convento la sua scrittura densa di virgole e povera di punteggiatura superflua sembra studiata per confondere, non per raccontare. Nonostante la bellezza della ricostruzione storica, l'intero romanzo sembra effettivamente un enorme esercizio di stile, le minuziose descrizioni di processioni e altri eventi sono eccessive, ridondanti, forzate. Mi fa male dirlo - se mi chiedessero qual è il mio romanziere preferito, certamente farei il nome di Saramago - ma questo è un romanzo riuscito a metà. Capisco perché altri lo ritengono un capolavoro, ma dal mio punto di vista il primo dovere di un romanziere è raccontare una storia, e quella dei protagonisti di questo libro (due personaggi a dir poco stupendi) è diluita in un mare di descrizioni affascinanti ma piuttosto sterili, e gli elementi "magici" della trama sono esagerati, artificiosi, molto diversi dai meravigliosi espedienti surreali che faranno da sfondo ai romanzi successivi. Ho trovato particolarmente deludente il modo in cui Domenico Scarlatti viene inserito nella storia e la banalità delle frasi che lo circondano, pronunciate da lui o da altri, sulla forza della musica, davvero ingenue.
Leggetelo prima o poi, ma leggete prima Cecità, Il vangelo secondo Gesù Cristo, L'uomo duplicato, Storia dell'assedio di Lisbona... sono felice che Saggio sulla lucidità sia lì ad attendermi tra i libri da leggere, e non vedo l'ora.
Leggetelo prima o poi, ma leggete prima Cecità, Il vangelo secondo Gesù Cristo, L'uomo duplicato, Storia dell'assedio di Lisbona... sono felice che Saggio sulla lucidità sia lì ad attendermi tra i libri da leggere, e non vedo l'ora.