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L’atto della scrittura è un atto di memoria
Com’è quella storia secondo cui leggiamo per vedere prender forma coerente a pensieri che ci appartengono e hanno bisogno che qualcuno li metta in fila correttamente collegandoli in modo adeguato?
(*1)
Auster divide il libro in due sotto libri
-Ritratto di un uomo invisibile
-Il libro della memoria
Il libro della memoria ha i crismi del saggio, spoilera almeno tre libri famosissimi: Pinocchio, Le mille e una notte e la Recherche. Le citazioni di Pascal e Freud sono puntuali, danno la misura di come per essere ottimi scrittori bisogni essere grandi lettori. Dopo Ritratto di un uomo invisibile, mi è venuto naturale leggere Il libro della memoria, non so se a libri invertiti avrei proceduto. Essi hanno un legame flebile. Il primo è scritto da un uomo (bravo quanto uno scrittore) in prima persona, quello successivo da uno scrittore in terza. Il libro della memoria è essenziale soprattutto per capire il rapporto di Auster con il suo lavoro, viene messo nero su bianco cosa rappresenti per lui, si capisce da cosa scaturisca la sensazione “Mago Auster” leggendo la maggior parte dei suoi libri
Se un romanziere avesse utilizzato questi piccoli episodi dei tasti rotti (o l’incidente della chiave spezzata il giorno del matrimonio), il lettore sarebbe costretto a prenderne nota, deducendo che il romanziere ha cercato di fornire indicazioni sui suoi personaggi o sul mondo. Si può parlare di significati simbolici, o di senso nascosto, o più semplicemente di artifici formali (perché quando la stessa cosa succede più di una volta, anche se è arbitraria, suggerisce un disegno, e una forma comincia a emergere). In un’opera narrativa, si presuppone che dietro le parole scritte vi sia un’intelligenza cosciente. Invece di fronte agli eventi del cosiddetto mondo reale non si presuppone nulla. La storia inventata consiste totalmente di significati, mentre la storia reale è scevra di ogni significato oltre sé stessa.
A differenza di Yates, Malamud, Hemingway, io credo che Mago Auster finisca per manifestare un eccesso di intelligenza cosciente e che si trovi a passare dal romanzesco all’iper romanzesco allontanandosi troppo dalla realtà. Forse che gli autori che ho citato pocanzi attingessero dalla realtà con maggior attitudine di lui? Lui è l’uomo solo seduto in una stanza che immagina e coordina togliendo il caso dai romanzi, dato che il caso impera nella vita reale
Ciascun libro è un’immagine di solitudine, un oggetto concreto che si può prendere, riporre, aprire e chiudere, e le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un individuo, sicché a ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine. Un uomo solo è seduto in una stanza e scrive. Che parli di isolamento o di compagnia, di amicizia, il libro è necessariamente generato da una solitudine.
La memoria: lo spazio in cui le cose accadono per la seconda volta.
È stato. Non sarà mai piú. Ricorda.
(Dunque scrivi)
(*1)
Quando muore il padre, scrive, il figlio diviene padre e figlio di se stesso. Guardando suo figlio si rivede nel volto del bambino. Immagina ciò che vede il bambino quando lo guarda, e si accorge di trasformarsi nel padre di se stesso. Inspiegabilmente la sensazione lo commuove: non soltanto la vista del bambino, e nemmeno il pensiero di vivere in suo padre, ma quanto nel bambino rivede del suo passato scomparso. È forse nostalgia della sua vita ciò che sente, un ricordo dell’infanzia, da figlio di suo padre. Allora si ritrova incomprensibilmente a tremare di gioia e sofferenza, se ciò è possibile, come se procedesse insieme avanti e indietro, nel futuro e nel passato. E ci sono momenti, e ce n’è spesso, in cui tali sensazioni sono talmente forti che la sua vita non sembra piú svolgersi nel presente.
Quando nacque mio figlio, mio padre era già morto. Dopo un paio d’anni, sul desktop del mio pc a lavoro, misi la foto seppiata di una famiglia che sarebbero potuti sembrare i Joad di Steinbeck. Se mi chiedevano chi fosse il bambino più piccolo che appoggiava la mano sul dorso del cane pezzato, io rispondevo che quello era mio figlio, poi con un sorriso fiero in risposta all’incredulità del mio interlocutore, annunciavo che si trattava di mio padre e non c’era bisogno di aggiungere altro, perché in quanto padre e figlio di me stesso ero il ponte che congiungeva due individui affini che il destino non aveva voluto si conoscessero.
Com’è quella storia secondo cui leggiamo per vedere prender forma coerente a pensieri che ci appartengono e hanno bisogno che qualcuno li metta in fila correttamente collegandoli in modo adeguato?
(*1)
Auster divide il libro in due sotto libri
-Ritratto di un uomo invisibile
-Il libro della memoria
Il libro della memoria ha i crismi del saggio, spoilera almeno tre libri famosissimi: Pinocchio, Le mille e una notte e la Recherche. Le citazioni di Pascal e Freud sono puntuali, danno la misura di come per essere ottimi scrittori bisogni essere grandi lettori. Dopo Ritratto di un uomo invisibile, mi è venuto naturale leggere Il libro della memoria, non so se a libri invertiti avrei proceduto. Essi hanno un legame flebile. Il primo è scritto da un uomo (bravo quanto uno scrittore) in prima persona, quello successivo da uno scrittore in terza. Il libro della memoria è essenziale soprattutto per capire il rapporto di Auster con il suo lavoro, viene messo nero su bianco cosa rappresenti per lui, si capisce da cosa scaturisca la sensazione “Mago Auster” leggendo la maggior parte dei suoi libri
Se un romanziere avesse utilizzato questi piccoli episodi dei tasti rotti (o l’incidente della chiave spezzata il giorno del matrimonio), il lettore sarebbe costretto a prenderne nota, deducendo che il romanziere ha cercato di fornire indicazioni sui suoi personaggi o sul mondo. Si può parlare di significati simbolici, o di senso nascosto, o più semplicemente di artifici formali (perché quando la stessa cosa succede più di una volta, anche se è arbitraria, suggerisce un disegno, e una forma comincia a emergere). In un’opera narrativa, si presuppone che dietro le parole scritte vi sia un’intelligenza cosciente. Invece di fronte agli eventi del cosiddetto mondo reale non si presuppone nulla. La storia inventata consiste totalmente di significati, mentre la storia reale è scevra di ogni significato oltre sé stessa.
A differenza di Yates, Malamud, Hemingway, io credo che Mago Auster finisca per manifestare un eccesso di intelligenza cosciente e che si trovi a passare dal romanzesco all’iper romanzesco allontanandosi troppo dalla realtà. Forse che gli autori che ho citato pocanzi attingessero dalla realtà con maggior attitudine di lui? Lui è l’uomo solo seduto in una stanza che immagina e coordina togliendo il caso dai romanzi, dato che il caso impera nella vita reale
Ciascun libro è un’immagine di solitudine, un oggetto concreto che si può prendere, riporre, aprire e chiudere, e le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un individuo, sicché a ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine. Un uomo solo è seduto in una stanza e scrive. Che parli di isolamento o di compagnia, di amicizia, il libro è necessariamente generato da una solitudine.
La memoria: lo spazio in cui le cose accadono per la seconda volta.
È stato. Non sarà mai piú. Ricorda.
(Dunque scrivi)
(*1)
Quando muore il padre, scrive, il figlio diviene padre e figlio di se stesso. Guardando suo figlio si rivede nel volto del bambino. Immagina ciò che vede il bambino quando lo guarda, e si accorge di trasformarsi nel padre di se stesso. Inspiegabilmente la sensazione lo commuove: non soltanto la vista del bambino, e nemmeno il pensiero di vivere in suo padre, ma quanto nel bambino rivede del suo passato scomparso. È forse nostalgia della sua vita ciò che sente, un ricordo dell’infanzia, da figlio di suo padre. Allora si ritrova incomprensibilmente a tremare di gioia e sofferenza, se ciò è possibile, come se procedesse insieme avanti e indietro, nel futuro e nel passato. E ci sono momenti, e ce n’è spesso, in cui tali sensazioni sono talmente forti che la sua vita non sembra piú svolgersi nel presente.
Quando nacque mio figlio, mio padre era già morto. Dopo un paio d’anni, sul desktop del mio pc a lavoro, misi la foto seppiata di una famiglia che sarebbero potuti sembrare i Joad di Steinbeck. Se mi chiedevano chi fosse il bambino più piccolo che appoggiava la mano sul dorso del cane pezzato, io rispondevo che quello era mio figlio, poi con un sorriso fiero in risposta all’incredulità del mio interlocutore, annunciavo che si trattava di mio padre e non c’era bisogno di aggiungere altro, perché in quanto padre e figlio di me stesso ero il ponte che congiungeva due individui affini che il destino non aveva voluto si conoscessero.