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April 16,2025
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Il romanzo, ambientato tra Buenos Aires e Montevideo, narra una storia realmente accaduta.
Ricardo Piglia imbastisce il suo racconto, fondandolo su "un caso secondario e ormai dimenticato di cronaca nera", che aveva assunto per lui "a mano a mano che svolgevo le ricerche, i contorni e il pathos di una leggenda."

Può essere letto come un romanzo poliziesco, se ci si mantiene sul primo livello di lettura.
Ma è molto altro.

Quattro malviventi squilibrati (due dei quali li chiamavano i gemelli, perché erano inseparabili), apparentenenti a un gruppo di estrema destra, sono i protagonisti di una rapina da cinquecento mila dollari: il loro sogno è quello di lasciare l'Argentina per andare con quei soldi in America.
Ma il sogno, realizzato con mezzi illeciti, si scontra con la realtà, o meglio con il rispetto della legalità: i poliziotti faranno di tutto per recuperare la somma e incastrare i rapinatori. In particolare, quelli argentini, per coprire la corruzione interna attraverso cui si è realizzato questo grande colpo, proverà a chiudere per sempre le bocche di Brignone, detto il Nene, e di Dorda, il Gaucho Biondo.

Lo scontro con i poliziotti dura a lungo e i quattro, sotto l'effetto delle droghe, riescono a resistere.
E poi il colpo di scena.
"«Bruciare soldi è una brutta cosa, è peccato. Un vero peccato», diceva Dorda, con in mano una banconota da mille, nel bagno dove andava a farsi di amfetamina, e l’accendino Ronson che aveva fregato a una matta; le diede fuoco e la lasciò bruciare, e guardandosi nello specchio, rise. Il Nene se ne stava sulla porta, lo fissava e non diceva niente."

E se bruciare soldi, agli occhi della gente normale, è un atto di cannibalismo, perché quel denaro potrebbe essere usato a scopo benefico, allora questo gesto è addirittura più grave di tutti gli altri crimini, compresi gli omicidi.

Ed ecco il paradosso: “«Sono malati di mente».
«Uccidere dei malati di mente non è ben visto dai giornali», ironizzò il cronista. «Bisognerebbe portarli al manicomio, non eliminarli...»

[.]

«E ammazzare i sani è ben visto?», ribatté Silva nel tono svogliato di chi deve spiegare qualcosa di fin troppo evidente.”

Un romanzo intenso, che parte dal pretesto della rapina, per denunciare l'assenza dello Stato che non si prende cura dei deboli, che li abbandona alle loro devianze, anzi, le procura, con gli spietati e disumani strumenti di tortura.
“Il criminale nato, l’uomo che fin da piccolo ha preso la strada sbagliata fa la fine che si merita. Era un destino a cui non poteva sfuggire e verso il quale veniva inesorabilmente condotto come Anselmo nel vagone di seconda classe del Ferrocarril del Sur.”

Ma esistono davvero i criminali nati?
Non c'è mai possibilità di salvezza per chi imbrocca la strada sbagliata?
La malattia mentale è un processo irreversibile, una strada senza ritorno.
La si può prevenire?
Oppure bastava incontrare qualcuno che provasse ad accogliere il disagio causato da ferite profonde:
“Mia madre l’ha sempre saputo che ero destinato a non essere capito e nessuno mi ha mai capito ma nonostante ciò sono riuscito a farmi volere bene da qualcuno.”?

In quel "nonostante ciò", quella crepa in quel muro intriso di predestinazione e di ineluttabilità, trovo che ci sia la forza di questo romanzo.
April 16,2025
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Plata quemada es una novela negra de no-ficción, y su anécdota central, sacada de la legendaria crónica policial del Cono Sur, es apasionante: en 1965, un trío de criminales argentinos se defiende a morir de la policía uruguaya, que los ha acorralado en un edificio residencial en Montevideo, después de que los asaltantes y asesinos decidieran traicionar a sus cómplices y quedarse con todo el botín: millones de pesos robados a un banco bonaerense. Entre esos cómplices se hallan empresarios, políticos y agentes de policía; la intriga de corrupción es obvia, y se estrecha cerrándose como una horca sobre los pescuezos de los desalmados protagonistas. Es decir, estos sociópatas sin consciencia se convierten, para el lector, en antihéroes, y su existencia alcanza la dimensión de una llamada de alerta hacia las injusticias del día a día, encubiertas por la normalidad y amparadas por la ley. Sin embargo, su rebeldía es absurdamente sanguinaria, y, como los antihéroes prototípicos de A sangre fría, su crueldad se revela gratuita. A diferencia de Capote, en la novela de Ricardo Piglia sólo el avieso "Gaucho" Dorda emerge como una figura con cierta profundidad psicológica y hasta conmovedora, y eso en las últimas páginas; además de que su estilo periodístico y su técnica narrativa carecen de un acabado que ponga al libro a la altura de su asunto. De todas maneras, éste es tan memorable, que supera los defectos de una novela que, valgan verdades, sabe transmitir la intensidad de la violencia y su sinsentido.
April 16,2025
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Soldi bruciati è un libro grande e controverso allo stesso tempo. Scritto come una sorta di tributo al filone del new journalism che ha prodotto Operazione massacro, di Rodolfo Walsh, e A sangue freddo, di Truman Capote, la gestazione del romanzo è durata circa trent’anni e nel tempo la stesura ha subito diverse modifiche. Nell’epilogo, l’ultimo capitolo del libro, Ricardo Piglia sintetizza il percorso di creazione del romanzo, specifica le fonti utilizzate e il metodo seguito, ribadendo che ”questo romanzo narra una storia realmente accaduta.”, giocando anche con la finzione letteraria quando afferma che ”mi sono risultati utili soprattutto gli articoli a firma E.R., inviato speciale sul luogo dei fatti per il quotidiano argentino ‘El Mundo’.”
”E.R.” è la sigla di di Emilio Renzi, l’alter ego dell’autore, il cui nome completo è Ricardo Emilio Piglia Renzi.
Emilio Renzi compare spesso nei romanzi e nei racconti di Piglia, a partire dalla raccolta di racconti n  L'invasionen; racconta Piglia in Critica e finzione che ”È un effetto di stile, un tono, un modo di narrare. Al tempo stesso ha alcuni tratti autobiografici che appaiono un po’ parodiati. È un personaggio che osservo con molta ironia. Gli interessa solo la letteratura e questo mi permette di ironizzare anche su me stesso.”. Renzi è presente anche in questo romanzo, è il ”il giovane cronista del Mundo” che il commissario Silva, ”detto il Chancho, il maiale”, indica come ”quell’imbecille irrispettoso, con gli occhialini e i capelli ricci, la faccia da papero, estraneo alla realtà circostante e alla situazione di pericolo, che sembrava caduto dal cielo, l’avvocato d’ufficio o il fratello minore di un detenuto che si lamenta per il trattamento subito dai criminali nei commissariati.”

Nell’epilogo del libro, riferendosi alla storia ascoltata da una protagonista, Piglia afferma di essersi sentito ”di fronte alla versione argentina di una tragedia greca. Gli eroi decidono di affrontare l’impossibile e resistere, e scelgono la morte come proprio destino.” E in queste parole c’è tutto il pathos e lo stile narrativo del romanzo, un crescendo dal ritmo incalzante e spasmodico che raggiunge il culmine nello scontro finale, e che siano tre malavitosi contro trecento poliziotti dice già tutto.
La macchina narrativa è perfetta; quando il commissario Silva pensa e dice a Renzi ”quei signori sono degli psicopatici, omosessuali […] casi clinici, spazzatura umana […] sono freddi, non hanno pietà, praticamente morti viventi, cadaveri ambulanti che vogliono soltanto portarsi all’altro mondo più gente possibile. Sono un esercito in miniatura. L’adrenalina li aiuta a vincere il terrore. Da strafatti, diventano macchine per uccidere” ha ragione, ma la società che esprime questi uomini non è da meno se non per il fatto che si trova dalla parte giusta del potere. Società e istituzioni argentine sono corrotte e colluse con la malavita, il commissario Silva ”non svolgeva indagini, semplicemente torturava e usava la delazione come metodo sistematico. I malavitosi, al momento dell’arresto, si tagliuzzavano gli avambracci e le gambe con la lametta per non essere sottoposti alle scariche elettriche. ‘Se sanguini, niente picana, perché con la corrente ci resti subito secco’[…] Aveva messo insieme uno squadrone della morte seguendo l’esempio dei brasiliani. ma agiva nella legalità, Silva, aveva l’appoggio delle alte gerarchie.”
Tutto ciò, unito al fatto che almeno il Gaucho sia non solo un criminale depravato, ma fondamentalmente deprivato, perché proviene da una storia personale di abuso, violenza, trattamento psichiatrico con elettroshock e in cui da sempre è considerato un predestinato a una fine violenta, contribuiscono a fare sì che chi legge parteggi con i perdenti, perché ”quando sei con le spalle al muro , e la vita non vale più un soldo, tutto quello che devi fare è andare avanti a testa bassa. È l’unica consegna.”

La decisione dei rapinatori assediati di bruciare i soldi della rapina scatena l’odio generale mettendo a nudo il senso comune neoliberista secondo cui ”il denaro è innocente, e anche se causa la morte e spinge al crimine, non può essere considerato colpevole di nulla, perché neutrale, un semplice mezzo che assume un certo significato a seconda dell’uso che ciascuno ne fa.. […] Quel gesto (secondo i giornali) era addirittura peggiore dei crimini che avevano commesso, perché si trattava di un atto nichilista e di un esempio di terrorismo allo stato puro.” In realtà, ricostruzioni successive hanno messo in dubbio che i soldi siano stati effettivamente bruciati o siano volatilizzati in altro modo.

L’aspetto che emerge maggiormente è la relazione omosessuale tra i due gemelli, che gemelli non sono, e che attraversa con sfaccettature diverse tutta la narrazione sino alla fine, quando il Nene morente ”si appoggiò su un gomito e gli sussurrò qualcosa all’orecchio che nessuno potè sentire, una frase d’amore, sicuramente pronunciata solo a metà o forse neppure questo, ma che il Gaucho sentì nitidamente, e lo baciò mentre il Nene spirava.”

Dove finisca il reportage romanzato e dove inizi la fiction vera e propria non è chiaro, questa zona di opacità è costata a Piglia il ritiro del premio assegnato e qualche denuncia per diffamazione. Ma forse, in questo caso, non è così importante, resta un ottimo romanzo.
April 16,2025
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Gran libro de Piglia. Un robo a un banco en la Buenos Aires de los años 60, narrado en clave de tragedia griega.
April 16,2025
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No me pareció gran cosa ni la trama ni el modo en que está armado el texto. Lo único que rescato son los saltos de lenguaje entre la voz del narrador omnisciente que domina la historia (¿Renzi?) y los reportes periodísticos de época, con un muy buen uso del idioma antiguo.
April 16,2025
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Me gustó, nunca había leído un libro con este tipo de protagonistas, me sorprendió bastante su personalidad, tan dramática y al mismo tiempo tan fuerte. Basado en una historia real, y la historia tan intensa en todo momento. Una novela que definitivamente vale la pena leer.
April 16,2025
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Inocentes y culpables (Reseña, 2020)

Concebir el delito como una forma de rebeldía. Entender el crimen como un acto de desobediencia cometido por aquellxs a quienes la ley doblega. Ver en cada rostro del hampa la figura de Prometeo, el que roba el fuego, el que asume frente al dios entre los dioses el papel de chivo expiatorio y recibe, por tanto, el castigo en sus entrañas. No cumplir con el destino, no resignarse a la suerte de humilde pobreza y desamparo sobre desamparo a la que los condena la sociedad, asumir el atraco a un transporte de nóminas municipales y todo lo que ocurre luego como una forma de resistencia. Ese es el hado de los personajes que Ricardo Piglia crea en Plata quemada, ese su sino inmarcesible. La odisea de un grupo de marginales que por no tener hogar buscan regresar a la muerte, la muerte heroica de caer con la ametralladora en las manos. De eso se trata esto, y, ¡dios!, ¡qué bueno es leerlo!
t
El periplo de Mereles, Dorda y Brignone marca la trama de esta novela. Polifónica, dicen las definiciones, lo que significa que está tramada, armada, sobre distintas voces y variados registros narrativos. Sí, es cierto, porque Piglia es un artesano del carajo y puede utilizar el tono periodístico al lado del discurso académico, el estilo indirecto libre a pie juntillas de un testimonio entrecomillado. La pericia técnica no es inesperada en esta hazaña, tampoco el conocimiento de consigue derivar en su planteamiento ético: la idea de que el matón debe ser admirado como una suerte de héroe, porque ha conseguido, pese a todo lo que insiste en negar su existencia como ciudadano de última categoría, destacar como individuo. No, lo inesperado en esta hazaña, al menos para mí y para quienes como yo no hayan leído de Piglia más que un par de novelas antes y parte de su trabajo ensayístico, es la capacidad de tensión que mantiene. Cómo, a través de la forma y la elección estilística, consigue mantener al lector pegado a las páginas.
t
Claro, hay un factor épico que facilita el enganche. Los últimos capítulos, con el trío atrincherado en un apartamento diminuto, manteniendo a raya a todas las fuerzas policiales a punta de talento callejero, municiones por millares y drogas al kilo, los últimos capítulos son un solo pase de adrenalina. Los pocos contra los muchos. Los guerreros legendarios dispuestos a morir, pero a aguantar mientras tanto todo y un talegado extra. Los trescientos espartanos que en el apartamento de Uruguay son tres solamente, y el contingente de policías persas cuyo único deseo es ver desfilar frente a ellos los cadáveres del enemigo. Piglia caracteriza con precisión, consigue poner nuestra empatía de parte de los criminales sin tener que recurrir a destrozar la que podamos sentir por las fuerzas del orden. Comprendemos la tragedia a ambos lados, comprendemos el absurdo. Esencialmente esto último. El absurdo. Esta es una novela sobre el absurdo.
t
Pero los personajes no lo saben, no todos, al menos. No lo sabe el periodista Renzi que cubre el caso (aunque empieza, quizás, a intuirlo). No lo saben los testigos. No lo saben los que hacen parte de la red corrupta que filtra la información previa al robo. No lo saben las familias. No lo saben los policías. Lo sabe, tal vez, el comisario Silva. Y lo saben, claro que lo saben, esa trinidad bestial que componen Mereles, y Dorda, y Brignone. Ellos sí lo saben, ellos tienen claro que es ilógico todo, que no tiene sentido que los policías detengan aleatoriamente jovencitos y los golpeen en los sótanos para obtener confesiones que sirvan en informes de eficiencia de las fuerzas, que no tiene sentido que haya empleados públicos que se tardarían cien años en ganar lo que cualquier político gana en una semana, que no tiene sentido nada de eso: el enfrentamiento, las balas, la muerte, la droga, la vida, los buenos, los malos, los inocentes, los culpables…
t
No tiene sentido. Es absurdo. Por eso, en la mejor escena de toda la novela, terminan quemando el botín. Los millones, los billetes de cien, que llueven sobre la ciudad como mariposas de fuego. Plata quemada. Ceniza. Rebeldía. Decirles a los dioses que no existen. Hurtar el fuego para ver arder el trono. Y morir después. Sin saber que el gesto lo es todo. Sin saber que en esa hoguera queda el último mensaje.

Que el dinero es el único que nunca, nunca, nunca, es inocente.
April 16,2025
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Written in a sort of disorientating and hallucinatory style this book, which was based on an actual event, was at first a bit hard to get into. After I got my bearings, I found this a gripping, though graphically violent, look at the underbelly of Argentine life in the sixties.
April 16,2025
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2,5/5

Primera obra que leo de Piglia. Me ha gustado bastante su estilo: me parece sencillo pero al mismo tiempo alberga cierta complejidad. Reproduce muy bien el lenguaje callejero bonaerense de los protagonistas (que he entendido gracias al maravilloso canal de YouTube Te lo resumo así nomás, del que soy fiel seguidora, pues he aprendido mucho vocabulario coloquial rioplatense gracias a él). Los monólogos en primera persona se mezclan muy bien con el narrador que reproduce los hechos con pulcritud, de manera que acabamos teniendo una perspectiva bastante completa de los hechos.

No obstante, como suele ocurrir, no me gusta lo desagradable y explícito de los temas abordados. Es común en la literatura hispanoamericana retratar los problemas sociales sin tapujos, lo cual me parece estupendo, pero la manera tan poco delicada de hacerlo me parece desagradable. Así, la violencia, la pedofilia, los comentarios sexuales... es algo a lo que no me acostumbro. Admiro la forma, pero no el fondo: ese podría ser mi resumen de muchas obras hispanoamericanas.
April 16,2025
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Avevo aspettative molto alte in quanto subisco molto il fascino dell'argentinità. Questi discendenti di tutta Europa (ma in particolare norditalia) che hanno cercato riscatto e benessere in una terra dagli orizzonti sconfinati e sono stati in grado di produrre musica triste (il tango), libri tristissimi (Sopra eroi e tombe), per non parlare dei governi che si sono dati nella loro storia. Però bellissimi musica e libri, molto meno i governi.
Anche Soldi bruciati è la storia di assoluta disperazione: racconta un efferato fatto di cronaca avvenuto a Buenos Aires a metà anni sessanta conclusosi con una carneficina a Montevideo.
Presentato come l'omologo sudamericano di A sangue freddo, regge solo parzialmente il confronto in quanto - diversamente dal capolavoro di Capote - non parte da un' analisi dei soggetti in presa diretta, ma da una ricostruzione a trent'anni e più di distanza in base alle cronache dell'epoca. Minore quindi lo scavo psicologico degli irredimibili criminali protagonisti della vicenda, mentre si indugia in modo un po' tarantiniano sul sanguinosissimo epilogo a scapito dell'equilibrio dell'opera.
Intatta comunque la fascinazione per l'argentinità, leggerò qualcos'altro di Piglia.
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