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Libro dalla struttura particolare, labirintica, dove ad ogni angolo c'è un mondo nuovo. Ora è la quieta triste vita di émigrée a Berlino, traboccante di echi biografici, ora saggio botanico naturalista e poi racconto di viaggio e poi ancora (siamo all'ostico IV capitolo) ecco un bel saggio storico letterario su un alquanto sconosciuto (ai più, io tra loro) scrittore e rivoluzionario russo della seconda metà dell'800, ironicamente fatto a pezzi dal Nabokov eccelso critico letterario, ma anche figlio di un padre progressista e riformista, viene da pensare che il retaggio storico familiare abbia avuto un qualche peso nel giudizio pessimo verso il malcapitato Cernicevskij, il quale oltre a veder la propria vita fatta a pezzi dalla repressione zarista (era stato accusato di aver organizzato l'attentato allo zar Alessandro II), fu anche denigrato post mortem in questo capitolo, peraltro a suo tempo censurato per diffamazione. Libro dunque innovativo nella struttura, che ne fanno ora che ci penso, un precursore della disarticolata letteratura postmoderna, e difficile perché nel già citato capitolo quarto i continui rimandi a personaggi storici e letterari presumono un'ottima conoscenza della società culturale della Russia pre-rivoluzionaria, ma anche per via dei frequenti cambi di punto di vista narrativo dei libri molteplici che compongono il romanzo. Tuttavia intessuto dai preziosi arabeschi linguistici per i quali Nabokov è noto e amato, che ne fanno una lettura impegnativa ma sempre bellissima, ho riletto più volte incantata interi brani e credo che questo sia uno dei più bei libri di Vladimir Vladimirovich.