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April 26,2025
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I don't think I know enough about Russian literature to properly get this book, but it did have some great moments. One in particular that I'm often reminded of whenever people on either side of the religion/skepticism debate start saying that things are "obvious". A character is in the middle of an atheist rant. "There's no God!" he exclaims. "It's as obvious as the fact that it's raining right now!" Then Nabokov's camera moves back, and you see that the person upstairs has in fact been watering the flowers on his balcony.

I loved this scene, but I'd be very wary about interpreting it to mean that Nabokov was religious. Just like the non-existence of God: it may be true, but it's not obvious.
April 26,2025
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Qua e là, dall'invenzione artistica, traspare la storia e converge in un libro complesso, poco scorrevole e certamente non adatto a tutti i momenti. Come "Il dono" di Nabokov.

L'iniziazione alla letteratura, all'amore, alla vita adulta del giovane protagonista, emigrato russo nella Berlino degli anni 20, si struttura in sincronia con il giovane autore stesso, che nel 1922 viveva a Berlino.

Non poca difficoltà a seguire la verbosità narrativa di questo romanzo-fiume che, come scrisse lo stesso Nabokov non è altro "l'eccezionale emorragia di intellettuali che costituì una parte così cospicua dell'esordio generale dalla Russia Sovietica nei primi anni della rivoluzione bolscevica, appare oggi come l'Odissea di una tribù mitica di cui ora io vado recuperando dalla polvere del deserto, i geroglifici a forma di luna e di uccelli".
April 26,2025
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Iniziato, senza capirci niente, dieci anni fa. Poi lasciato, poi recuperato per caso in questa quarantena e solo per questo benedetta fu.

Difficile spiegare i perchè di un libro al tempo stesso ostico e godibile. Nabokov è uno scrittore esigentissimo, pretende lettori che corrispondano al suo maniacale, ossessivo rapporto con ciò che scrive.

Questo libro non è mai ciò che sembra essere: è la storia di Fëdor Godunov-Čerdyncev, un giovane scrittore russo esiliato a Berlino durante gli anni '20, dopo la rivoluzione russa. Nel primo capitolo seguiamo le vicende del giovane Fëdor che riflette sulla sua magra produzione letteraria, un libro di poesie dedicate alla sua infanzia, scritto secondo una eco circolare che segue la peripezia di un pallone perduto e infine ritrovato. Orfano di padre, però, Fëdor si convince di scrivere un romanzo sulle vicende del padre, l'esploratore, naturalista, entomologo Kostantin Godunov-Čerdyncev. Persona affascinante ed enigmatica, costantemente in viaggio, famoso in tutto il mondo e scomparso, probabilmente morto, durante la sua ultima spedizione nelle steppe dell'Asia, in coincidenza con la rivoluzione russa. Questa storia occupa un altro intero, lungo capitolo. Ma il libro non vedrà mai la luce; troppo carico di emozioni il ricordo del padre. Nel frattempo Fëdor si innamora di Zina, la giovane figlia di un'altra coppia di espatriati presso cui prende alloggio, dopo un forzato trasloco, sempre a Berlino. Prende finalmente corpo il suo primo romanzo, la biografia romanzata del critico letterario ottocentesco Nikolaj Černyševskij, circonfuso di un alone di sacro rispetto e di cui lui scrive invece una caustica ma documentatissima anti-agiografia. Questo libro è interamente riportato in un capitolo del libro (dunque libro nel libro, il secondo a non contare il libro di poesie, scritto secondo un movimento circolare che inizia e finisce con lo stesso sonetto).

Questa opera suscita una certa reazione nel milieu degli intellettuali della diaspora russo-zarista, scandalizzato e in parte ammirato. La partenza dei padroni di casa permette inoltre a Fëdor di poter finalmente abbracciare l'amata Zina. In un fantastico, onirico ultimo capitolo finiamo per capire che Fëdor ha in animo di scrivere un ultimo libro centrato sulle circostanze che lo hanno portato a conoscere Zina e che quel libro è proprio il libro che abbiamo in mano. Con un ultimo movimento circolare.

Impossibile spiegare gli innumerevoli raffinatissimi passaggi che costellano il libro, le storie nelle storie (post-moderno puro ma 20 anni prima di Pynchon), la raffinatissima conoscenza della letteratura russa, i giochi di nomi e coincidenze, la densa riflessione metaletteraria.

La quantità di temi toccata con profondità nel libro (rapporto padre-figlio, uomo-natura, ragione-intuizione) è quasi inumana: anche se tutto viene attinto quasi di taglio, sempre trasversalmente.

Libro eccezionale di un autore eccezionale.

Per alcune (bellissime) riflessioni sul libro (che necessitano, per essere apprezzate, di aver letto il libro) consiglio:
http://www.minimaetmoralia.it/wp/la-m...
April 26,2025
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My least favorite Nabokov, though there are still some of his golden nuggets within.
April 26,2025
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The most difficult, I'm sure, of Nabokov's Russian novels. Certainly the most Russian of them. And second only to Ada or Ardor A Family Chronicle in his, er, oeuvre for both page count and complexity. And while I'm getting catagorical and even possibly (pardon my neologism) elistical, let me add that it is, in my opinion, his sweetest novel (one sugary step above Pnin). And before you cock a brow, Mr. Spock, the answer is no, I don't feel the slightest bit corny in writing that because I am a married man, wholly devoted to my wife and I prize, above all, the private planet I share with her.

The Gift is a long, languid and sometimes laborious love letter to his wife, Vera, to Mama & Papa Nabokov and to the best and worst of Russian literature. It is strange and slow, occasionally static, like certain stubborn European films that don't mind lingering over a thing for perhaps longer than the audience would like. This novel is not for the person who's never read Nabokov or who might have read only Lolita. It is for the person who likes to watch how god (a literary god and therefore the greatest of gods) makes up a world just by wishing it to be so.
April 26,2025
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"Ho la certezza che tornerò", per una volta voglio fidarmi di te, Nabokov.
April 26,2025
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Non conoscendo Puskin, non avendo lunga dimestichezza con la letteratura russa, se non per aver letto i romanzoni di Dostoevskji e Tolstoj, mi accingo a recensire solo una piccola parte dell'enorme libro di Nabokov. La microscopica parte che ho percepito. Nabokov scrive un gigantesco libro "circolare" sulla letteratura russa. Sulla creazione, sull'immaginazione. Leggere "Il dono" e perdurare nella sua lettura a volte è molto ostico.
Ma le immagini, i mondi, le farfalle raccontate ti ripagano spesso del pensiero che vola via.
La scrittura è simmetrica e circolare e come dice la grandissima traduttrice Serena Vitale nella postfazione "Qualcosa s'era già incrinato nella ferrea struttura simmetrica del racconto con il terzo capitolo, un capitolo dispari, un intruso senza doppi, che non si rispecchia in nulla. E' un quadrato: il tavolo da scacchi ai cui due lati Nabokov ha fatto sedere Puskin e Cernysevskij."
Difficile, difficile Nabokov. Ed è il primo suo libro che leggo.
April 26,2025
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‘Give me your hand, dear reader, and let’s go into the forest together.’

This is the last book Vladimir Nabokov wrote in what he called his ‘untrammelled, rich, and infinitely docile Russian tongue’. The story of Fyodor Konstantinovich Godunov-Cherdyntsev, a young Russian émigré aristocrat in Berlin, told in this novel is both a personal journey and a reflection of Russia’s past. Nabokov provides a brief synopsis in his foreword:

‘The plot of Chapter One centers in Fyodor’s poems. Chapter Two is a surge toward Pushkin in Fyodor’s literary progress and contains his attempt to describe his father’s zoological explorations. Chapter Three shifts to Gogol, but its real hub is the love poem dedicated to Zina. Fyodor’s book on Chernyshevsky, a spiral within a sonnet, takes care of Chapter Four. The last chapter combines all the preceding themes and adumbrates the book Fyodor dreams of writing someday: The Gift.’

I would need to read this book at least two more times to fully appreciate it. It is not a novel to be devoured quickly, it deserves to be savoured slowly. On this, my first read, I simply enjoyed Nabokov’s use of language both as he describes Fyodor’s progress and as he lampoons Nikolai Chernyshevsky (1828-1889) in the ‘spiral within a sonnet’. It’s beautifully done, the way that Nabokov works a biography of Chernyshevsky into his novel, contrasting two quite different Russias but with some shared shortcomings.

‘Existence is thus an eternal transformation of the future into the past – an essentially phantom process – a mere reflection of the material metamorphosis taking place within us.’

And when the novel ends, will Fyodor’s success continue? Will he and Zina be happy? Or will his (and their) moment be brief, like the butterflies? We have seen Fyodor evolve for self-indulgent idleness to focussed observer: one of his roles in the book is complete; the other is neatly transferred to the reader. Or so I think, on this reading.

‘Good-bye, my book!’

Jennifer Cameron-Smith
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