Community Reviews

Rating(4.2 / 5.0, 99 votes)
5 stars
44(44%)
4 stars
30(30%)
3 stars
25(25%)
2 stars
0(0%)
1 stars
0(0%)
99 reviews
March 26,2025
... Show More
This was one hell of a ride!
I am still picking up the pieces of my brain, shred by shred.
March 26,2025
... Show More
'Submundo' o de la exploración profunda del laberinto humano, es una obra que nos sumerge en un caos literario lleno de complejidades y profundidades, ecos de lejanas voces desde el desierto.

En la novela, DeLillo teje una red intricada de personajes, eventos históricos y reflexiones filosóficas que nos invitan a explorar los recovecos de la existencia humana y que a mí sinceramente se me ha atragantado un poco (eso que dices que se hace bola). La prosa de DeLillo es cautivadora y llena de una riqueza literaria que evoca imágenes vívidas en la mente del lector, sin embargo, su estilo narrativo fragmentario dificulta la tarea y a veces puede atragantársete.

Los personajes de 'Submundo' están al servicio de la estructura de la novela, el esqueleto de la historia. La novela también destaca por su habilidad para entrelazar eventos históricos y elementos de la cultura popular en una narrativa coherente. DeLillo utiliza estos elementos como lentes a través de los cuales examina la condición humana y nos invita a reflexionar sobre el papel de la cultura en la configuración de nuestra identidad colectiva. Una exploración literaria profunda y fascinante que desafía las convenciones narrativas y nos sumerge en un mundo complejo y enigmático.

Y con toda la dificultad, algo hizo que me quedara. Era el desafío o la arrogancia (como lector); pero encontré un motivo para no abandonar la lectura, para quedarme y terminarla y esa habilidad o ese don o ese lo que sea, lo tienen pocos autores; y en ese sentido, DeLillo es un maestro de la literatura. ¿Por qué todavía no le han dado el premio Nobel?
March 26,2025
... Show More
I più grandi segreti sono quelli spalancati davanti a noi

Supponi che un giorno uno scrittore decida di far esplodere il tempo. Supponi che nel farlo adoperi non una bomba normale ma una bomba atomica. Supponi pertanto che i frammenti temporali non siano frammenti normali ma detriti radioattivi. Detriti il cui smaltimento ha un effetto ritardato e amplificato. Detriti che consentono di guardare nello scheletro delle memorie. Nei recessi più oscuri di intimità celate. Nella storia sommersa di una nazione.

"Fino a quale punto dobbiamo calarci dentro la vita della materia prima di capire che cos'è il tempo?"

E così il lettore armato di filo e rocchetto, un rocchetto che ha la forma inconsueta di una palla da baseball, si trova a dover fare un paziente lavoro di ricostruzione. Ricucendo tasselli. Scavando e cercando di rimettere in fila gli eventi. Googolando per capire ciò che è stato veramente e ciò che potrebbe essere stato ma che è in realtà è "solo" frutto della creatività monumentale di un uomo.
Realtà: Nose Art, Watts Tower, Texas Highway Killer, Edgar Hoover e Junior, Frank Sinatra,i Giants e i Dodgers, Lenny Bruce. Ma anche immaginazione: Klara, Nick, Marion, Matt, Padre Paulus, la Suore Gracie ed Edgar, Brian, Albert...e una pletora infinita di personaggi o meteore, pallina da baseball inclusa.

"Le stagioni si fondevano l'una con l'altra, gli anni erano una stordita macchia confusa. Come il tempo sui libri. Il tempo sui libri passa nel giro di una frase, molti mesi e anni. Scrivi
una parola, scavalchi un decennio. Non era poi così diverso qui fuori, alla sua eta, nel mondo privo di margini"


I frammenti di questa storia come i rifiuti che l'uomo vivendo non può far a meno di produrre.
L'uomo è ciò che produce. L'uomo morendo non diverrà che un rifiuto. Così come tutto ciò che possiede.

"Consuma o muori. Questo è il dettato della cultura. E finisce tutto nella pattumiera. Noi creiamo quantita stupefacenti di spazzatura, poi reagiamo a questa creazione, non solo
tecnologicamente ma anche con il cuore e con la mente. Lasciamo che ci plasmi. Lasciamo che controlli il nostro pensiero. Prima creiamo la spazzatura e dopo costruiamo un sistema per riuscire a fronteggiarla."


Cose. Affetti. Interessi economici. Segreti. Complotti. Verità nascoste. Tanto "moriremo tutti quanti". Soffriremo per la perdita di una persona amata. E morendo faremo soffrire a nostra volta chi ci ama. Ma ciò che lasceremo, ciò che per noi è stato così prezioso non sarà altro che una scoria scomoda di cui alla fine qualcuno di dovrà liberare.

"C'è qualcosa di malinconico nelle cose che abbiamo raccolto e che possediamo, negli effetti domestici, c'è qualcosa nella parola stessa, effetti, il cassettone laccato nella nicchia, che emana una specie di tristezza - i quadri e i tessuti alle pareti e gli oggetti d'arte e i preziosi - e io provo un senso di solitudine, di perdita, ancora più grande e strano se l'oggetto è relativamente raro ed è l'ora dopo il tramonto in un silenzio che sembra eterno."

Arte moderna questo libro. Costruito con frammenti temporali. Arte moderna come le Watts Towers, costruite coi rifiuti. Arte moderna come i 230 aerei nel deserto che sono stati oggetti di guerra e ora testimoniano un lontano passato di distruzione e di morti. Morti come le donne portafortuna raffigurate sul naso di caccia bombardieri. Pin up come polene per dimenticare "che ogni respiro che fai ha due possibili conclusioni."

Long tall Sally. Canzoni che furono, che sono. Sally che furono, forse. Nere. Bianche. Immaginarie. Reali. Un mondo intorno a noi in superficie. E per comprenderlo occorre conoscere le parole. Sì. ... le parole. Perché senza le parole non riusciamo neanche a riconoscere le cose che stanno sotto i nostri occhi. Le cose quotidiane che in questo mondo virtuale e tecnologico sono raggiungibili ovunque. Ma non solo le cose. Tutto è dappertutto. Tutto è congiunto o congiungibile con tutto.

"Basta schiacciare un pulsante e tutte le cose nascoste da secoli invadono la più remota delle stanze. E' un'epidemia di immagini. Nessun recesso è inviolabile. L'utero, il fondo dell'oceano, gli angoli in disuso del cervello umano. E se si può vedere, si può prendere. C'è un elemento patogeno in una semplice occhiata distratta."

E curiosamente in questo mondo in cui tutto è ipoteticamente relazionabile con tutto, tutto è visibile e addirittura sovraesposto, e forse l'unica possibilita che ci resta è scendere sotto, ravanare tra le macerie del passato, ripartire dai nostri resti per ricostruire, per ricercare, per ritrovare un senso che si è smarrito nel consumo convulso, accanito, indiscriminato di persone, cose, emozioni e relazioni.

Un romanzo visionario, complesso, inquietante che cambia la percezione del mondo circostante. Scritto pure in modo pazzesco. In una parola: imperdibile.
March 26,2025
... Show More
Ambiciozno i uspelo delo, pokušava da se dotakne svega, baš široka priča. Roman o jednom vremenu i jednoj zemlji, o pola veka istorije.
Bejzbol, hladni rat, atomske probe, paranoici, teorije zavere, beskućnici, kolekcionari gluposti, serijski ubica, umetnička avangarda, crtači grafita, stend-ap komičari, rasna pitanja, protesti idealista, Vijetnam... Ukratko, Amerika u drugoj polovini dvadesetog veka.
Dve glavne linije priče su isprepletane, međusobno ali i sa mnogim drugim. Istorija jedne loptice za bejzbol je prva, a druga je o životu jednog čoveka (i svih onih koji dotiču njegov život) koji na kraju poseduje tu lopticu. I mnooogo skretanja s teme. Svaki lik koji se uvede dobija svoj deo romana. Kad bi se nacrtala svaka linija priče, ispao bi jedan vrlo razgranat žbun. Ako se predugo čita, neke stvari se mogu zaboraviti. U zadnjoj trećini knjige sam nekoliko puta poželeo da čitam elektronsko izdanje zbog opcije za pretraživanje imena.
Jako mi se dopada kako je izveo da priča ide unazad a da ti i dalje ne znaš kako će se završiti. I ti u stvari dugo ne znaš koji je glavni cilj knjige, i da li uopšte ima cilj. I to mi nimalo nije zasmetalo ni u jednom trenutku, naprotiv. Nisam čitao knjigu gde je to bolje izvedeno. Kako vreme teče unazad slagalica se sklapa. Ali ne očekujte klasično pripovedanje, zaplet, rasplet i ostalo. Mnoge niti su samo započete. Sudeći po komenterima, uopšte nije retko mišljenje da je ova knjiga samo skup nabacanih nerazrađenih pričica koje zajedno nemaju mnogo smisla. Ali meni i te kako imaju smisla. Sve zajedno oslikavaju duh kraja dvadesetog veka u Americi. Atmosfera, to je ono što ću pamtiti iz ove knjige. Nemoguće je zapamtiti sve detalje romana ali atmosfera je opipljiva.
Ovo je knjiga koju verovatno nikad nije moguće u potpunosti opisati niti razumeti. A možda neke stvari u njoj stvano ni nemaju smisla (i to na 830 strana!). Ali ja ću sigurno u narednim čitanjima pokušati da shvatim sve ono što mi sada nije baš najjasnije.
March 26,2025
... Show More
Difficile non perdermi in esagitati commenti a freddo, dopo aver terminato Underworld, che sicuramente si annovera tra le esperienze di lettura più uniche e indimenticabili da me intraprese.
È la storia, o più correttamente, una rivisitazione della storia dell'America del dopoguerra, attuata grazie al geniale pretesto della palla da baseball – il singolare filo conduttore, che insieme a numerosi altri collegamenti, dà vita a un gioco di incastri che nella loro genialità e accortezza spiazzano il lettore dall'incipit all'epilogo.

E mi piaceva che la storia qui non circolasse a piede libero. Qui la segregavano, la storia visibile. La ingabbiavano, la fondevano e la brunivano, la conservavano in musei e piazze e parchi commemorativi. Il resto era geografia, tutto spazio, luci e ombre, e un indicibile calore incombente.

DeLillo si conferma come un grande narratore dei teatri delle oscenità inscenati dall'uomo dalla Seconda guerra mondiale ad oggi; e con un occhio critico e una visione mai banale descrive perfettamente l'angosciante modernità. I suoi romanzi, nel mio caso, non hanno la funzione di calmante, anzi: leggendo Underworld, nonostante le tematiche proposte di difficile gradimento (che spaziano dall'isolazione di materiali radioattivi a spietati killer autostradali, passando per le basi segrete figlie della guerra fredda), mi sembrava di stare su una giostra da cui riuscivo difficilmente a scendere. Perché Delillo racconta il tutto in modo accattivante soprattutto grazie all'utilizzo dei salti temporali che, pagina dopo pagina, permettono una maggiore introspezione dei personaggi.
La tematica a mio parere più importante -dopo il vuoto delle vite dei protagonisti fautori di legami labili e dialoghi memorabili- è indiscutibilmente l'ineluttabilità di una società costruita su tracce irremovibili, destinata ad essere sopraffatta dal passato.

Nel nostro caso, nella nostra epoca. Quello che scartiamo ritorna a consumarci

Nonostante l'impronta negativa del testo, nelle parole dell'autore si nota un barlume di speranza; una complicata ispirazione alla pace.
March 26,2025
... Show More
I've seen some people saying this is not a place to start with DeLillo, and I think I disagree. If you want to experience DeLillo, this is the book, the culmination of his exploration of pretty much the same themes, his magnum opus.

I don’t like DeLillo when he goes for plot or character development progression across the years - that’s not his forte. He's good at meandering narratives, pondering about life, American neuroses, anxieties, sins, bad habits, strengths, and baseball. This novel is more akin to 'White Noise' than to 'Libra.'

There are a plethora of characters in this one, and I did enjoy some much more than the others. Writing a woman is still a problem, but so be it. My favorite parts were Matt in the desert and that fantastic episode in the testing plane over the nuclear explosion. I didn’t enjoy anything relating to Klara and Nick’s wife (understandably), and I barely found Nick stomachable.

This book has the reputation of a great American novel, and who am I to judge, really? To my eyes, it was a fine book with a few fantastic scenes here and there, but I mean, really really good ones.

The writing is the flashiest in here, DeLillo is showing off. More often times than not it’s quite impressive; other times, not so much ("Blow smoke my way," he said. "I want all the aromas. Tobacco, bedsheets, women.", "Tommy had a smile so slight and fleeting it could only be photographed on film stock developed by NASA.... A hummingbird's breath of a smile brushed across Tommy's lips."')

I’m glad I’ve read it - this is the only book of his I’m seeing myself returning to. But is there any point in me reading 'Mao II' at this point?

Update: Not even a full week has gone by after I finished this novel and I feel absolutely nothing when I'm thinking about it, which is extremely odd for books I've spent so much time with.
March 26,2025
... Show More
¿Cómo escribir sobre el siglo XX sin que se desmorone en tus manos?

Esa es la pregunta que Don DeLillo responde en Submundo, una experiencia de inmersión en la paranoia, la cultura y los escombros del siglo pasado. ¿Cómo encierras en una sola obra la Guerra Fría, la acumulación de residuos nucleares y emocionales, la alienación urbana, el béisbol, el arte pop y la sombra del capitalismo en cada rincón de la existencia? La respuesta de DeLillo es clara: no puedes. Pero puedes intentarlo con una sinfonía de fragmentos, voces y ecos, un rompecabezas donde cada pieza cuenta una historia y, sin embargo, el cuadro completo sigue siendo un misterio. ¿Y si te dijera que es posible sentir el latido de toda una nación en sus páginas? No el latido romántico del sueño americano, sino el irregular y tembloroso pulso de sus contradicciones, de su miedo, de su inevitable desmoronamiento.

La novela abre con una de las mejores escenas iniciales de la literatura contemporánea: el partido final de la National League de béisbol en 1951, entre los New York Giants y los Brooklyn Dodgers, donde un joven presencia el legendario home run de Bobby Thomson en el último momento del partido y se hace con la pelota. Esa pelota de béisbol se convierte en un símbolo que atraviesa las décadas, pasando de mano en mano, desde coleccionistas hasta mafiosos, desde ejecutivos hasta artistas, en una danza en la que cada personaje es un reflejo de una América convulsionada. Y es en ese mismo vaivén que se entrelazan las vidas de personajes como Nick Shay, cuya mente, marcada por un pasado turbulento, es la lente a través de la cual DeLillo nos muestra una sociedad que alterna entre la euforia y la decadencia

El relato no avanza en línea recta, sino que se despliega en una estructura fragmentada, saltando a través de décadas y personajes, desde la paranoia nuclear hasta los residuos industriales, desde la alta cultura hasta la basura; literal. Todo es parte de la misma historia: una América obsesionada con su propio exceso, con su capacidad infinita para consumir, desechar y olvidar. Es una novela que se construye como un flujo de imágenes y pensamientos desordenados, un flujo de conciencia a gran escala donde el lector tiene que sumergirse sin esperar explicaciones o transiciones lógicas. DeLillo no da concesiones, y si uno intenta buscar un hilo conductor tradicional, solo encontrará esquirlas de historias dispersas en el tiempo.

Sí, sí, es cierto, Submundo puede a veces parecer un monstruo literario. Un libro de esas dimensiones que, si no te entregas completamente, te deja la sensación de estar tragando un océano de palabras innecesarias. Y hay momentos, claro, donde el exceso de detalles te hace pensar que Delillo está más interesado en la magnitud de su propio proyecto que en el alma de sus personajes. No te lo voy a negar: en ciertas partes, te pica ese síndrome de la repetición, como si DeLillo estuviera pasando un control de calidad mental para asegurarse de que no se le olvide ningún pedazo de la historia que quiere contar. Pero es que eso no es precisamente un defecto, ¿no? La grandeza está en la ambición de la obra. La novela no está aquí para hacerte sentir cómodo. Está aquí para hacerte tambalear, para dejarte con la boca abierta de tanto trabajo de fondo. Es un exceso, sí, pero ese exceso tiene una razón: reflejar la vastedad y la complejidad de una sociedad en ruinas, de un mundo que se va desmoronando mientras tú solo puedes observar desde la orilla. No se trata de ponerte un traje a medida, se trata de arrojarte en medio del caos y ver qué pasa. Si lo dejas a medio camino, claro, todo esto puede parecer un batiburrillo difícil de digerir.

En este tapiz entran en juego los temores atávicos de la Guerra Fría, la sospecha permanente sobre la Mafia y la gestión de residuos (ay, Tony Soprano, cómo te echo de menos), el arte del grafiti elevándose como una respuesta a la hostilidad urbana, y una Nueva York que es un personaje en sí misma, con sus barrios marcados por conflictos raciales, su arquitectura en mutación y sus rincones donde lo viejo y lo nuevo chocan sin tregua. No es solo una historia de personajes individuales, sino un catálogo de obsesiones colectivas: la violencia urbana, la brecha generacional, el asesinato de Kennedy, la omnipresencia de la televisión, la sombra de la catástrofe nuclear. Todo forma parte de la misma telaraña de miedos que atraviesa el siglo.

Porque Submundo es un golpe de literatura total. DeLillo construye una novela monumental, una obra donde la historia se filtra en la vida cotidiana y donde lo íntimo y lo colectivo se entrelazan de manera inextricable. La novela respira con el caos y la belleza de una nación en pleno delirio, con un estilo que no solo narra, sino que captura la sensación de vivir en un mundo que se desmorona bajo el peso de su propia historia. Si existiera un inventario de los grandes mitos y traumas estadounidenses, Submundo lo incluiría casi todo. DeLillo lo pone todo sobre la mesa sin jerarquía, como si cada elemento de la identidad americana formara parte del mismo tapiz caótico.

El béisbol, la Guerra Fría, las calles de Nueva York, la chatarra, el arte, la conspiranoia: todo está tejido en un relato que funciona como una enorme instalación artística, un mural literario donde cada escena, cada línea de diálogo, cada pensamiento perdido en el aire forma parte de algo más grande. En este collage, DeLillo también juega con figuras de la cultura popular y eventos históricos que se mezclan con la ficción: Sinatra, Lenny Bruce, la construcción del World Trade Center, el impacto generacional de la televisión y la propaganda... Pero a diferencia de otros escritores posmodernos como Pynchon o Foster Wallace, DeLillo no juega con el humor o el absurdo. No hay guiños irónicos ni distorsiones estilísticas extravagantes. Submundo es solemne, grave, casi documental en su tono. Es un libro que no busca sorprender con trucos narrativos, sino arrastrarte dentro de su atmósfera como un observador más del derrumbe de una época.

Entonces, ¿vale la pena? Mira, no voy a engañarte: Submundo no es una lectura fácil. Es densa, es ambiciosa, es el tipo de libro que te exige paciencia y que, si entras en su juego, te recompensa con una de las experiencias más ricas y absorbentes que la literatura contemporánea tiene para ofrecer. Si te gustan las narrativas lineales, probablemente te haga sufrir. No es un libro que se pueda leer con prisas o esperando respuestas inmediatas. Es una novela que requiere que el lector acepte su caos, su ritmo errático, su fragmentación. Un libro que no se lee, sino que se habita. Que no avanza, sino que se despliega.

Y claro, cuando una novela consigue trazar un mapa tan vasto de una nación y sus miedos, llega la pregunta inevitable: ¿Es Submundo la esquiva, mítica, inalcanzable “gran novela americana”? Esa etiqueta que se ha estampado en tantos libros, a veces con entusiasmo genuino, otras con desesperación por encontrar un sucesor digno de Moby-Dick o El gran Gatsby. Esa es la gran pregunta. Submundo tiene todas las credenciales para ser considerada esa ‘gran novela americana’: ambición descomunal, una estructura que abarca décadas de la historia de EE.UU., una escritura densa y sofisticada, y un intento de capturar el alma del siglo XX en toda su fragmentación y paranoia. Además, DeLillo toca muchos de los mitos fundacionales de la literatura estadounidense: el béisbol, la guerra fría, el consumismo desbocado, el arte como resistencia, la violencia latente bajo la apariencia de estabilidad.

Pero aquí está el dilema: la ‘gran novela americana’ no solo debe reflejar a su país, sino también interpelarlo de una manera que se sienta definitiva, incuestionable, como si el autor hubiera logrado capturar algo esencial que nadie más había sabido poner en palabras hasta entonces. ¿Es eso lo que logra Submundo? Hay quienes dirían que sí, que pocas novelas han diseccionado tan bien las ansiedades y obsesiones de EE.UU., que es el retrato más ambicioso y cerebral del país en su era postindustrial. Otros dirían que, en su afán por abarcarlo todo, acaba resultando más un monumento literario que una experiencia verdaderamente transformadora.

Quizá el verdadero problema sea que la ‘gran novela americana’ es una quimera: cada generación la busca, cada época cree haberla encontrado, pero el país sigue cambiando y la literatura con él. ¿Acaso Moby-Dick no fue ignorada en su tiempo y luego considerada la obra definitiva de su siglo? ¿No fue En la carretera, de Kerouac, un manifiesto generacional antes de volverse un cliché de mochilero? En ese sentido, tal vez la pregunta no es si Submundo es la gran novela americana, sino si, en cien años, lo seguirá pareciendo.

Lo que sí es Submundo, en cierto modo, es el testamento definitivo de Don DeLillo sobre el siglo XX, de la era pre-11-S: un laberinto de recuerdos, noticias, objetos y desechos, donde el pasado nunca está realmente enterrado y el presente es una maraña de ecos. Su mirada es implacable, casi documental, pero también obsesionada con la belleza de los detalles. Y lo más inquietante es que lo que capturó en los años 90 sigue resonando con una claridad aterradora en el mundo de hoy. Submundo es el espejo de una América que, antes del 11-S, antes del auge de Internet, ya estaba desmoronándose bajo el peso de su propia historia.

DeLillo no es un visionario ni un profeta. No intenta predecir el futuro, sino exponer el presente con una lucidez que abruma. Más que narrar, disecciona, observa, deja que los miedos y los residuos de la historia hablen por sí solos. Porque, al final, Submundo no es solo el retrato de un siglo que intenta esconder sus miedos bajo toneladas de historia y basura. Es la prueba de que lo que creemos enterrado nunca deja de estar ahí.
March 26,2025
... Show More
This was my first DeLillo.

For those who have been keeping up with me through social media, they already know I’ve been pretty consistent in letting people know my feelings about this book.

I did enjoy the structure of the book taking the reverse narrative while giving details of certain characters in a way without completely spoiling the rest of the book.

I did enjoy the apparent darkness in the setting/characters. This book really showed the human condition well in my opinion.

There was a slight lull for me (looking at you Lenny Bruce), but not enough to really sway my opinion.

In my opinion, this book has everything a reader could want.

Looking at the negative opinions of this book clearly shows that they never finished the book. And the author’s intent, the bare minimum of the reader, is to complete the book. Some of the best scenes of the book are in the final 3rd of the book. Otherwise, DeLillo is calling you out for WASTING your time.

Waste, a major theme of the book.



I don’t like baseball, but now, I would not mind attending one.


And when I’m taking the trash out or separating the recycling, I will always think of Underworld.


Would not recommend for an accurate depiction of America, but for people who enjoy big books and are not afraid of the journey involved. Take the plunge. And don’t be afraid.
March 26,2025
... Show More
Disclaimer: It is entirely possible I did not understand this book at all and what follows is meaningless babble.

Of all the books I have ever read I believe Underworld might be the hardest to review. Not because of the star rating. That is a 5 without question. The writing here is dazzling. This is historical fiction deconstructed, reconstructed, and then thrown into a supercharged industrial blender and shot out into the cosmos. Our “hero” works in “waste management” and a recuring theme here is the creative ways we prettify the fact of our waste products, from actual shit to plutonium waste, helping us to ignore the fact that all this waste, submerged or made into building materials or buried, or whatever, is destroying the planet. The parallel between the way in which DeLillo treats historical fiction (and the way he treats history for that matter) and the waste management sleight of hand is a terrifying yet fun way to render evil genius. He turns the metaphors used by marketers to make the most pernicious toxic things seem like gifts to the world into a metaphor for humans creating a glossy version of the past and future they can live with. He uses a central metaphor as a second central metaphor. It is breathtaking.

DeLillo seems to repudiate nostalgia here (a concept I wholeheartedly embrace.) The past is special because we want it to be special. We create false memories and expunge anything problematic. The value of memory is no more than mass delusion. “Every memory we have is, finally, of ourselves. If the memory of an experience is flawed, there is a rift in the continuity of self.” We are fiddling with the past, creating a good-ol-days myth in order to get a hit of dopamine and forget we are inexorably moving toward an end we ourselves have ordained. The past is filled with as much or more evil than the present but people agree to apply and validate the nostalgia filter because mass delusion gives us succor and hope in a harsh and hopeless world. That nostalgia filter is no different from the delusions of people who see statues of the Virgin Mary weep or the face of Jesus in a water stain on a building, just a delusion born of privilege rather than want.

Despite Underworld's brilliance as a whole, and maybe because there is no plot (as there is no plot in life) sometimes the whole thing seems to kind of fall apart. There are lulls – long lulls that left me pretty disconnected to the rest of the story. But, though it wanders off frequently, the book comes charging back every time to this concept of life and memory as a euphemism, like Glenn Close popping up spring loaded in Michael Douglas’ tub. When I was poking around trying to pump myself up to read this book, I came across a quote from Martin Amis’ review of this book that really sums things up: “Underworld may or may not be a great novel, but there is no doubt that it renders DeLillo a great novelist.” Those lulls are problematic, but they are the packaging for utter brilliance.

Lenny Bruce comes up a lot in this book. He is not simply mentioned. DeLillo recreates several Bruce performances while tunneling into Bruce’s brilliant, tragic, overfilled head. While this is well done I started wondering a bit past the halfway point why Don kept doing this and why he kept focusing on the way Bruce ping-ponged between funny traditionally structured bawdy insightful jokes and profound, decidedly unfunny, observations about human cruelty and idiocy and brilliance, and the inevitability that those things will drive us to destroy ourselves (Bruce’s tagline, “we’re all gonna diiiiiiiiiiiiie,” is the chorus here.) At first it was easy to connect Bruce’s routines to the specter of nuclear annihilation. After wondering about that for a while I realized that DeLillo had coopted Bruce’s structure for this book. He intersperses incredibly funny and traditionally structured scenes with profound, decidedly unfunny observations about human cruelty and idiocy, and brilliance, and the inevitability that those things will drive us to destroy ourselves. I think DeLillo uses some of the lulls the same way as the humor. All of it wraps up profound truth, Delillo is a modern day Lenny who understands you can't keep an audience with a spare recitation of terrifying truth.

A couple random notes on things that really impressed me. First, while parts of this book are firmly rooted in the language and thought processes of the 60’s. 70’s and 80’s DeLillo was disturbingly prescient, and much of this feels very current. He saw the danger of things that have now come to roost but which when this was written most just saw as progress. Second, the book launches with what could easily have been published as a free-standing novella set at one of the most famous baseball game moments ever (Bobby Thomson’s walk-off homerun in the 1951 National League Dodgers- Giants pennant game a/k/a “the shot heard round the world.”) This opening novella stands as one of the finest pieces of writing I have ever read. Even if you decide not to invest in this giant book, 827 pages that require complete mental focus pretty much all the time, you should read the first part. You should bear in mind though that the epilogue is a response of sorts to that opening bit of nostalgia. The ending also, it gives us some closure on the baseball which is hit in the opening and sails through these pages. Never has a baseball worked this hard, but though dinged up it manages to knit the book together.

I will shut up now and hope at least a couple of people will be inspired to take on this boulder of a book.

*This book weighs about 10 pounds. It is not totable so I got the audio to listen to on the subway, and I read the hardcover at home. The audio was enjoyable so I don't not recommend it, but this is a book you want to read in print. When I listened on the train and got home and picked up the book it felt like I had never seen/heard the portions I listened too. I couldn't figure out where I was. Nearly every time I listened I ended up going back and reading the text.
March 26,2025
... Show More
As primeiras 400 páginas, 5 estrelas, as segundas 400 páginas, 2 estrelas. A escrita de DeLillo é, neste livro, sublime porque profusa, erudita, eloquente, e atmosférica. Na primeira parte somos apresentados a um conjunto de personagens, eventos e épocas. Na segunda parte DeLillo desenvolve uma profunda análise crítica por meio de uma fragmentação articulada, tipicamente pós-moderna, na qual envolve acontecimentos mais e menos conhecidos da história dos EUA, para dar forma ao imaginário coletivo americano.

Naturalmente a primeira parte deveria ser a mais maçuda e secante, contudo não o é, porque a escrita é fantástica, e tudo o que nos vai apresentando é sorvido por nós avidamente. Os personagens são tipicamente americanos que podemos reconhecer de muito do cinema americano, sente-se particularmente os anos 1950 e os 1970. Fala-se de muita coisa, com dois motivos centrais a funcionar como aglutinadores, o baseball e a guerra fria.

Todas as análises literárias se detêm sobre o primeiro capítulo, o qual foi inclusive destacado e re-publicado em livro à parte. Neste, DeLillo narra um dos grandes episódios do baseball americano a final de 1951 entre os Giants e os Dodgers, que apesar de todo o dramatismo envolvido à sua volta, terá assumido toda esta relevância por algo que DeLillo não diz de forma explícita, mas a que DeLillo é muito sensível, e que é o facto de ter sido o primeiro jogo a ser emitido pela televisão nacional dos EUA. Ou seja, o evento não ficou contido no estádio, nem na região, contaminou o imaginário de todos os americanos no país por meio desse meio de comunicação poderoso que foi a televisão, ao longo de toda a segunda metade do século passado.

[vídeo]
"The Shot Heard 'Round The World", Giants X Dodgers, 1951

Este primeiro capítulo, e primeiro episódio de "Underworld", marca o estilo do livro e aquilo que DeLillo pretende fazer. O seu objetivo é claramente entrar na psique do imaginário coletivo, dissecá-lo. A sua descrição é cabalmente detalhada e envolve inclusive personagens da época como Frank Sinatra ou J. Edgar Hoover. A sua leitura é uma enorme delícia, na forma, mas só na forma, e é aqui que reside o problema maior de “Underworld”. Ou seja, para grande parte dos não-americanos que não percebem o desporto, mas principalmente não detêm qualquer memória do evento reportado, a leitura funciona de forma estranha. Ou seja, em vez de aquele relato profuso nos ir fazendo aproximar do evento, acaba por nos afastar ainda mais, por não sermos parte do colectivo que conhece e se reconhece, porque o relato não se foca na tentativa de nos dar a compreender a grandiosidade do feito, mas antes foca-se na evocação dos sentires de quem o experienciou.

Por outro lado, o episódio seguinte, muito menos discutido, é muito mais efetivo, provavelmente pela sua universalidade. DeLillo continuando a sua digressão sobre os media, elabora uma descrição magistral de um dos assassínios do Assassino da Auto-Estrada do Texas. A particularidade do mesmo, é que tal como o jogo de baseball, é filmado, e passado e repassado nas televisões. Aqui temos uma alusão direta à criação de imaginário coletivo pelos meios de comunicação social. E podemos mesmo ligar este episódio ao primeiro, já que o enfoque na repetição da sequência, é no fundo um decalque daquilo que provavelmente terá acontecido com o jogo de baseball na televisão, em que terá sido repetido ad nauseam.

Dito isto, parecia termos aqui tudo para um livro magnífico. Apesar de não me interessar o baseball, o meu trabalho centra-se em redor dos efeitos dos media, logo tudo isto me interessaria, e tenho de dizer que este segundo episódio vale a leitura mesmo para quem não queira ler o resto do livro. Aliás os dois primeiros episódios, valem a leitura, recomendo vivamente.

O problema surge a seguir, quando DeLillo quer fazer da literatura um espelho dos sentires da massa colectiva criada pelos media. Porque o modo como o faz é por meio da multiplicação de personagens, de eventos históricos e fragmentação de linhas de enredo, o que acaba por nos fazer perder. A leitura ganha um grau acentuado de dificuldade, claramente na senda de um “Infinite Jest” (1996), mas com uma diferença, não existe um elemento unificador. Ou melhor, ele existe, mas por se tratar de um imaginário colectivo, não é algo palpável, nem facilmente delimitado, mais ainda porque trabalha múltiplos eventos da história de um país que não conhecemos, pelo menos o suficiente para o modo distanciado como DeLillo vai relatando. Acabamos assim perante uma massa de fragmentos narrativos, de personagens e eventos, pendurados no ar, sem conexão clara, e se racionalmente lhe podemos atribuir um rótulo, emocionalmente nada sentimos.

Em 2006, "Underworld" terá ficado em segundo lugar atrás de "Beloved" que venceu uma votação de críticos americanos da melhor literatura dos anteriores 25 anos. Comparando ambos, repetiria o argumento que fecha o parágrafo anterior: "Underworld" é um feito académico em termos de escrita, mas "Beloved" consegue aquilo que só a literatura completa consegue, transformar-nos.


Publicado no VI (https://virtual-illusion.blogspot.pt/...)
March 26,2025
... Show More
It sucks to be late to the party on a book such as this one but I am and nevertheless hope to contribute one thing meaningful to one of the more polarized “great works” of Goodreads.

1. People are right. This book is often difficult and frequently boring as shit.
1a. But really cool stuff happens about every fifty pages or so, and when it does, Delillo is absolutely high voltage. Basically even though this book is boring, it is also very rewarding. This is a stark contrast to someone like Dickens who sucks from England to Arkansas and only exists to murder readers with Orphans and poverty.

2. I think this book is most concerned with what people choose to willingly hold on to or let go of. America is a perfect setting for this theme because we’re so shit-choked with stuff. Many GR reviews I’ve read place emphasis on the time period because of the paranoia of the Cold War but I think it’s equally important because consumer culture began to dominate America in the 50s. This is the story of a landscape concerning all manner of things forgotten. Trash heaps and memories. Relics and detritus.

It’s not just setting that emphasizes theme either. Underworld’s story is obsessed with what people have lost. Baseballs, innocence, marriage, characters struggle to hold on to what they have or else they’re given to the dark twin of hanging on: letting go. Characters give up on past lives, recognize that what served as inspiration has fled by, accept that the world is unknowable. All the while, Delillo shows us garbage, waste, radiation. The moments and junk we collect in our lives fall away from us, but they have to collect somewhere. What does that mean for the rest of the world?
Leave a Review
You must be logged in to rate and post a review. Register an account to get started.