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April 17,2025
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The story of the modern Fitzgerald and Zelda. This slim volume contains all the devastation and suffering that a dysfunctional marriage, mental instability, and drug use can inflict on a life. As Diane Johnson points out in her introduction, one of Leonard Michaels’s greatest skills is his exquisite descriptive writing, a skill very much in use here as he explicates, in painstaking and eloquent detail, the slow, small steps his wife takes towards ending her life at the age of 24.

While this is the story of a woman coming undone it is also the story of a deeply flawed and dysfunctional marriage. I found myself wondering suspiciously throughout the book how the events would have unfolded should Sylvia have lived to tell them. The narrator’s perspective (the book is sold as both a memoir and a novel) as a highly educated, sensitive, yet somehow deeply aloof man recalls John Banville’s male characters. And in fact the very first sentence of Sylvia hints at the narrator’s apathy and lack of self-knowledge: “In 1960, after two years of graduate school at Berkeley, I returned to New York without a Ph.D. or any idea what I’d do, only a desire to write stories.” How could a man like this, a man who thinks of reality as literature, as all great writers do (and probably should), care for or be responsible for the life of a woman as fragile and unstable as Sylvia Bloch was?
April 17,2025
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La prosa è stupenda, ma forse non ero nel momento giusto per leggere questo libro. Mi sono ritrovata a provare invidia nei confronti di Sylvia, perché lei riceve amore pur facendo di tutto per allontanarlo. Riceve un amore malato, certo, ma lo riceve. È stata una strana e ripugnante sensazione.
Questo libro non mi è piaciuto, ma non perché sia scritto male o perché sia noioso o poco coinvolgente, anzi. Semplicemente, non mi è piaciuto come mi ha fatto sentire. Una cosa estremamente personale, perché la storia è raccontata senza nessun tipo di piacere perverso che possa effettivamente spingere il lettore a desiderare la vita dei personaggi. Eppure.
April 17,2025
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La coazione a ripetere, nella sua forma più pura, quella che ti porta inevitabilmente a ricascare costantemente nei comportamenti che sai bene ti porteranno esattamente dove non vuoi andare: un aspetto dell'animo umano, una delle forme dell'autodistruttività che esercita, nei miei confronti, un fascino perverso. Leggere storie in cui l'orizzonte della catastrofe è già visibilissimo dalle prime battute, anche agli stessi protagonisti che ne sono però attratti in maniera paralizzante, è, in parte, una mia forma di coazione a ripetere, per quanto in parte mi faccia bene (perchè cura alcuni malesseri) e in parte male (perchè rimescola esattamente il brodo di coltura da cui quei malesseri nascono). E comunque la fascinazione è anche estetica e a questa, fatalmente, mi abbandono.
Così, da libri del genere, il racconto di una coppia che dal primo passo è avviata in maniera irrimediabile verso la fine, cerco di stare lontano e poi, coatto, ci ripiombo dentro.
Questo, in particolare, è scritto molto bene e nella semplicità della vicenda sul piano fattuale (e nella sua complessità sul piano psichico) sa trarre un punto di forza grazie a uno stile nervoso, malinconico, anche spietatamente onesto. (parlo di onestà stilistica, sulla onestà intellettuale rispetto alla realtà, morti entrambi i protagonista, nulla possiamo dire, ormai).
Il giudizio sul libro potrebbe finire qui. Un libro che mi tocca, mi emoziona facendo probabilmente leva su di una mia idiosincratica predisposizione ad essere commosso da un libro di questo tipo.
Però...
DIVAGAZIONE: LA PAZZIA.
Immaginate di vivere in un mondo in cui l'ipertensione sia circondata da un pesante stigma sociale. Se curate la vostra ipertensione con diuretici e beta-bloccanti venite guardati con sospetto. O certo, a voi tutti si rivolgono con l'abituale cortesia, anzi più di questa. Ma i sussurri nei corridoi si susseguono. Nessuno vi affida più compiti impegnativi, lavori importanti, responsabilità. Gli amici si allontano. I parenti parlano di voi solo se costretti e con palese imbarazzo. Gli stessi medici, a volte, vi prescrivono i farmaci con una certa riluttanza e costantemente, costantemente, qualcuno vi chiede: ma hai provato a stare senza pillole?
Senza pillole voi, così vi pare, state abbastanza bene. Certo, se misurate la pressione dovete constatare che è schizzata a 180. Avete attacchi di emicrania, a volte perdete sangue dal naso, per le scale l'affanno vi travolge, gli acufeni vi irritano. Ma è sempre stato così, perchè dovrebbe essere diverso. Smettete di curarvi. Affanculo le pillole. Nessuno ve lo fate notare. Dovrebbero parlare con voi di ipertensione ma non ne hanno nessuna voglia. Solo vostra moglie ve lo ricorda di tanto in tanto, e ogni volta è un litigio durissimo che va avanti sino all'alba. Poi, un giorno, l'ictus. Fine.
Non si dice pazzia, si dice malattia mentale*. Sylvia è malata. Leonard all'inizio non se ne accorge, pensa solo a una ragazza bizzarra e affascinante, ma poi si, poi lo vede con sempre maggior chiarezza. E come l'ipertensione quest'altra malattia ha un finale altamente probabile. Fa qualche timido tentativo di avviare una cura. Ma il malato non collabora, non può collaborare, non si sente malato. Ed entrambi temono troppo lo stigma di una condizione che non hanno neanche il coraggio di nominare. E poi, tutto somato, basterà l'amore. Basterà l'impegno, basterà sacrificarsi. Basterà immolarsi. Se solo Leonard avesse il coraggio di rinunciare alla sua scrittura, se solo Leonard avesse abbastanza pazienza, abbastanza amore. No, non funziona così. Però così entra in scena un potentissimo terzo incomodo, il senso di colpa, che pretende il pizzo in una situazione già difficile, da entrambi. Entrambi impoveriti nell'animo, entrambi costretti a pagare.
C'è via d'uscita. Bisognerebbe saper nominare il male e riconoscerlo. Allora diventerebbe possibile combatterlo, anche insieme.
Ma: vedi alla riga uno.
Coazione a ripetere.
(Chi crede che essendo emotivamente molto vicini a un malato sia facile convincerlo a prendersi cura della sua malattia ha poca esperienza del male nel mondo.)
DIVAGAZIONE: LO SFONDO
E se in quel mondo descritto prima vivesse una sottocomunità in cui avere ogni tanto una crisi ipertensiva fa figo? In cui ogni artista che si rispetti è almeno un po' iperteso? E in cui non si è à la page se non si mette un abbondante pizzico di sale su ogni portata che arriva a tavola? C'è una riga, una riga sola, che dica tanto dello sfondo di questo libro. Dopo Greenwich Village, droghe, Vietnam, Kerouac, esperienze sessuali promiscue: ``A quei tempi R.D. Laing e altri tessevano le lodi della follia''. Ecco. Le 46 pasticche di Seconal nascono anche qui.
*Pazzia vs. Malattia mentale. Non è questione di politicamente corretto. La prima parola sancisce uno status ontologico. Si è pazzi, si ha una malattia mentale. Dalla prima condizione non ci si può liberare, fa parte costitutiva del proprio essere. Dalla seconda ci si libera, ci si deve poter liberare. Apparentemente facile, il nucleo sta qui. Il pazzo non ha vie d'uscita dalla propria condizione. Il pazzo non sa di esserlo. Il malato mentale è malato, sa di esserlo. Ha quindi fatto il primo, il più importante, il più difficile, passo verso una (provvisoria? difficile, auspicabile, complessa) soluzione.
April 17,2025
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"A volte, dopo una lite, andavamo al cinema. Era come andare in chiesa. Entravamo con le altre persone, raggiungevamo i nostri posti, ci sedevamo di fronte alla luce e soccombevamo alla vasta comune fantasia. Ne uscivamo sentendoci affettuosi e buoni, le nostre ferite rimarginate."
April 17,2025
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2,5 ⭐

Darei tre stelle esclusivamente perché ho trovato piacevole e scorrevole la scrittura dell'autore.
La trama e la storia in sè mi hanno molto delusa perché non sono riuscita in alcun modo a sentirmi coinvolta dalla storia o a creare una connessione con i protagonisti, che ho invece trovato insopportabili.
April 17,2025
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jarring first hand account of a dysfunctional marriage in 60’s manhattan. sylvia is aching and violent and idealized by the narrator. michaels seems to relish in the ache of her damage.

recommended by vinson cunningham whose word vomit i find michelin fare.

likely my favorite thing i’ve read in recent times. i cannot recommend enough even if it left me with a heightened heartbeat.
April 17,2025
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Poi si è tirata su, mi ha dato uno schiaffo, e ha detto: "Non riesco a capire perché non mi adori".

Quando Leonard Michaels conobbe Sylvia Bloch a New York, a casa di un'amica, lui aveva 27 anni e lei 19. Era il 1960. Lei era una studentessa universitaria, lui un neolaureato che scriveva racconti che nessuno pubblicava. Le prime pagine, che descrivono l'incontro, sembrano tratte da un film di John Cassavetes, ma sono vere. "Secondo i programmi avremmo dovuto cenare insieme e andare al cinema, ma Naomi e il suo ragazzo scomparvero abbandonando Sylvia e me nel parco". Senza parlare e di tanto in tanto scambiandosi occhiate, incapaci di comunicare in un giorno caldissimo tornano indietro, fino all'appartamento, e fanno l'amore tutto il pomeriggio. Michaels scrive: "Cominciò senza un inizio". Questo non inizio, voluto da entrambi, fu uno dei tanti motivi di lite nei quattro anni che seguirono. Per Sylvia: "tu avevi voluto troppo e io ti avevo dato troppo". Essendo una storia vera, delineata negli esiti tragici fin dal retrocopertina, cosa fa di questo libro un libro da leggere? La parte più dolorosa e riuscita, per me, sono le liti, un inventario minuzioso di situazioni incontrollabili. Questo è il cuore del libro. Leonard Michaels annota in un diario tutti i loro litigi non essendo in grado di ricordare come potessero scaturire tutte quelle scenate, non riesce a capire come si possa litigare con Sylvia per un nonnulla, e sempre in modo diverso. Tutto sembra offenderla. Ha perso i genitori da qualche anno, suo padre per un infarto e sua madre per un tumore e ha vissuto con gli zii. Sylvia Bloch è estremamente intelligente ed esasperatamente sensibile.
"A volte dopo una lite andavamo al cinema. Era come andare in chiesa. Entravamo con le altre persone. Raggiungevamo i nostri posti, ci sedevamo davanti alla luce e soccombevamo alla vasta comune fantasia. Ne uscivamo sentendoci affettuosi e buoni, con le nostre ferite rimarginate".
Usciva di notte fonda a cercare dei Tampax in farmacia perché Sylvia accusava dolori mestruali lancinanti, fino a quando una notte rincasando stanco, dopo averli cercati per diverse farmacie, trovò lei sorridente e capì che era una messinscena.
"Sylvia aveva bisogno di conforto, che il dolore fosse o meno reale era secondario. Era consapevole del proprio comportamento. Non voleva discuterne con uno psichiatra. Ciò che distingue certe persone è la conoscenza che hanno del loro teatro interiore".
Si sposarono nel 1963. Egli era fortemente esitante e quando provò a parlarne col padre questi lo interruppe bruscamente, "è orfana, non puoi abbandonarla".
Leonard Michaels non scrive 120 pagine cercando di giustificarsi o di appianare le cose, i fatti, i dolori; l'impressione che trasmette è che nessuno possa dire esattamente dove sta andando e come, anche avendo chiaro il quadro fin da subito. La citazione iniziale, alcuni versi di Adam Zagajevski, costituiscono una possibile chiave di lettura, la vita svela i suoi tratti solo nel ricordo, e quindi in fondo, nell'inesistenza.
April 17,2025
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Oh the chaos and of the 1960's.
Sylvia gives us a hint of the crazy side of the 1960's. The narrator throws himself into disastrous relationship and marriage to a woman by the name of "Sylvia."
As sympathetic as I might have felt for him, I also felt frustrated by his helplessness and his air of martyrdom.
A mix between Jane Eyre's Rochester's wife and American Pastoral's psychotic Merry, after awhile I couldn't help but get tired of reading about their endless fights.
However, as exhausting as it was just reading about the turmoil the narrator had to go through, the descriptions and Michaels' talent for writing ended up satisfying the need I felt for some good prose.
April 17,2025
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Libro angosciante e decisamente claustrofobico, narrato in prima persona Michaels racconta la vicenda del suicidio di sua moglie Sylvia Bloch. E' una spirale di dolore, follia, psicopatia, che travolge il lettore e lo condanna alla sofferenza di scoprire pagina dopo pagina come andrà a finire. Sylvia è pazza, paranoica e distrugge (oltre alla propria) la vita del suo uomo che comunque continua ad amarla disperatamente. Ma l'amore non è sempre sufficiente.
Leggendo questo libro a volte ho avuto l'istinto di scagliarlo lontano da me, per liberarmi dal senso di oppressione e tragedia che mi scaricava addosso. In alcune parti mi sono scoperta profondamente irritata dall'atteggiamento di Sylvia, per poi dovermi ricordare che era pazza, non semplicemente "antipatica". E' un libro difficile, per il dolore e il senso di impotenza che trasmette.
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