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April 17,2025
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A poor handyman, Yakov, tries to make his way in life outside his Jewish settlement. He is used as a scapegoat for murder in politically unstable times. Then he is mistreated in prison. As Yakov is being driven to the courthouse, through a mob, the books ends.

The Fixer is a well written account of an innocent Jewish man persecuted in early 20th-century Ukraine. Unpleasantly well crafted, the book ends abruptly with no closure whatsoever. Guessing from the tone of the book, it ends very badly, plain badly, or at the very best "return to your homes and pretend this never happened."

The Fixer is part of a class of work where one cannot easily say "I loved it." Loving well-described suffering and degradation is not an easy thing. It is like saying "Whenever I want to get the party going, I put on Tom Waits for dancing. Whenever I want to cheer myself up, I watch Berlin Alexanderplatz straight through all weekend long." These are excellent works, not for the feelings they bring, but for the reflection that they incite.
April 17,2025
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POGROM is the word which can give readers an idea of what this book is all about. This means a planned killing of large numbers of people, especially Jews, usually done for reasons of race or religion. In other words, it is synonymous with MASSACRE. The book, therefore, deals with anti-Semitism during Tsarist Russia beyond my knowledge of World History.

This book breaks my heart and makes me feel for the protagonist, Yakov Bok, a Jewish fixer by trade, who dreamed to make something of himself by moving to Kiev after he was ratted out on by his wife Raisl. He was accused of murdering a Christian boy during Passover. He was jailed without official charges and maltreated like an animal, as though I wanted to help him by telling the prejudiced people that he is downright innocent of the crime. In addition, reading right smack dab in the middle of the book makes me abandon myself to the antagonists: Their cruelty, ignorance, and irrationality make me abhor them,particularly the History of Anti-Semiticism. So I am like holding hopes against hopes for Yakov; then, I am kicked in the stomach when his hopes are dashed many times,and when he is almost mentally and physically tortured. Nevertheless, I am impressed by his survival instinct and dogged-determination not to confess to the crime he did not do in spite of repeated torture and degradation.Gee,this book turns out to be a page-turner; I cannot put it down, excited and apprehensive about what may become of the protagonist at the end. Had I not been busy these past few days, I could have finished it for one night.

I would say that this book is deserving of winning the Pulitzer-Prize and National Book Awards despite the fact that Bernard Malamud was said to have plagiarized the book from BEILI'S memoir, The Story of My Sufferings from which he drew inspiration. It is steeped in Spinoza's philosophy, existentialism, politics, and religion. At the end of the story, Yakov realized that a man is a political animal after all even if he had considered himself apolitical and a freethinker. Essentially, it deals with discrimination against Jews as well as their abject misery under pogrom period as what Bernard Malamud may have intended to tell the world since he was an American-Jewish writer. In fact, this book reminds me of notable novels written on passionate purpose by famous writers to make a big difference- Richard Wright’s NATIVE SON and UNCLE TOM'S CABIN by Harriet Beecher Stowe on Slavery;A PASSAGE TO INDIA by E. M. Forrester and NOLI ME TANGERE by Jose Rizal on Independence Movement and so on. So Bernard Malamud’s is on Anti-Semitism .These kinds of books, regardless of writing skills , that I find remarkable and that should be heralded as good and great books are deserving of 5 stars. So I wonder why this book is not included on the list of 1001 BEST NOVELS OF All TIME EVERYONE MUST READ by The Guardian.

Deeply impressed with Bernard Malamud , I can’t help reading his another notable book, THE ASSISTANT, hailed by TIME as one of the 100 best novels of all time since 1924. ^^
April 17,2025
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داستان کتاب درباره شخصیتی به اسم یاکوف بیک یهودی ساکن اسکان شهری یهود نشین در روسیه است یاکوف یک تعمیر کار بود و برای گذران زندگی کوچ میکنه به شهری دیگه و در طی اتفاقاتی در منطقه ای که یهود‌ی‌ها حق ورود ندارند، با یک اسم مستعار مسیحی مشغول به کار میشه. چندین ماه بدین صورت میگذره تا روزی خبر میرسه که کودکی ۱۰-۱۲ ساله بر اثر ضرب چاقو به قتل رسیده و جنازه‌ش در غاری پیدا شده و این قتل بر گردن یاکوف بک میفته.
یاکوف دو سال در زندان سپری میکنه و مقامات از اون میخوان که اعتراف کنه اما ياكوف تنها میگه من قتلی مرتکب نشدم و جز یهودی بودن گناه دیگری ندارم در کل نویسنده درخلال متن به مفاهیمی اشاره میکنه که در دنیای امروز نظیرش رو خیل میبینیم دین ستیزی قومیت ستیزی برتری یکی بر دیگری در محدودیت بودن برخی قومیت و در مسند قدرت بودن برخی دیگرو... همه اینها برای همه افراد در همه دورانها قابل لمس هستند.
April 17,2025
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Brevi appunti su un libro bellissimo.

Malamud inizia il romanzo con una sordina che gli impedisce quasi di parlare. Tranne qualche sferzata brusca, attraverso le quali si snoda la vicenda, il tutto è stretto dentro un rivolo leggerissimo d'acqua. Un rischio gigantesco.
Ma si percepisce che, nonostante la sordina, la melodia che suona in fondo è qualcosa di struggente bellezza.

Le 400 pagine del romanzo viaggiano attraverso tre anni di vita, conducendoti nelle storture dell'umano, nella capacità di crearsi un nemico e nella cocciutagine del protagonista, Yakov Bok, di volere giustizia. La sua giustizia.
Yakov Bok, pover'uomo tuttofare della campagna russa, che si trasferisce per cercare fortuna a Kiev, viene accusato di un delitto atroce. Egli è innocente, ma è il bersaglio giusto per chi ha bisogno di nemici.
Yakov, nonostante le sue umili condizioni, leggeva e studiava. Ha avvicinato il pensiero di Baruch Spinoza, di cui parla alcune volte nel libro, e ne ha assorbito tutta la forza. Yakov è un po' un altro Spinoza: odiato e maledetto, senza aver fatto del male a nessuno.

Questo romanzo è un cazzotto in pancia, tra sofferenza e speranza che si spegne, Malamud è capace di coinvolgerci nel dolore di Yakov e nella follia umana dei suoi carcerieri.

Aggiornamento Ottobre 2015

Su questo libro ho scritto anche un articoletto per raccontare il lato filosofico ed il ruolo di Baruch Spinoza nella trama. Lo trovate qui: http://www.ritirifilosofici.it/?p=4351
April 17,2025
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Tremenda lectura.
La historia sobre el sufrimiento de un hombre que representa el de muchos.
La injusticia terrible a un pueblo, la impotencia ante la mentira, y a pesar de todo, la manera de alcanzar la propia libertad.
Super doloroso y crudo, super bien escrito y real.
Tremendísima lectura.
April 17,2025
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La maturazione politica di Yakov Bok, il riparatore

Dopo Morris Bober, il piccolo commerciante ebreo protagonista de Il commesso, incontrato oltre quattro anni fa, un altro antieroe di Bernard Malamud si è aggiunto alla mia personale galleria di personaggi di romanzo: il tuttofare Yakov Bok, le cui drammatiche vicende sono narrate ne L’uomo di Kiev, romanzo che l’autore statunitense pubblicò nel 1966 e per il quale vinse l’anno successivo il premio Pulitzer per la narrativa.
Come già accaduto, sono innanzitutto costretto a criticare la traduzione italiana del titolo. Non solo L’uomo di Kiev è a mio avviso un titolo brutto nella sua anodina ordinarietà, ma tradisce in qualche modo lo spirito della scrittura di Malamud, che indubbiamente si rifà ad una sorta di neonaturalismo tardonovecentesco. Questo tratto distintivo della narrativa dello scrittore statunitense si esprime anche nei titoli che attribuisce ai suoi romanzi: The Natural, The Assistant, The Tenants, The People sono tutti titoli minimali, che segnalano immediatamente il realismo delle storie narrate e l’atteggiamento distaccato che l’autore mantiene nei loro confronti e dei personaggi che vi compaiono. Pienamente coerente con questo marchio di fabbrica dell’autore è anche il titolo originale di questo romanzo, The Fixer. Oggettivamente questo sostantivo non è agevolmente ed univocamente traducibile nella nostra lingua: Fixer è infatti colui che ripara, che risolve un problema, oltre che il faccendiere. Il titolo originale si riferisce quindi direttamente alla professione di tuttofare di Yakov Bok, che con la sua borsa di attrezzi ”aggiusta la roba rotta... tutto fuorché il cuore” nello shtetl in cui vive, come dice lui stesso; ma lo stesso titolo si riferisce indirettamente anche alla sua vicenda e al comportamento da lui tenutovi, che contribuirà ad aggiustare una frattura della società russa di inizio novecento. Tutto questo si perde nella farlocca traduzione del titolo originale, che a mio avviso avrebbe potuto essere tranquillamente reso ne Il riparatore o in un termine analogo sul quale gli editor di Einaudi avrebbero potuto strizzarsi meglio le meningi. In compenso devo dire che la copertina di questa edizione, risalente al 1997, è davvero splendida e degna della migliore tradizione minimalista della casa editrice, che peraltro non ritiene più di proporre romanzi di Malamud nel suo catalogo.
L’uomo di Kiev e l’ultimo romanzo di Malamud, God’ Grace sono in qualche modo atipici nella sua produzione letteraria, essendo i soli non ambientati nella contemporaneità dell’autore: mentre però quest’ultimo è un romanzo distopico inerente la distruzione dell’umanità da parte di Dio, L’uomo di Kiev è ambientato in Ucraina, allora parte dell’impero russo, negli anni compresi tra il 1911 e il 1913.
Nella Russia zarista ormai morente, che ha già subito il tremendo colpo della sconfitta nella guerra con il Giappone e la prima rivoluzione del 1905-1907, l’antisemitismo è una potente valvola di sfogo per il potere costituito, soprattutto nelle provincie occidentali ucraine, bielorusse, polacche, bessarabiche e baltiche, dove la presenza degli ebrei è massiccia, essendo le uniche nelle quali è loro consentito risiedere in permanenza (la cosiddetta Zona di residenza). Come accadrà solo qualche decennio dopo nella Germania nazista, agli ebrei vengono addossate le cause di una profonda crisi sociale ed economica, che porterà comunque in pochi anni alla fine dell’impero e alla gloriosa rivoluzione d’ottobre.
L’antisemitismo in Russia (come in molte altre parti d’Europa) aveva comunque radici profonde: in particolare in Ucraina i pogrom si susseguirono dall’inizio del XIX secolo sino alla guerra civile del 1918-1921, quando le armate bianche e i nazionalisti ucraini massacrarono tra i 50.000 e i 200.000 ebrei (fonte: Wikipedia), per poi riprendere industrialmente durante l’occupazione nazista del 1941-1944, con l’attiva partecipazione dei collaborazionisti dell’OUN, guidati da Stepan Bandera: è stato calcolato che in quel periodo siano stati sterminati circa 1.6 milioni di ebrei ucraini (fonte: Wikipedia).
Malamud, figlio di ebrei russi immigrati negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo, era sicuramente molto interessato alle tragiche vicende della comunità ebraica delle sue terre ancestrali, e per raccontarle riprende e rielabora una piccola storia di ordinario antisemitismo ucraino di inizio secolo, che tuttavia aveva avuto una grande risonanza nell’opinione pubblica europea dell’epoca e il cui protagonista aveva narrato nel 1925 in un volume autobiografico.
Nel marzo del 1911 venne ritrovato, in una grotta nei pressi di una fabbrica di mattoni di Kiev, il corpo martoriato con pugnalate di un ragazzo di tredici anni, Andrij Yushchinsʹkij, scomparso qualche giorno prima al ritorno dalla scuola. Poco dopo viene arrestato il soprintendente della fabbrica, Menahem Mendel Beilis, ebreo trentasettenne sposato e padre di cinque figli: l’accusa è di omicidio rituale al fine di utilizzare il sangue della vittima durante cerimonie magico-religiose (accusa del sangue, uno degli archetipi antisemiti). Viene orchestrata, da parte di organizzazioni antisemitiche ucraine, una violenta campagna contro gli ebrei, ed anche lo zar Nicola II strumentalizza il caso a fini politici: l’antisemitismo è infatti visto dai sostenitori dell’assolutismo zarista come un pilastro del potere imperiale, a fronte dei timidi tentativi di riforma sociale ed economica caldeggiati dalle forze progressiste della Duma, il parlamento concesso dallo Zar con il Manifesto di ottobre del 1905.
La giustizia che si occupa del caso mobilita esperti in ebraismo, laici e religiosi, per dimostrare che le ferite trovate sul corpo del ragazzo sono state inferte secondo un rituale preciso, al fine di raccoglierne il sangue usato per preparare i matzi. Vengono reperiti compiacenti testimoni d’accusa e i fatti vengono manipolati al fine di fabbricare prove della colpevolezza di Beilis. L’investigatore della polizia di Kiev Nikolai Krasovskij sostiene l’innocenza di Beilis e l’inconsistenza delle prove raccolte, individuando i veri autori del delitto, maturato per sordide ragioni di carattere familiare; viene licenziato e quindi accusato di malversazione. Vi è anche una parte dell’opinione pubblica, guidata da intellettuali come Maxim Gorkij e Alexander Kuprin, che si mobilita a favore di Beilis, il quale tra l’altro è indifferente rispetto alla religione ebraica. Beilis resta in carcere in attesa di processo per oltre due anni, sottoposto a continue pressioni e condizioni durissime perché confessi: gli viene anche promessa la libertà a fronte della sottoscrizione di un atto di accusa nei confronti di altri ebrei. Quando finalmente nell’autunno del 1913 si celebra il processo, il castello di accuse cade miserevolmente e Beilis, assistito da alcuni fra i più capaci avvocati russi, viene assolto da una giuria composta in buona parte da antisemiti. In seguito emigrerà negli Stati Uniti e pubblicherà come detto le sue memorie, sotto il titolo The Story of My Sufferings; morirà a New York nel 1934.
Il romanzo di Malamud è molto aderente alla vicenda realmente accaduta, ed in alcuni passaggi anche al libro di Beilis, tanto che l’autore statunitense è stato talvolta accusato di plagio. Tuttavia egli introduce numerose varianti - oltre a cambiare i nomi dei protagonisti – alcune delle quali hanno un preciso significato nella poetica di Malamud e nell’economia teorica del romanzo, mentre altre sono probabilmente funzionali a rendere più letterarie le vicende narrate.
I cambiamenti più importanti riguardano la figura stessa del protagonista. Yakov Bok è infatti sostanzialmente diverso da Menahem Mendel Beilis sotto molti aspetti. È infatti nato e vissuto, sino a pochi mesi dall’inizio della sua vicenda giudiziaria, in un piccolo shtetl ad una cinquantina di chilometri da Kiev, ed è come detto un riparatore, un tuttofare. Nei primi capitoli del romanzo si apprende che è rimasto orfano in tenera età, crescendo negli orfanotrofi, e che ha quindi sposato, un po’ di malavoglia, Raisl, la figlia di un venditore ambulante del posto. Dopo alcuni anni di matrimonio senza avergli dato figli, il che aveva fatto cessare l’interesse sessuale del marito, Raisl da pochi mesi se ne è andata con un altro, chissà dove. È essenzialmente per questo che Yakov lascerà lo shtetl per vedere il mondo e tentare la fortuna a Kiev, la grande città.
Yakov è sicuramente un personaggio più marginale e sfigato rispetto al più borghese reale protagonista della vicenda, e questo fatto costituì tra l’altro l’oggetto di una querelle tra Malamud e il figlio di Beilis, dopo l’uscita del romanzo. All’inizio del romanzo è un perfetto personaggio di Malamud, un vinto dalla vita che però va in cerca del suo riscatto, anche perché dotato di una sua personale filosofia. Ha infatti letto, un po’ per caso, alcune pagine scelte di Spinoza, che lo hanno affascinato e tramite le quali è giunto ad una concezione del mondo di fatto materialista, che rifiuta il concetto di provvidenza e declina l’immanenza divina in indifferenza. Nelle prime pagine del libro, discutendo con il suocero, che lo invita a confidare in Dio, afferma: ”Viviamo in un mondo dove gli orologi corrono, mentre Dio se ne sta sulla sua montagna, fuori dal tempo, a fissare lo spazio. Dio non ci vede e se ne infischia, di noi. Io lo voglio oggi, il mio pezzo di pane, non in paradiso”. Più volte il pensiero di Spinoza, interpretato praticamente da Bok, ritorna nel romanzo: le tematiche legate al rapporto tra Necessità e Libertà, compresa la libertà politica, sono al centro del primo colloquio tra Bok e l’investigatore Bibikov (nome dato dallo scrittore a Krasovskij), mentre l’immanenza e l’indifferenza di Dio sono sviluppate nel lungo colloquio che in prigione il protagonista ha ancora una volta con il devoto suocero. Yakov Bok non è socialista, non è interessato alla politica, ma cerca in Spinoza la via per la sua libertà, che all’inizio del libro coincide semplicemente con il cercare fortuna in città per sfuggire alla miseria, materiale e morale, dello sthetl. Sarà l’incontro tragico con il Potere assoluto, in grado di schiacciarlo senza una ragione se non quella della propria perpetuazione, a rendergli chiara la valenza politica del pensiero del filosofo fiammingo, come già gli aveva suggerito Bibikov. Un episodio centrale e molto spinoziano del romanzo è infatti la fondamentale scelta fatta da Yakov Bok (che fu anche di Beilis) di non sottoscrivere un atto di accusa verso gli ebrei in cambio della libertà: Yakov capisce chiaramente che quella che gli viene offerta non è una vera libertà, e che questa consiste invece nella necessità di continuare a lottare e soffrire in galera finché non gli venga concesso un processo, nel corso del quale far emergere la sua innocenza.
Malamud veste quindi la figura di Yakov di una complessità di pensiero che lo proietta al di là della vicenda di cui è protagonista, contribuendo a fare di quest’ultima non solo una sorta di epitome della persecuzione degli ebrei nei secoli, ma anche il racconto dell’evoluzione, oserei dire della presa di coscienza di Yakov della necessità tutta politica della lotta contro il potere che lo vuole schiacciare, e attraverso di lui schiacciare un’intera comunità. Un elemento fortemente scenografico del romanzo è infatti il bel finale, nel quale significativamente la vicenda giudiziaria di Yakov non giunge alla conclusione (il libro si chiude mentre su un carro blindato accompagnato da cosacchi a cavallo viene portato in tribunale) ma arriva a compimento proprio la sua presa di coscienza. In quest’ultimo capitolo, che assume non pochi connotati di carattere onirico, Yakov ha tra l’altro un immaginario colloquio con lo Zar, che cerca retoricamente di accreditarsi come padre di famiglia, che ha commesso errori ma ama il suo popolo. Yakov gli risponde duramente, sentendolo ormai come un nemico di classe, garante della somma ingiustizia che regna in Russia, e (immaginariamente) lo uccide, commentando, in un momento in cui la prosa piana di Malamud assume improvvisamente un tono quasi enfatico: ”Una cosa ho imparato […] non esiste, un uomo non politico, specialmente un ebreo. Non puoi esser l’uno senza esser l’altro, è chiaro. Non puoi assistere con le mani in mano alla tua distruzione. […] Dove non c’è lotta per la libertà, non c’è libertà. Cosa dice Spinoza? Se lo stato agisce in maniera incompatibile con la natura umana, il male minore è distruggerlo. Morte agli antisemiti! Viva la rivoluzione! Viva la libertà!” Il libro si conclude qui: chi non conosce la vicenda di Menahem Mendel Beilis non saprà come sia andato il processo, ma questo non è importante, perché la maturazione politica di Yakov Bok, ormai simbolo dell’oppressione degli ebrei (e non solo di questi) è compiuta, e The Fixer sa che ha contribuito a riparare la società in cui vive; questa maturazione non potrà tra l’altro che portare necessariamente alla sua assoluzione.
In definitiva questo notevole romanzo mi ha portato a mutare il mio giudizio sulla poetica di Malamud, che avevo associato all’ideale dell’ostrica di verghiana memoria; Yakov Bok non si attacca al suo scoglio, come aveva fatto Morris Bober, anzi: nel finale sembra guidare la Russia verso la rivoluzione. Forse i 9 anni che intercorrono tra The Assistant e The Fixer, anni decisivi del secondo dopoguerra, gli avevano fatto cambiare prospettiva.
Resta da chiedersi: perché Malamud ha ambientato una storia di persecuzione degli ebrei nella Russia zarista piuttosto che al tempo della Shoah? Tante possono essere le cause: necessità di originalità, rifarsi ad una storia vera, allontanare la vicenda dalla quasi attualità che nel 1966 si sentiva indubbiamente ancora e quindi fornirle una prospettiva ad un tempo più storica ed archetipica; ma forse – mi piace pensare – in quel Viva la rivoluzione! finale c’è anche l’ammirazione per come pochi anni dopo il popolo russo avrebbe saputo sbarazzarsi del potere autocratico dello zar.
Chiudo con una curiosità. Spesso, negli USA, il caso di Menahem Mendel Beilis viene associato a quello di Leo Frank, un agiato ebreo che nel 1913 fu accusato dello stupro e dell’assassinio della tredicenne Mary Phagan, operaia nella fabbrica di cui Frank era direttore. Anche questo caso divenne mediatico, con una buona parte della stampa locale su posizioni antisemite. Frank fu condannato a morte in un processo che molti definirono una farsa, e quando due anni dopo la sentenza fu tramutata in ergastolo, venne rapito dal carcere e linciato da un gruppo di cittadini, tra cui politici locali. Ma questa storia è avvenuta nella più grande democrazia del mondo, per cui non può recare scandalo.

P.S. Mi accorgo che in queste pagine ho parlato male della storia dell’Ucraina e di uno dei suoi eroi di oggi, Stepan Bandera. Spero che aver parlato altrettanto male della Russia zarista mi eviti l’accusa di putinismo, anche se la mia ammirazione per la rivoluzione d’ottobre porta a qualche sospetto di russofilia. Di una cosa però sono certo: non avrò l’onore di finire sulle liste di proscrizione stilate dai Servizi che il Corriere della Sera si incarica di pubblicare, in quanto i miei scritti non interessano a nessuno. E di questo mi dispiaccio un po’.
April 17,2025
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Bernard Malamud's Pulitzer Prize- and National Book Award-winner is a nightmare rendered masterfully as art. Yakov Bok's story is that of human dignity, and the search thereof even in the most indignant of circumstances. According to Yakov, if he has a philosophy, it's that things in this world can be better.

And this perhaps is the book's greatest legacy. In the insightful foreword by Jonathan Safran Foer, he says that the world is the broken thing and that everyone can be its fixer. And though good books tell us what is wrong with the world, only great books -- like The Fixer, compel us to do something about it.
April 17,2025
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Llegué a Malamud a través de su alumno más aventajado como creo nos ocurrió a muchos, el alumno es nada menos que Philip Roth.
Toca el tema judío con una maestría inigualable, en este libro se siente una sensación de opresión desde el primer momento al estilo Dostoiesvki raramente adictiva. La historia es muy buena.
April 17,2025
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GOING BEYOND THE PALE

I first read Bernard Malamud's "The Fixer", which I picked up for the now unimaginable sum of ten pence in a charity shop, over a dozen years ago. It struck me at that time as a powerful and even important work. Reading it again so many years later I wondered how it would hold up.

Yakov Bok, the Fixer of the title, is a free-thinking Jew whose trade is that of a handyman from the Pale in the Ukraine (where Jews are legally allowed to reside) in the last years of the Tsarist regime not long after the disastrous war that Russia lost against Japan, the aborted revolution that followed that defeat and the pogroms that diverted the Russian people down channels that were more acceptable to the Russian state.

Life is not going well for Bok, his wife has ran away with a Goy and work is hard to find within the Pale. He eventually bites the bullet, sells up and decides to move to nearby Kiev to look for a chance to improve his situation, perhaps to earn enough and emigrate from Russia. After a period of hardship in Kiev Bok hits on some "luck" and gains the patronage of a Russian gentleman, some well paid employment before eventually being offered the position of foreman at the Russian's Brick-factory. Everything is going well, except the Russian is a member of the anti-Semitic Black Hundreds who doesn't know that Bok is of Jewish extraction. The factory is also sited in an area of Kiev that is out of bounds to Jews. When a twelve year old Christian boy is "ritually" murdered not far from the factory, a worker who Bok had previously caught thieving and who suspects that he is Jewish raises suspicions about him with the Police. Bok is arrested, his identity as a Jew is quickly ascertained and he becomes the number one suspect for the murder of the boy. The world that then envelops him makes Josef K's experience in "The Trial" seem like a holiday.

"The Fixer" is an extraordinary work of literature, written for the most part in an understated manner that never the less contains some extremely powerful writing. Bok, as a character comes alive for the reader with great vividness without him being portrayed simply as a victim. Essentially a realistic novel, it does contain passages of almost hallucinatory terror that stick in the readers mind long after it is finished, though on occasions during the middle section I felt this was perhaps overdone, devaluing to an extent the otherwise impeccable realism that is the "The Fixers" major strength. The book appears (and my knowledge of Tsarist Russia before the 1917 revolution is far from encyclopedic) to have a firm rooting in historical experience, and conveys with regard to the Russian characters a sense of the divisions and clashes between an authoritarian establishment and some of the liberal groups and personalities of the time. It's disappointing that this book isn't better known and I thoroughly recommend it to anyone who has time for writing that makes them both think and feel.
April 17,2025
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Bernard Malamud's, Pulitzer Prize winning novel, "The Fixer" is a powerful, harrowing book and like any great piece of literature, it extends beyond its characters and setting and into the future and back into the past and forever remains relevant. Published in 1966, it takes place in Tsarist Russia between 1905-1908 when a wave of anti-Semitism swept across the country and the annexed country of Ukraine.

The story is about a peasant, Yakow Bok - The Fixer, who is wrongly accused of a crime simply because he was born Jewish. He is imprisoned and during his unlawful internment, he becomes an unknown symbol of all that is unjust and wrong with Russia, its penal system, its form of government, and the propaganda it spews out in an effort to simply deflect from its shameless and corrupt behavior.

It is said, "That all it takes for evil to win, is for good men to do nothing" and this book is a glowing example of just that. I highly recommend.
April 17,2025
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تعمیرکار؛ روایتی از کابوس، در بطن جهان کافکایی

«همه‌ی آدم‌ها مجرم‌اند، مگر آن‌که خلافش ثابت شود!» این شاید تعریف دم‌دستی و کوتاهی از اصطلاحی معروف در دنیای معاصر باشد: «جهان کافکایی». اصطلاحی که بعد از رمان محاکمه اثر فرانتس کافکا بر سرزبان‌ها افتاد. برای ترسیم دنیایی که در آن، زیر پوشش نه‌چندان قطوری از تمدن و عدالت و برابری، بربریتی عمیق و توحشی لجام‌گسیخه پنهان است. قهرمان داستان ِ محاکمه “جوزف کا” صبحی مثل همیشه بیدار می‌شود، اما این‌بار در قالب متهمی که نه از اتهام خودش باخبر است و نه از وضعیت و روند دادرسی و محاکمه خودش و حتی نمی‌داند شاکی‌اش کیست! جهان کافکایی جهانی است که در آن نظم امور و روال طبیعی ناگهان به هم می‌ریزند و واقعیت شبیه یک ماهی در دریای تناقض و منطق‌گریزی محبوس می‌شود. چیزی که به نوعی متفاوت در آثار میلان کوندرا نمایان می‌شود. کوندرا تمرکز چنین جهانی را روی روابط انسانی می‌گذارد، و کافکا آن را در بطن ساختار دنیای مدرن نشان می‌دهد.

رمان خواندن گاهی شبیه به بوییدن عطری خاص، یا دیدن صحنه‌ای عجیب است که حافظه آدم را فعال می‌کند. من با تعمیرکار ِ مالامود به تجربه‌ی جهان کافکایی خودم رفتم. به حوالی سال ۱۳۸۰. به کلوپ دوستم نجف. به تابستانی که نجف به خاطر کاری پاره‌وقتی که گرفته بود، دنبال کسی برای کار در کلوپ می‌گشت و من از خداخواسته آن‌جا مشغول شدم. کار در فصل مدرسه پس از نیمه‌کاره ول‌کردن دوره پیش‌دانشگاهی‌ام ادامه پیدا کرده بود. کابوس کافکایی من به صبحی ابری از فصل پاییز می‌رسد. به پسری به نام جواد که به شدت سرخ و سفید می‌شد و کاملا کم‌حرف و تودار بود. به دوست صمیمی موبور اما به شدت خوش‌کلام و مودب‌اش. به کاپشن خلبانی و شلوار شش‌جیب جفت‌شان که لباس فرم جاهل‌ها و جوجه لات‌های آن‌دوران بود. به همکلاسی‌شان امیر که آن روز صبح هی اصرار کرده بود که جواد باید بلند شود چون وقت بازی‌شان تمام است. به کله‌ی ناغافل جواد توی صورت امیر. به ظهر همان روز که امیر با چشمی کاملا کبود و نیمه بسته، همراه با برادر و مامور نیروی انتظامی برگشته بود. به من که چند دقیقه بعد توی پاسگاه به جرم مشارکت در ضرب و جرح امیر بازداشت بودم، در حالی‌که اصلا صحنه درگیری‌شان را ندیدم! به حرف‌های سراسر دروغ امیر در برگه شکایت: او(یعنی من) دست‌هایم را از پشت گرفته بود و جواد مرا می‌زد! به برادر امیر که صاف توی چشمانم گفته بود که می‌داند کار من نیست، ولی باید آدرس جواد را بدهم. به التماس‌ها و قسم‌های من به تک‌تک مقدسات که از جواد فقط اسم کوچک‌اش را می‌دانم و محل تحصیلش که هنرستان روبروی کلوپ بود. به لحن تنفرآمیر برادرش که: دیگه اینش به ما ربطی نداره، مشکل خودته!


برنارد مالامود (زاده ۲۶ آوریل ۱۹۱۴ – درگذشته ۱۸ مارس ۱۹۸۶)
با تعمیرکار ِ مالامود به عصر ابری غم‌انگیزی می‌روم که دستبند به دست راهی دادگاه مرکزی ارومیه(فلکه ایالت) شدم تا قاضی کشیک رای صادر کند. به همین سادگی! به همین سادگی پرت شدم توی جهانی کافکایی. عین جوزف کا. شبیه به یاکوف بُک (قهرمان رمان تعمیرکار). قاضی بی‌آن‌که سرش را از روی پرونده بلند کند، گفته بود اول باید ضارب را گیر بیاورید و یا این‌که شاکی رضایت دهد. و برادر امیر(که هنوز بعد از بیست سال چهره و صدا و لحن حرف زدن‌اش منبع تنفری عمیق در وجود من است) تکرار کرده بود: به ما ربطی نداره، مشکل خودته! نجف پروانه کسب گذاشته بود تا به قید ضمانت آن شب بازداشت نمانم. و هنوز و بعد از ۲۰ سال حس وحشتناکم موقع برگشت در ماشین پاسگاه، در حالی که به سربازی وظیفه دستبند خورده بودم، یادم است. به قطره‌های اشکی که بعد از ساعت‌ها استقامت در برابرشان پایین می‌ریختند و به دنیایی که بیرون شیشه ماشین، بی‌تفاوت به وضعیت مضحک ولی وحشتناکم کارش را ادامه می‌داد. به چند روز برزخی و وحشتناکی که هیچ‌کس ندانست در درون من چه گذشت. به رفیق موبور و بامرام جواد که بعد از چند روز پیدایش کرده بود و برده بود از امیر دلجویی کند و رضایت بگیرد. و گرفته بود و ماجرا فیصله پیدا کرده بود. و من چند روزی مهمان جهانی کافکایی بودم!

برنارد مالامود جهان کافکایی را با سبک و سیاقی متفاوت، با چندصدایی کردن روایت، با درآمیختن وهم و واقعیت به هم و با غواصی کردن در عمق تجربه‌های وجودی اما وحشتناک متهمی بی‌گناه اما پُر از استقامت و سماجت به تصویر می‌کشد. یاکوف بُک(قهرمان داستان) کسی است شبیه به جوزف کا اما در روایتی دیگر. مردی است که صِرف یهودی‌زاده بودن‌اش و سکونت غیرقانونی و همراه با پنهان کردن هویت واقعی‌اش در محله‌ای که برای یهودی‌ها ممنوع است، جنایتی فجیع و وحشیانه را به پایش می‌نویسد. او که زندگی نکبت‌باری را سپری می‌کرد، به یک‌باره به شرایطی پرتاب می‌شود که بزرگ‌ترین خواسته و آرزویش بازگشتن به همان بدبختی و فلاکت سابق است. تجربه‌ی وجودی آدم‌هایی که به جهان کافکایی پرتاب شده‌اند(که نوشتم چطور تجربه‌اش کرده‌ام) اغلب یک چیز است: دلتنگی برای جریان ملال‌آور روزمرگی! برای چیزهایی که همیشه بوده‌اند و به‌یک‌باره در نبودشان ارج و ارزشی بی‌مثال پیدا می‌کنند.

مالامود در این کتاب مشغول خراشیدن لایه‌های تمدن و عدالت، و نشان دادن توحش و بربریت پنهان در لایه‌های زیرین آن است. مقدمه شیما الهی (مترجم اثر که هم در ابتدا و هم پس از اتمام کتاب، دوبار با لذت و دقت خواندم‌اش) با نقل قول جذابی از جاناتان سافران فوئر درباره فرق بین کتاب خوب و کتاب اعلا آغاز می‌شود. فوئر کتاب خوب را کتابی می‌داند که جامعه خواهان آن است، اما کتاب اعلا را کتابی می‌داند که جامعه لازم‌اش دارد. تعمیرکار احتمالا رمانی نباشد که خیلی‌ها خواهان آن باشد، اما ما(تبار بشری منظورم است) به شدت لازم‌اش داریم. چرا که کسی یا کسانی باید به انسان معاصر مدام چیزهایی را یادآوری کند. یادآوری کند که عدالت چقدر می‌تواند مفهومی شکننده و نارس باشد و چقدر در درون‌اش حفره و چاله است، حفره‌ها و چاله‌هایی که می‌توانند بی‌گناه‌های زیادی را در خودش دفن کند. که انسان چگونه می‌تواند به بهانه‌ی نژاد و مذهب و قومیت و ملیت، به گرگ هم‌نوع خودش تبدیل شود و دیگری ِ او مخصوصا اگر در اقلیت باشد، به موجودی بی‌قدر و منزلت . هنر و خاصه هنر والای رمان می‌تواند شبیه به زنگ خطر یا شیپور اخطار برای تبار انسان باشد. چیزی که پلشتی و کراهت را از زیر تلی از تظاهر به نوع‌دوستی بیرون کشیده و نشان‌مان دهد.

The Fixer by Bernard Malamud
تعمیرکار رمانی است تلخ و تاریک اما به شدت خواندنی و جذاب. روایتی که حجم قابل توجهی از آن در زندانی انفرادی و در انزوای دیوانه‌کننده محکومی بی‌گناه سپری می‌شود. در متنی که گاه رنگ هذیان و کابوسی در بیداری به خود می‌گیرد و مرز میان واقعیت و وهم در آن شکسته می‌شود. یاکوف بُک اقتباسی است از یک شخصیت واقعی به نام مناخیم مندل بلیس. یهودی نگون‌بختی که در اوایل قرن گذشته در کی‌یف اوکراین و تحت امپراطوری تزار، به جرم قتل آیینی پسربچه‌ای مسیحی به زندان می‌افتد و دو سال تمام منتظر کیفرخواست و محکامه خود می‌ماند. مالامود خواننده را به درون دنیای می‌کشد که در آن رنج پادشاهی می‌کند و عدالت مضحکه‌ای بیش نیست. شما با خواندن تعمیرکار شریک درد عمیق تنهایی متهمی بی‌گناه در شرایطی وحشتناک می‌شوید. تعمیرکار رمانی اگزیستانسیالیستی در جهانی کافکایی است. جهانی گرفتار در بروکراسی مزخرف. در بی‌معنایی هدف‌ها و تقدس وسیله‌ها. در قربانی کردن انسانی برای منظوری سیاسی. جهان تعمیرکار، جهانی است که در آن انسان متهم است و حتی فرصتی ندارد تا خلاف‌اش را ثابت کند! و یاکوف بُک قهرمانی است که رنج را معنای استقامت و پایداری خودش می‌کند و عذابی طولانی را به جان می‌خرد اما تسلیم نمی‌شود. جریان رمان همچنین جریان تحول شخصیت یاکوف در کوره رنج و عذاب است. و دست آخر انسانی می‌شود که می‌تواند در عالم اوهام و خیال برابر خصم غالب و قَدَرقدرت دوران‌(تزار روس) بایستد و تفنگی را به سمت قلب‌اش ماشه بچکاند. و دست آخر پیام نهایی قهرمان داستان: «هرجا که تلاشی برای رسیدن به آزادی نباشد، آزادی وجود ندارد.»

سعید صدقی – ۲۲ دی‌ماه ۹۹
SaeedSedghi.ir
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