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April 26,2025
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“Dick cercò di rilassarsi: la lotta sarebbe presto incominciata a casa e avrebbe forse dovuto vegliare a lungo ricomponendo l’universo per lei.”

È stato molte volte detto - e scritto certo in tutte le lingue - che l’amore dovrebbe essere una fusione tra due persone, una fusione fisica e mentale e spirituale che faccia di due esseri un essere solo.
“Tender is the night” viene a raccontarci quel che accade quando questo obiettivo è raggiunto, e le conclusioni che se ne traggono non sono felici neanche un po’. Non dico tragiche, perché c’è così poca tragedia nella vita di tutti i giorni che al massimo chiamiamo tragico il tragicomico. Conclusioni che lasciano l’amaro in bocca, piuttosto, e un senso diffuso di disagio e in un certo modo anche una diversa consapevolezza.
Io non sono mai stata davvero innamorata e quindi per me è difficile parlare di un libro come questo e capirlo in tutte le sue sfumature di sentimento. E se le considerazioni che faccio sembreranno un po’ ciniche e un po’ banali, vi chiedo scusa.
“Tender is the night” è un romanzo che sviluppa una pluralità di livelli di lettura. Possiamo leggerlo come un’analisi sociale e materiale di un certo periodo storico, l’indagine critica di una società di villeggianti spensierati e spiagge e soldi spesi con incoscienza, notti profumate e calici di champagne, il tutto avvolto da una cappa di decadenza e di struggimento, di segreti e convenzionalità. Possiamo leggerlo come la storia di un matrimonio senza lieto fine. Possiamo leggerlo come la fine di un matrimonio – dell’unione di due spiriti in uno – e una progressiva disgregazione, un trampolino di lancio verso una rinnovata individualità. Possiamo leggerlo come una presa di coscienza, un’emancipazione femminile. Possiamo leggerlo come il racconto di un’anima comprata e pervertita dal lusso. Ma se non riusciamo a leggere questi livelli tutti assieme, non riusciremo ad avere un disegno completo, non riusciremo compitamente a definirlo. E difatti “Tenera è la notte” sgambetta via da ogni tentativo di definizione.

Il livello che maggiormente ha attirato la mia attenzione è quello del rapporto tra Dick e Nicole, marito e moglie, lui bravo psichiatra di media estrazione, lei ricca paziente malata di schizofrenia, ora tornata a una vita “normale”. Seguiamo la loro storia tappa per tappa, dal tenero innamoramento in una clinica svizzera – e l’innamoramento è l’unica cosa davvero tenera che questo romanzo ci prometta – a una vita matrimoniale di alti e bassi, grandi slanci affettivi e improvvise ricadute, fino all’interruzione finale.
Nel loro stare insieme, fin dalle prime battute, Dick e Nicole commettono molti passi falsi. Una statuina di porcellana e il suo guardiano non potrebbero mai essere troppo felici assieme. Ed ecco Dick che vigila la sua statuina, badando bene che non caschi dalla mensola, e quando cade è lì tutto pronto a raccoglierla e a rimettere insieme i cocci con l’attacca-tutto, fiducioso che potrà incollarla per sempre e che il risultato finale non ne verrà mai pregiudicato. Ma anche stanco, a un certo punto, e sfiduciato che un padrone degenerato abbia posto quella statua su una mensola inclinata. Nicole è la statuina vezzosa, tutta contenta di essere protetta e raccolta dalle mani forti di Dick: si agghinda, si pavoneggia, si fida di lui, confida in lui ed è sempre certa che sarà lì per raccoglierla. Ma è una statuina, per l’appunto: non può pensare che i pensieri che Dick le presta, non brilla di luce propria se non è guardata, sarebbe incapace di badare a se stessa. Finge, talvolta, che ci riuscirebbe, ma ha troppe crepe per non cedere di nuovo.
Nel rapporto tra Dick e Nicole c’è tanto poco scambio quanto ce n’è tra il domestico e il suo pezzo di porcellana. Ma Dick e Nicole sono persone, e il loro rapporto non può restare così per sempre. Ed è così che certi ladri di sentimenti si intrufolano e forzano le serrature e infilano i grimaldelli un po’ qui e un po’ lì, cercando di separarli. Dick non riesce a reggere la parte dell’infermiera e si avvia verso un cammino di abbruttimento. Nicole, da parte sua, non ce la fa a restare una bambola, e cerca un suo cammino, cerca pensieri che siano suoi e sentimenti che siano suoi e si emancipa, si individua, guarisce. Più Nicole guarisce, più Dick si profonda, e sempre meno si immergono l’uno nell’altra. Quando riemergono, sono due persone separate, due persone prive di comunicazione. È la fine dell’uno e l’inizio dell’altra.

C’è una certa tristezza nel pensiero che tanto amore faccia male. Non si dovrebbe amare così: Nicole dovrebbe essere solo Nicole e Dick solo Dick e io solo io. Ogni tentativo di sovrapposizione è una perdita e una corruzione. E la profonda tristezza sta forse in questo, che l’amore ci promette un’identificazione a tempo indefinito, ci spinge a soffrire delle sofferenze dell’altro, ad amare quello che egli ama, e alla fine torna a dirci che era tutto uno scherzo: ma cosa fai? Ci hai creduto? Ma non lo sai che ti rovina la salute? E allora che dovremmo fare, non amare? O amare in modo diverso, amare in modo superficiale? Ecco, questo è il mio amore, quello è il tuo, teniamoli disgiunti e poi restituiamoceli quando ce ne siamo stancati.

Scott mise molto di sé e di sua moglie Zelda e dei piccoli avvenimenti di tutti i giorni in questo romanzo. Non tragici, come dicevo, ma tragicomici, per farci subodorare quel tanto di squallido e di farsesco hanno le nostre esistenze. Di Scott e di Zelda io so poco, quasi niente, se non qualche accenno crudele dalla penna di Hemingway. Mi aspettavo maggiore crudeltà in questo romanzo, più frecce scoccate, più ferite mortali, ma in fondo perché tradire la realtà per il romanzo? Nella realtà veniamo feriti per così piccole cose che quando le allestiamo per un romanzo paiono buffe e marginali. Ma così è la realtà. E noi non vorremo mica dipingere un mondo che non esiste?
Esista e non esista, il mondo dipinto da Scott è incantevole. Incantevole, generosa, gentile, evocativa la sua penna, poche parole, pochi tratti e tutto un disegno nella mente del lettore. Una grande abilità narrativa che la traduzione italiana a tratti imbruttisce e a tratti impreziosisce, ma senza che il lettore si senta davvero tradito.
Potrei dire molto altro, ma sarei di troppo. Concedete fiducia, pazienza, coccolate questo romanzo fino a farlo diventare una cosina indifesa e malleabile, e ne vedrete grandi cose. Grandi balsami versati sulle vostre piccole ferite, grandi come capocchie di spillo, e forse qualche insegnamento da trattenere.
April 26,2025
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This is my favorite Fitzgerald book. I read it back to back with This Side of Paradise last year, which was an interesting experiment. I had the young, beautiful, self-confident Fitzgerald and the Fitzgerald of post-Zelda's craziness, dark dark alcoholic Fitzgerald. Besides showing obviously how much his skills had improved, it showed the sheer range he was capable of as well. This is a dark, depressing novel. Loss, loneliness, isolation, desolation. It does not end well. But the sheer power of the prose, and just how completely lost everything is here can't fail to get to you. The story is so tight, well put together, flows along without a hitch. It sinks you slowly lower and lower and lower until you're hardly aware of just how dark of a place the novel has gone. And then all of a sudden things evaporate, and there you are. Just like Fitzgerald. Wandering off the last page.

Really. I recommend it to everyone. Do give it a try.
April 26,2025
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Reread after decades. Also reading my friend Chris Messenger's literary criticism of this book he calls a "masterpiece," in Tender Is the Night and F. Scott Fitzgerald's Sentimental Identities, Alabama UP, 2015, probably no longer in print. I will have more to say after I read Messenger's book, but I can say I liked it way better than I recall, a mix of romanticized ex-pat Europe, Scott and Zelda madness, alcoholism and infidelity. Sad book that in a way is like Gatsby part two, that same desire to get the girl and the American Dream but now Daisy is crazy and he is drunk and unproductive as a writer, mirroring his real life.

What I had forgotten is the romanticizing of female beauty, especially in the two central women, Nicole and Rosemary, and the romanticizing too of the male charm of Dr. Dick Diver, the psychoanalyst who finds it is easire to "be loved than love." There's some gorgeous writing he was able to finally produce after drunken mad failure after failure. It's a melancholy book.

I just looked at Hemingway's The Sun Also Rises again, another story of the "lost generation" of ex-pats, as Gertrude Stein identified them, wherein Bill goes fishing with mc Jake Barnes and his buddy Bill goes off on the whole drunken Pamplona crowd:

“You're an expatriate. You've lost touch with the soil. You get precious. Fake European standards have ruined you. You drink yourself to death. You become obsessed with sex. You spend all your time talking, not working. You are an expatriate, see? You hang around cafes.”

I thought this rang true with Tender is the Night, too.

The title of the book comes from John Keats's poem, "Ode to a Nightingale," which you can read here:

https://www.poetryfoundation.org/poem...

The epigraph is from the melancholy poem, which Fitzgerald loved:

"Already with thee! tender is the night,

But here there is no light,
Save what from heaven is with the breezes blown
Through verdurous glooms and winding mossy ways."

The essential meaning of the title is that the night is "tender," which means it is both vulnerable and nurturing. And night conceals where the light of day reveals. The characters in the novel are fragile people, needing the night to conceal their vulnerabilities. This is especially true for Nicole, damaged by her father's abuse, suffering from schizophrenia.
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