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April 26,2025
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i don't feel comfortable giving this a rating but the way that grief is described in these pages is so comforting and so gut-wrenching at the same time and, that being said, i think my soul has returned home. i believe there is no other talent that could ever achieve such a feat. thank you for this mrs didion.
April 26,2025
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“Il dolore risulta essere un posto che nessuno conosce finché non ci arriva.”

Come si può accettare la scomparsa improvvisa e istantanea della persona che per quarant’anni è stata il nostro riferimento costante? Non si può, eppure si deve. Prima o poi.
Questa è la situazione vissuta da Joan Didion quando il 30 dicembre 2003 suo marito John Dunne, seduto davanti a lei per cenare, si accasciò pesantemente sul pavimento e morì per un infarto.

“La vita cambia in fretta.
La vita cambia in un istante.
Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita.”

Queste le prime parole che Didion scriverà.
(“Per molto tempo non scrissi altro. La vita cambia in un istante. Un normale istante.”)
Ma proprio questa normalità le impedisce di accettare la straordinarietà dell’evento. A pensarci bene tutti nasciamo, viviamo, moriamo, non c’è niente di straordinario in questo. È la nostra pura e semplice condizione umana.
“Davanti a un disastro improvviso tutti noi finiamo per notare com’erano irrilevanti le circostanze in cui è successo l’impensabile, il terso cielo blu da cui è caduto l’aereo,[…] le altalene dove come sempre giocavano i bambini quando il serpente a sonagli è sbucato dall’edera.”
Eppure la morte è inaccettabile, continua e continuerà a esserlo.

Il pensiero magico è il tentativo di scongiurare la drammatica irreversibilità della morte, di allentare la morsa del dolore. “Il dolore arriva a ondate, parossismi, ansie improvvise che ti tagliano le gambe e ti accecano e cancellano la quotidianità della vita.”
Il pensiero magico è non buttare via le scarpe di John, perché gli serviranno quando tornerà a casa. Il pensiero magico è rimanere in una condizione di assurda fiducia che l’evento possa essere reversibile. È l’attesa insensata del ritorno.

Nel frattempo Joan affronta la malattia della figlia Quintana, ricoverata in ospedale in condizioni gravissime e per la quale deve prendere decisioni fondamentali. Insieme a John. John deve tornare indietro.
Didion sa che non può presentare al mondo una faccia coerente, sa che sta camminando sul ciglio, vivendo una doppiezza che soltanto più avanti potrà descrivere: schiettamente e lucidamente, come soltanto lei sa fare.
E questo libro ne è la testimonianza.
“Ti manca una persona e il mondo intero è vuoto” scrive Ariès nell’Uomo e la morte dal Medioevo a oggi, “Ma non si ha più il diritto di dirlo ad alta voce”.
Didion rivendica il diritto all’autocommiserazione, invece, perché il dolore ne ha urgente bisogno e tuttavia queste pagine ne sono radicalmente lontane, perché lucide, perché riflessive, perché essenziali. Ovvero pagine che descrivono nell’essenza ciò che siamo.

“Siamo esseri umani imperfetti, consapevoli di quella mortalità anche quando la respingiamo, traditi proprio dalla nostra complessità, e così schizzati che quando piangiamo chi abbiamo perduto piangiamo anche, nel bene nel male, noi stessi. Come eravamo. Come non siamo più. Come un giorno non saremo affatto.”
April 26,2025
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Talvolta, come scrisse Benjamin, l'atteggiamento di alcune persone che si aggirano per le pinacoteche rivela una malcelata delusione di trovarvi solo quadri. Con questo libro, sincero, disarmante, che non so come abbia fatto a scriverlo, mi è capitato esattamente il contrario: pensavo di trovarci solo l'elaborazione di un lutto, (ne ho trovati addirittura due, marito e figlia), il racconto di una serie di disgrazie, un'incolmabile tristezza, e invece c'è la fiamma che tiene vivi e i tentativi di rimanere a galla, la ricostruzione dopo le macerie, un certo godimento nel raccontare, che onora il marito e il suo mestiere di letterato. Socrate nel Fedone dice che una divinità avendo tentato un giorno di confondere il dolore con la voluttà, e non essendo riuscita, fece in modo che almeno in un punto aderissero insieme. Quella divinità in questo libro si chiama Joan Didion.
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