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Asciutto e penetrante, Coetzee racconta stralci della propria infanzia sudafricana. Lo fa scrivendo in terza persona, usando il tempo presente, ovvero il tempo antinarrativo per eccellenza (è una scelta frequente di Coetzee). Eppure il racconto c'è, l'ambiente fisico e umano pure. Ma l'autore non vi indulge, non è necessario.
Quel che conta è l'interiorità: i pensieri, le emozioni sempre trattenute, introiettate, l'esplorazione dei limiti, le considerazioni su se stesso e sul mondo, i legami familiari e le accese idiosincrasie. Esperienze radicali, che diventeranno fondamentali per la formazione successiva (ne vedremo gli esiti nel secondo libro autobiografico: Gioventù).
Una battaglia di resistenza, così appare la cruda esperienza della fanciullezza. Una cosa estremamente seria, in qualche modo definitiva, proprio perché definisce un carattere, descrive le linee di un destino.
Questo bambino taciturno, solitario, in competizione estrema col mondo che lo circonda e tende a plasmarlo secondo le proprie linee direttrici, questo bambino scontroso e determinato, intimamente refrattario alla compiacenza è l'immagine precisa dell'adulto, dello scrittore Coetzee, come (non) lo conosciamo: schivo e appartato. E infatti, lo scopriamo qui, "scrivere per lui non è come dispiegare le ali; al contrario, è come raggomitolarsi, farsi più piccolo e inoffensivo possibile".
Un libro intenso e vero, dove lo stile sorvegliatissimo sa raggiungere il perfetto equilibrio tra il sentimento di sé, l'interiorità assoluta, e il modo di darne conto a chi sta fuori.
Quel che conta è l'interiorità: i pensieri, le emozioni sempre trattenute, introiettate, l'esplorazione dei limiti, le considerazioni su se stesso e sul mondo, i legami familiari e le accese idiosincrasie. Esperienze radicali, che diventeranno fondamentali per la formazione successiva (ne vedremo gli esiti nel secondo libro autobiografico: Gioventù).
Una battaglia di resistenza, così appare la cruda esperienza della fanciullezza. Una cosa estremamente seria, in qualche modo definitiva, proprio perché definisce un carattere, descrive le linee di un destino.
Questo bambino taciturno, solitario, in competizione estrema col mondo che lo circonda e tende a plasmarlo secondo le proprie linee direttrici, questo bambino scontroso e determinato, intimamente refrattario alla compiacenza è l'immagine precisa dell'adulto, dello scrittore Coetzee, come (non) lo conosciamo: schivo e appartato. E infatti, lo scopriamo qui, "scrivere per lui non è come dispiegare le ali; al contrario, è come raggomitolarsi, farsi più piccolo e inoffensivo possibile".
Un libro intenso e vero, dove lo stile sorvegliatissimo sa raggiungere il perfetto equilibrio tra il sentimento di sé, l'interiorità assoluta, e il modo di darne conto a chi sta fuori.