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Grazie Mc. Ewan!! (ma grazie anche a Letizia Ciotti Miller, traduttrice spettacolare!)
Ci sono periodi, capitano a tutti, in cui prendiamo coscienza che “siamo per gli dei come mosche in mano ai monelli. Essi ci uccidono per divertimento.” Sono quei momenti in cui vedi attorno a te gli dei distribuire dolori e disgrazie senza equanimità, sempre a quelli, quelli che hai vicino, che conosci, e ti chiedi perchè sempre su di loro si accanisca il destino, e le prove più difficili e ingiuste. Ed è in momenti così che spesso mi rifugio in un romanzo, non uno di quelli che ti raccontano la realtà, no! quella la conosci già, la tocchi con mano ogni giorno. Un romanzo che ti porti via, lontano, almeno per un po'. E' così che ho cominciato questo Sabato, di Mc Ewan, sperando di partire dietro a lui, in una storia che mi aiutasse a prendere le distanze da una realtà fin troppo reale. L'incontro con la sua scrittura precisa, meticolosa, con l'uso perfetto della lingua, la capacità praticamente logorroica di descrivere il flusso di pensieri che accompagnano il protagonista per un giorno intero, un sabato appunto, mi è apparso di primo acchito molto simile ad una radiocronaca dell'indimenticabile Nicolò Carosio: talmente piena di parole da lasciarti senza fiato. Preciso, rapidissimo, perfetto come il taglio di un bisturi, ma altrettanto freddo, difficilmente empatico, raramente capace di emozionare. Poi, col passare delle pagine, mi sono accorta che Mc Ewan ce l'ha fatta: mi ha trascinato dietro ad Henry Perowne, neurochirurgo di fama, uno che ti apre il cranio come una scatoletta di Simmenthal, oh mamma!, uno che ti elimina con uno ZAC tumori piazzati nelle circonvoluzioni precentrali più impossibili, lasciandoti con una prognosi sicura al 100% (ma quando mai!), niente chemio, ne capelli persi, ne sterilità indotta dalle cure. Quasi quasi lo cerco Perowne, per fargli operare il figlio della mia amica che a 17 anni lotta contro un tumore di quelli...ma niente Perowne qui, nella realtà. Sì, grazie Mc Ewan, che con la famiglia Perowne, da far invidia a quella del Mulino Bianco, mi hai fatto sognare un mondo diverso, dove si vive in una casa di tre piani nel centro di Londra con tanto di biblioteca e serra, e si fanno le vacanze nel castello di famiglia in Francia, mentre da noi ci si dà fuoco per una casa di 60 mq. messa all'asta per un debito di 10.000 euro. Perwone, quarantenne sempre innamorato di sua moglie (ecco, questo proprio irreale!), lei avvocato di grido, capace di vincere cause in primo, secondo e terzo grado, mentre qui, nella realtà, dopo la Cassazione non puoi neanche sperare nella giustizia di Dio. Perowne e i suoi due figli magnifici, padre attento e partecipe di ogni loro successo, di ogni loro conquista, capace di preoccuparsi del senso di vulnerabilità che pervade le società occidentali subito dopo l'11 settembre. Perowne, che mentre si pone domande esistenziali sulla guerra e l'intervento contro Saddam in Irak, snobba la marcia per la pace di migliaia di manifestanti che sfilano sotto casa sua per andare a giocare una combattutissima partita a squash. Una favola magnifica, raccontata col ritmo rapido e ipnotico delle fiabe ascoltate da bambini, con il suo momento di suspance che vede minacciata la sua famiglia, fino a quel meraviglioso lieto fine (Dio! come adoro i lieti fine in periodi come questi) con Perowne calato nel ruolo di eroe omerico con tanto di pìetas, capace di soccorrere e perdonare il cattivo, vittima incolpevole della società e della natura beffarda. Grazie Mc Ewan, malgrado tutto ce l'hai fatta a portarmi via da questa quotidianità tragica e insopportabile, e a regalarmi una vita da sogno. Perché "la letteratura non deve rappresentare la realtà, ma quello che la realtà dovrebbe essere"
Per questo leggo. Quando la realtà è insopportabile leggo!
Ci sono periodi, capitano a tutti, in cui prendiamo coscienza che “siamo per gli dei come mosche in mano ai monelli. Essi ci uccidono per divertimento.” Sono quei momenti in cui vedi attorno a te gli dei distribuire dolori e disgrazie senza equanimità, sempre a quelli, quelli che hai vicino, che conosci, e ti chiedi perchè sempre su di loro si accanisca il destino, e le prove più difficili e ingiuste. Ed è in momenti così che spesso mi rifugio in un romanzo, non uno di quelli che ti raccontano la realtà, no! quella la conosci già, la tocchi con mano ogni giorno. Un romanzo che ti porti via, lontano, almeno per un po'. E' così che ho cominciato questo Sabato, di Mc Ewan, sperando di partire dietro a lui, in una storia che mi aiutasse a prendere le distanze da una realtà fin troppo reale. L'incontro con la sua scrittura precisa, meticolosa, con l'uso perfetto della lingua, la capacità praticamente logorroica di descrivere il flusso di pensieri che accompagnano il protagonista per un giorno intero, un sabato appunto, mi è apparso di primo acchito molto simile ad una radiocronaca dell'indimenticabile Nicolò Carosio: talmente piena di parole da lasciarti senza fiato. Preciso, rapidissimo, perfetto come il taglio di un bisturi, ma altrettanto freddo, difficilmente empatico, raramente capace di emozionare. Poi, col passare delle pagine, mi sono accorta che Mc Ewan ce l'ha fatta: mi ha trascinato dietro ad Henry Perowne, neurochirurgo di fama, uno che ti apre il cranio come una scatoletta di Simmenthal, oh mamma!, uno che ti elimina con uno ZAC tumori piazzati nelle circonvoluzioni precentrali più impossibili, lasciandoti con una prognosi sicura al 100% (ma quando mai!), niente chemio, ne capelli persi, ne sterilità indotta dalle cure. Quasi quasi lo cerco Perowne, per fargli operare il figlio della mia amica che a 17 anni lotta contro un tumore di quelli...ma niente Perowne qui, nella realtà. Sì, grazie Mc Ewan, che con la famiglia Perowne, da far invidia a quella del Mulino Bianco, mi hai fatto sognare un mondo diverso, dove si vive in una casa di tre piani nel centro di Londra con tanto di biblioteca e serra, e si fanno le vacanze nel castello di famiglia in Francia, mentre da noi ci si dà fuoco per una casa di 60 mq. messa all'asta per un debito di 10.000 euro. Perwone, quarantenne sempre innamorato di sua moglie (ecco, questo proprio irreale!), lei avvocato di grido, capace di vincere cause in primo, secondo e terzo grado, mentre qui, nella realtà, dopo la Cassazione non puoi neanche sperare nella giustizia di Dio. Perowne e i suoi due figli magnifici, padre attento e partecipe di ogni loro successo, di ogni loro conquista, capace di preoccuparsi del senso di vulnerabilità che pervade le società occidentali subito dopo l'11 settembre. Perowne, che mentre si pone domande esistenziali sulla guerra e l'intervento contro Saddam in Irak, snobba la marcia per la pace di migliaia di manifestanti che sfilano sotto casa sua per andare a giocare una combattutissima partita a squash. Una favola magnifica, raccontata col ritmo rapido e ipnotico delle fiabe ascoltate da bambini, con il suo momento di suspance che vede minacciata la sua famiglia, fino a quel meraviglioso lieto fine (Dio! come adoro i lieti fine in periodi come questi) con Perowne calato nel ruolo di eroe omerico con tanto di pìetas, capace di soccorrere e perdonare il cattivo, vittima incolpevole della società e della natura beffarda. Grazie Mc Ewan, malgrado tutto ce l'hai fatta a portarmi via da questa quotidianità tragica e insopportabile, e a regalarmi una vita da sogno. Perché "la letteratura non deve rappresentare la realtà, ma quello che la realtà dovrebbe essere"
Per questo leggo. Quando la realtà è insopportabile leggo!