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L'ultimo libro pubblicato in vita da Kurt Vonnegut nel 2005 è una raccolta di dodici brevi saggi apparsi sulla rivista “In These Times”, che affrontano temi di grande attualità, sulla società e sulla politica americana, sulla recente guerra in Iraq, sull'imperialismo del presidente George W. Bush e sul capitalismo spregiudicato delle multinazionali. Ma questi saggi sono, più ampiamente, delle acute riflessioni di un uomo che critica aspramente quegli Stati Uniti d'America che amava e che ora, alla fine della sua vita, non riconosce più come la sua patria. Questo è il punto di partenza per una serie di altre testimonianze sulle proprie esperienze di vita, dai ricordi di guerra agli episodi famigliari durante l'infanzia, dai numerosi lavori prima di diventare scrittore agli amici più o meno famosi, e di altre massime sulla propria visione del mondo.
Vonnegut scrive a tutto campo di politica, società, costumi, religione, storia, filosofia, letteratura, musica ed arte e, da umanista quale si definisce, mette sempre al centro delle sue attenzioni l'uomo, con i suoi pregi e i suoi difetti, mostrando un lieve pessimismo circa il disprezzo di quest'ultimo nei confronti dei propri simili e del pianeta Terra, ma portando ad esempio la sua ammirazione per i grandi uomini che hanno elevato il genere umano, da Gesù Cristo ad Abraham Lincoln, da Mark Twain ad Albert Einstein, da Ignaz Semmelweis a Saul Steinberg. Forse, la delusione e la mancanza di fiducia nei confronti degli esseri umani non è poi così irrimediabile. E neanche di fronte a queste ultime, Vonnegut abbandona la sua vis polemica.
Significative le battaglie per i diritti civili e per le cause pacifiste ed ecologiste portate avanti dalla sua penna. Spassosissime e brillanti le sue lezioni di scrittura creativa, in cui analizza gli schemi con cui vengono costruite le narrazioni delle opere più famose, da Cenerentola all'Amleto, ed il loro rispecchiarsi in quello schema enigmatico che è la nostra esistenza.
L'analisi lucida e la critica spietata di Vonnegut sono, in questi saggi, sempre accompagnate dall'ironia e dall'umorismo che hanno caratterizzato la sua penna nelle opere che lo hanno reso famoso in passato. I suoi consigli di vita sono gli stessi che può darci un anziano con mille storie da raccontare, un nonno saggio, spiritoso e un po' cinico, politicamente scorretto ma profondamente amorevole nei nostri confronti. Il suo concedersi a battute, spiritosaggini e parolacce abbatte la parete tra scrittore e lettore, il suo linguaggio diretto e immediato mostra tutta la sua sagacia e la sua verve, ma anche l'umiltà e la voglia di mettersi sullo stesso piano dell'uomo comune, di stare dalla parte degli ultimi.
Leggendo questa opera, che è un po' il testamento spirituale di Kurt Vonnegut, possiamo renderci conto di come, in questi ultimi anni, niente sia cambiato, e tutti questi inviti e moniti siano ancora validi ed attuali.
Preziosi gli aneddoti e le piccole storie che stanno dietro la carriera di questo grande scrittore. Sincere, dirette ed autentiche le risposte alle domande poste dai propri lettori. Divertenti e suggestive le illustrazioni, le autocitazioni, le massime, i piccoli componimenti poetici e le barzellette sparse qua e là nel testo. Eccone una selezione:
“Io ho assistito alla distruzione di Dresda. Ho visto la città com'era prima e poi sono uscito dal rifugio antiaereo e l'ho vista com'era dopo, e indubbiamente una delle reazioni è stata la risata. Lo sa Dio se la risata non è un modo in cui l'anima cerca un po' di sollievo. Qualunque argomento può essere fonte di risate, e immagino che si sentissero risate particolarmente spettrali perfino tra le vittime di Auschwitz. L'umorismo è una reazione quasi fisiologica alla paura” (pagina 10).
“Volevo che tutto sembrasse sensato, così che ognuno potesse essere felice, sì, anziché angosciato. E ho inventato bugie che si incastrassero per benino e ho reso un paradiso questo mondo meschino” (pagina 14).
“Socialismo non è una parola malvagia più di quanto non lo sia cristianesimo. Fra i dettami del socialismo non c'erano Stalin e la sua polizia segreta e la chiusura delle chiese, così come nei dettami del cristianesimo non c'era l'Inquisizione spagnola. In realtà, i dettami sia del socialismo che del cristianesimo contemplano la costruzione di una società fondata sull'idea che tutti gli uomini, le donne e i bambini sono creati uguali e non devono morire di fame” (pagina 18).
“L'arte non è un modo per guadagnarsi da vivere. Ma è un modo molto umano per rendere la vita più sopportabile” (pagina 27).
“Non per fare il guastafeste, ma la verità è questa: abbiamo sperperato le risorse del nostro pianeta, ivi comprese l'aria e l'acqua, senza minimamente preoccuparci del futuro, e ora un futuro non ci sarà” (pagina 45).
“Ma che senso ha la vita? Ho posto la mia domandona a mio figlio pediatra. Il dottor Vonnegut ha risposto così al suo vecchio padre tremebondo: Papà, siamo qui per darci una mano l'un l'altro ad affrontare questa cosa, qualunque senso abbia” (pagina 59).
“I nostri figli hanno ereditato tecnologie i cui effetti collaterali, sia in condizioni di pace che di guerra, stanno rapidamente distruggendo l'intero pianeta in quanto sistema capace di sostentare qualunque forma di vita grazie all'aria respirabile e alle risorse idriche. Gli esseri umani, di ieri e di oggi, hanno mandato questo posto a catafascio” (pagina 62).
“Secondo me alla gente non gliene frega un fico secco se il pianeta continua a esistere o meno. Mi sembra che oggi tutti quanti vivano come sono abituati a fare i membri degli Alcolisti Anonimi: giorno per giorno. Qualche altro giorno, e poi tanti saluti. Conosco pochissime persone che sognano un mondo da lasciare ai propri nipoti” (pagina 63).
“Noi umanisti cerchiamo di comportarci nella maniera più dignitosa, leale e onesta possibile, senza aspettarci nessuna ricompensa o punizione in una vita dopo la morte. Noi umanisti facciamo del nostro meglio per servire l'unico ente astratto che ci risulta davvero familiare, ossia la nostra comunità” (pagina 69).
“Cosa pensano gli umanisti di Gesù? Io, come tutti gli umanisti, di Gesù dico questo: Se le cose che ha detto sono giuste, e in buona parte anche bellissime, che differenza fa se era Dio oppure no? Ma se Cristo non avesse pronunciato il Discorso della Montagna, con il suo messaggio di misericordia e di pietà, io non vorrei essere un essere umano. Tanto varrebbe essere un serpente a sonagli” (pagina 70).
“Joe, un giovane di Pittsburgh, un giorno mi si è presentato con una semplice richiesta: Per favore, mi dica che prima o poi finirà tutto bene. Benvenuto sulla Terra, giovanotto, gli ho risposto io. Qui fa un caldo boia d'estate e un freddo cane d'inverno. È un pianeta rotondo, umido e affollato. Bene che vada, Joe, tu hai un centinaio di anni da vivere da queste parti. E di regola io ne conosco una sola: cazzo, Joe, bisogna essere buoni!” (pagina 90).
“Con i veleni derivati da tutta la baldoria termodinamica che andiamo facendo, fra l'energia atomica e i combustibili fossili, stiamo uccidendo questo pianeta capace di sostentare la vita, e tutti lo sanno, e in pratica tutti se ne fregano. Ecco a che stadio di follia siamo arrivati. Secondo me il sistema immunitario del pianeta sta cercando di sbarazzarci di noi a forza di AIDS e di nuovi ceppi di influenza e di tubercolosi e via dicendo. E secondo me il pianeta Terra farebbe bene a sbarazzarsi di noi. Siamo veramente animali mostruosi” (pagina 99).
“Ho scritto questo epitaffio: Qui giace la buona Terra – avremmo potuto salvarla, maledizione, ma siamo stati troppo avari e pigri” (pagina 100).
“La vita è un pessimo trattamento da infliggere a un animale” (pagina 101).
Vonnegut scrive a tutto campo di politica, società, costumi, religione, storia, filosofia, letteratura, musica ed arte e, da umanista quale si definisce, mette sempre al centro delle sue attenzioni l'uomo, con i suoi pregi e i suoi difetti, mostrando un lieve pessimismo circa il disprezzo di quest'ultimo nei confronti dei propri simili e del pianeta Terra, ma portando ad esempio la sua ammirazione per i grandi uomini che hanno elevato il genere umano, da Gesù Cristo ad Abraham Lincoln, da Mark Twain ad Albert Einstein, da Ignaz Semmelweis a Saul Steinberg. Forse, la delusione e la mancanza di fiducia nei confronti degli esseri umani non è poi così irrimediabile. E neanche di fronte a queste ultime, Vonnegut abbandona la sua vis polemica.
Significative le battaglie per i diritti civili e per le cause pacifiste ed ecologiste portate avanti dalla sua penna. Spassosissime e brillanti le sue lezioni di scrittura creativa, in cui analizza gli schemi con cui vengono costruite le narrazioni delle opere più famose, da Cenerentola all'Amleto, ed il loro rispecchiarsi in quello schema enigmatico che è la nostra esistenza.
L'analisi lucida e la critica spietata di Vonnegut sono, in questi saggi, sempre accompagnate dall'ironia e dall'umorismo che hanno caratterizzato la sua penna nelle opere che lo hanno reso famoso in passato. I suoi consigli di vita sono gli stessi che può darci un anziano con mille storie da raccontare, un nonno saggio, spiritoso e un po' cinico, politicamente scorretto ma profondamente amorevole nei nostri confronti. Il suo concedersi a battute, spiritosaggini e parolacce abbatte la parete tra scrittore e lettore, il suo linguaggio diretto e immediato mostra tutta la sua sagacia e la sua verve, ma anche l'umiltà e la voglia di mettersi sullo stesso piano dell'uomo comune, di stare dalla parte degli ultimi.
Leggendo questa opera, che è un po' il testamento spirituale di Kurt Vonnegut, possiamo renderci conto di come, in questi ultimi anni, niente sia cambiato, e tutti questi inviti e moniti siano ancora validi ed attuali.
Preziosi gli aneddoti e le piccole storie che stanno dietro la carriera di questo grande scrittore. Sincere, dirette ed autentiche le risposte alle domande poste dai propri lettori. Divertenti e suggestive le illustrazioni, le autocitazioni, le massime, i piccoli componimenti poetici e le barzellette sparse qua e là nel testo. Eccone una selezione:
“Io ho assistito alla distruzione di Dresda. Ho visto la città com'era prima e poi sono uscito dal rifugio antiaereo e l'ho vista com'era dopo, e indubbiamente una delle reazioni è stata la risata. Lo sa Dio se la risata non è un modo in cui l'anima cerca un po' di sollievo. Qualunque argomento può essere fonte di risate, e immagino che si sentissero risate particolarmente spettrali perfino tra le vittime di Auschwitz. L'umorismo è una reazione quasi fisiologica alla paura” (pagina 10).
“Volevo che tutto sembrasse sensato, così che ognuno potesse essere felice, sì, anziché angosciato. E ho inventato bugie che si incastrassero per benino e ho reso un paradiso questo mondo meschino” (pagina 14).
“Socialismo non è una parola malvagia più di quanto non lo sia cristianesimo. Fra i dettami del socialismo non c'erano Stalin e la sua polizia segreta e la chiusura delle chiese, così come nei dettami del cristianesimo non c'era l'Inquisizione spagnola. In realtà, i dettami sia del socialismo che del cristianesimo contemplano la costruzione di una società fondata sull'idea che tutti gli uomini, le donne e i bambini sono creati uguali e non devono morire di fame” (pagina 18).
“L'arte non è un modo per guadagnarsi da vivere. Ma è un modo molto umano per rendere la vita più sopportabile” (pagina 27).
“Non per fare il guastafeste, ma la verità è questa: abbiamo sperperato le risorse del nostro pianeta, ivi comprese l'aria e l'acqua, senza minimamente preoccuparci del futuro, e ora un futuro non ci sarà” (pagina 45).
“Ma che senso ha la vita? Ho posto la mia domandona a mio figlio pediatra. Il dottor Vonnegut ha risposto così al suo vecchio padre tremebondo: Papà, siamo qui per darci una mano l'un l'altro ad affrontare questa cosa, qualunque senso abbia” (pagina 59).
“I nostri figli hanno ereditato tecnologie i cui effetti collaterali, sia in condizioni di pace che di guerra, stanno rapidamente distruggendo l'intero pianeta in quanto sistema capace di sostentare qualunque forma di vita grazie all'aria respirabile e alle risorse idriche. Gli esseri umani, di ieri e di oggi, hanno mandato questo posto a catafascio” (pagina 62).
“Secondo me alla gente non gliene frega un fico secco se il pianeta continua a esistere o meno. Mi sembra che oggi tutti quanti vivano come sono abituati a fare i membri degli Alcolisti Anonimi: giorno per giorno. Qualche altro giorno, e poi tanti saluti. Conosco pochissime persone che sognano un mondo da lasciare ai propri nipoti” (pagina 63).
“Noi umanisti cerchiamo di comportarci nella maniera più dignitosa, leale e onesta possibile, senza aspettarci nessuna ricompensa o punizione in una vita dopo la morte. Noi umanisti facciamo del nostro meglio per servire l'unico ente astratto che ci risulta davvero familiare, ossia la nostra comunità” (pagina 69).
“Cosa pensano gli umanisti di Gesù? Io, come tutti gli umanisti, di Gesù dico questo: Se le cose che ha detto sono giuste, e in buona parte anche bellissime, che differenza fa se era Dio oppure no? Ma se Cristo non avesse pronunciato il Discorso della Montagna, con il suo messaggio di misericordia e di pietà, io non vorrei essere un essere umano. Tanto varrebbe essere un serpente a sonagli” (pagina 70).
“Joe, un giovane di Pittsburgh, un giorno mi si è presentato con una semplice richiesta: Per favore, mi dica che prima o poi finirà tutto bene. Benvenuto sulla Terra, giovanotto, gli ho risposto io. Qui fa un caldo boia d'estate e un freddo cane d'inverno. È un pianeta rotondo, umido e affollato. Bene che vada, Joe, tu hai un centinaio di anni da vivere da queste parti. E di regola io ne conosco una sola: cazzo, Joe, bisogna essere buoni!” (pagina 90).
“Con i veleni derivati da tutta la baldoria termodinamica che andiamo facendo, fra l'energia atomica e i combustibili fossili, stiamo uccidendo questo pianeta capace di sostentare la vita, e tutti lo sanno, e in pratica tutti se ne fregano. Ecco a che stadio di follia siamo arrivati. Secondo me il sistema immunitario del pianeta sta cercando di sbarazzarci di noi a forza di AIDS e di nuovi ceppi di influenza e di tubercolosi e via dicendo. E secondo me il pianeta Terra farebbe bene a sbarazzarsi di noi. Siamo veramente animali mostruosi” (pagina 99).
“Ho scritto questo epitaffio: Qui giace la buona Terra – avremmo potuto salvarla, maledizione, ma siamo stati troppo avari e pigri” (pagina 100).
“La vita è un pessimo trattamento da infliggere a un animale” (pagina 101).