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Per una volta cercherò di essere brevissimo.
Il mio terzo Hesse conferma quello che penso di questo autore, ovvero il suo non essere all'altezza di altri scrittori (Mann, Camus, Sartre, giusto per citarne qualcuno cronologicamente vicino) nel proporci romanzi in cui letteratura e filosofia dovrebbero proseguire di pari passo. Le idee di Hesse possono pur essere interessanti e i suoi libri, come questo "Narciso e Boccadoro", avvincenti e incalzanti, ma è la struttura dei suoi romanzi che non regge minimamente il peso della sua filosofia. Ne escono dei libricini, perdonatemi il diminutivo, in cui sembra di essere alle prese con dei racconti scialbi e di cui si capisce dove l'autore vuole andare a parare già dalle prime pagine. Mi direte che anche "Lo straniero" di Camus è così, e che similmente è per "La nausea" di Sartre, o per "La montagna incantata" di Mann. Può essere, ma il peso di questi ultimi tre volumi, sul piano strettamente letterario, è decisamente superiore a questo "Narciso e Boccadoro", e non di poco.
L'idea di Hesse di proporci il confronto fra due personaggi tanto differenti ma legati da una salda amicizia è un modello ampiamente utilizzato in letteratura, e farne il perno della sua filosofia una scelta troppo semplice. Se volessimo poi spogliare del lato prettamente filosofico questo libro, ci rimarrebbe poco più che l'avventura di un "libertino" che non fa altro che correr dietro alle donne. Più di metà libro si basa infatti su questo, ruotando incessantemente sulla figura di Boccadoro e del suo girovagare in cerca di compagnia per una notte. Rimane in ombra la figura, molto più interessante dal mio punto di vista, di Narciso, questo abate erudito che cresce al chiuso di un convento e vede dunque la sua vita non completamente compiuta. La filosofia di Hesse si basa sulla contrapposizione di questi due personaggi, e per "giustificare" questa filosofia fa compiere di tutto e di più a Boccadoro, fino ad un finale in cui fra pentimenti, ramanzine, sogni mai raggiunti e le difficoltà di una vita nella continua ricerca di sé Hesse ci fa la morale sui due modi di vita dei protagonisti. Di 400 pagine ne potremmo salvare un centinaio, praticamente l'inizio e la fine di questo libro: per il resto si tratta di un'inutile rimarcare l'essenza di personaggi già ben definiti in poche righe.
Eh, direte voi, a questo tipo gli hanno anche dato il nobel, magari sei tu che non capisci niente di letteratura. Può essere.
Il mio terzo Hesse conferma quello che penso di questo autore, ovvero il suo non essere all'altezza di altri scrittori (Mann, Camus, Sartre, giusto per citarne qualcuno cronologicamente vicino) nel proporci romanzi in cui letteratura e filosofia dovrebbero proseguire di pari passo. Le idee di Hesse possono pur essere interessanti e i suoi libri, come questo "Narciso e Boccadoro", avvincenti e incalzanti, ma è la struttura dei suoi romanzi che non regge minimamente il peso della sua filosofia. Ne escono dei libricini, perdonatemi il diminutivo, in cui sembra di essere alle prese con dei racconti scialbi e di cui si capisce dove l'autore vuole andare a parare già dalle prime pagine. Mi direte che anche "Lo straniero" di Camus è così, e che similmente è per "La nausea" di Sartre, o per "La montagna incantata" di Mann. Può essere, ma il peso di questi ultimi tre volumi, sul piano strettamente letterario, è decisamente superiore a questo "Narciso e Boccadoro", e non di poco.
L'idea di Hesse di proporci il confronto fra due personaggi tanto differenti ma legati da una salda amicizia è un modello ampiamente utilizzato in letteratura, e farne il perno della sua filosofia una scelta troppo semplice. Se volessimo poi spogliare del lato prettamente filosofico questo libro, ci rimarrebbe poco più che l'avventura di un "libertino" che non fa altro che correr dietro alle donne. Più di metà libro si basa infatti su questo, ruotando incessantemente sulla figura di Boccadoro e del suo girovagare in cerca di compagnia per una notte. Rimane in ombra la figura, molto più interessante dal mio punto di vista, di Narciso, questo abate erudito che cresce al chiuso di un convento e vede dunque la sua vita non completamente compiuta. La filosofia di Hesse si basa sulla contrapposizione di questi due personaggi, e per "giustificare" questa filosofia fa compiere di tutto e di più a Boccadoro, fino ad un finale in cui fra pentimenti, ramanzine, sogni mai raggiunti e le difficoltà di una vita nella continua ricerca di sé Hesse ci fa la morale sui due modi di vita dei protagonisti. Di 400 pagine ne potremmo salvare un centinaio, praticamente l'inizio e la fine di questo libro: per il resto si tratta di un'inutile rimarcare l'essenza di personaggi già ben definiti in poche righe.
Eh, direte voi, a questo tipo gli hanno anche dato il nobel, magari sei tu che non capisci niente di letteratura. Può essere.