La storia è semplice: un povero negoziante ebreo che cerca di tirare avanti, una moglie troppo apprensiva e diffidente, una figlia che lavora e aiuta i genitori a portare avanti la baracca e, infine, un personaggio che diventerà il commesso che dà il titolo al romanzo. Ciò che mi ha colpito è stata la genuinità dei sentimenti, nonostante tutto ciò che questo commesso combina. A lettura ultimata mi è rimasto un velo di tristezza, non so perchè, ma la sensazione è quella di aver letto un libro semplice e profondo. Leggerò presto anche L'uomo di Kiev.

"La strada dell'inferno è lastricata di buone intenzioni"
Ho pensato spesso a questo proverbio leggendo "Il commesso" di Malamud, la storia di un povero negozio di alimentari ebreo, in cui ad un certo punto compare un malandato vagabondo di origini italiane che si offre di lavorare come commesso e per una serie di circostanze si rende indispensabile.
Frank però (questo è il nome del commesso) non è una persona totalmente affidabile: si impegna molto nel negozio, pulisce, mette in ordine, serve i clienti in modo affabile, però rubacchia dalla cassa anche senza averne bisogno, poi si pente, rimette i soldi a posto e per tutto il romanzo cercherà la strada della rettitudine e dell'onestà, senza riuscirci totalmente.
Un ritratto commovente e spietato della miseria di certe bottegucce, di certe famiglie, di certi esseri umani, con uno scavo psicologico di rara profondità.
Il tutto restituito con uno stile scorrevole e apparentemente semplice che tiene il lettore avvinto alle pagine.
Per me, un capolavoro.

Malamud is a gifted and respected writer.

In this installment, he explores the unique struggles of immigrants in lower Manhattan during the mid-twentieth century.

It is an excellent portrayal of the zeitgeist, the individual characters, and the conditions they endured at that time.