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Mi è piaciuto il libro e mi è piaciuto il personaggio Robinson Crusoe: un uomo pratico dalle mille risorse che si sa arrangiare, togliere d’impiccio, non si piange addosso riesce a ricrearsi un mondo senza avere niente, sfruttando il poco che possiede, le sue giornate sono piene di avvenimenti, di tentativi riusciti o meno di migliorare la sua condizione e quando abbandona l’isola lascia dietro di sé un mondo: una casa, confortevole e ben protetta, quasi una fattoria, terra coltivata, provviste...
Questo libro è un vero e proprio manuale di sopravvivenza, il libro che porterei sull’isola deserta per l’utilità pratica che potrei trarne.
I dialoghi sono ridotti al minimo, ma non se ne sente la mancanza.
Poi c’è l’interpretazione filosofica: la moralità del rapporto di Robinson con Venerdì, il tema discutibile della colonizzazione, ma per me rimane essenzialmente un libro di grande energia positiva e pratica, 35 anni di solitudine e non sentirli.
Questo libro è un vero e proprio manuale di sopravvivenza, il libro che porterei sull’isola deserta per l’utilità pratica che potrei trarne.
I dialoghi sono ridotti al minimo, ma non se ne sente la mancanza.
Poi c’è l’interpretazione filosofica: la moralità del rapporto di Robinson con Venerdì, il tema discutibile della colonizzazione, ma per me rimane essenzialmente un libro di grande energia positiva e pratica, 35 anni di solitudine e non sentirli.