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“La vita è un rosario di piccole miserie che il filosofo sgrana ridendo. Siate filosofi come me, signori; mettetevi a tavola e beviamo; nulla aiuta a vedere la vita in rosa quanto guardarla attraverso un buon bicchiere di chambertin…”
1625- Si comincia dal borgo di Meung, nella Loira.
Il giovanissimo D’Artagnan è sulla strada verso Parigi quando fermatosi in una locanda litiga con un misterioso uomo che poi sparisce assieme ad una lettera paterna che lo raccomandava al signor di Tréville, capitano dei moschettieri. Perde così il suo biglietto da visita ma prosegue.
Comincia così un romanzo in continuo movimento.
D’Artagnan si legherà ai tre moschettieri e al grido famigerato «uno per tutti, tutti per uno» l’unione sarà saldata.
Quattro uomini con caratteristiche ben diverse tra loro: D’Artagnan con una speciale abilità nel duello e un particolare sprezzo del pericolo; Athos discreto di poche e misurate parole che sa quando è il momento di usare; Porthos possente e impulsivo; Aramis poeta e dotto:
” E infatti, quattro uomini come loro, quattro uomini devoti l'un all'altro dalla borsa alla vita, quattro uomini decisi a sostenersi scambievolmente, a non arretrare mai, a compiere isolatamente o insieme ciò che avevano risoluto in comune; quattro braccia minaccianti i quattro punti cardinali o, riunite, un sol punto, dovevano inevitabilmente, sotterraneamente o in piena luce, servendosi di mine o di trincee, dell'astuzia o della forza, aprirsi una strada verso la mèta che volevano raggiungere, per quanto lontana e difesa fosse”
Non sorprende che I tre moschettieri sia una delle storie più saccheggiate dagli sceneggiatori: il Male e il Bene che duellano districandosi da una matassa d’intrighi femminili.
Le donne, buone o cattive che siano, hanno in ogni caso la capacità di congiurare e spesso gli uomini abbindolati cadono come vittime innocenti (!).
Non ci sono colpi di scena come ne Il Conte…
Non certo una penna precisa e meticolosa come, ad esempio, quella di Hugo ma coinvolgente e divertente al punto giusto e meritevole della sua fama.
1625- Si comincia dal borgo di Meung, nella Loira.
Il giovanissimo D’Artagnan è sulla strada verso Parigi quando fermatosi in una locanda litiga con un misterioso uomo che poi sparisce assieme ad una lettera paterna che lo raccomandava al signor di Tréville, capitano dei moschettieri. Perde così il suo biglietto da visita ma prosegue.
Comincia così un romanzo in continuo movimento.
D’Artagnan si legherà ai tre moschettieri e al grido famigerato «uno per tutti, tutti per uno» l’unione sarà saldata.
Quattro uomini con caratteristiche ben diverse tra loro: D’Artagnan con una speciale abilità nel duello e un particolare sprezzo del pericolo; Athos discreto di poche e misurate parole che sa quando è il momento di usare; Porthos possente e impulsivo; Aramis poeta e dotto:
” E infatti, quattro uomini come loro, quattro uomini devoti l'un all'altro dalla borsa alla vita, quattro uomini decisi a sostenersi scambievolmente, a non arretrare mai, a compiere isolatamente o insieme ciò che avevano risoluto in comune; quattro braccia minaccianti i quattro punti cardinali o, riunite, un sol punto, dovevano inevitabilmente, sotterraneamente o in piena luce, servendosi di mine o di trincee, dell'astuzia o della forza, aprirsi una strada verso la mèta che volevano raggiungere, per quanto lontana e difesa fosse”
Non sorprende che I tre moschettieri sia una delle storie più saccheggiate dagli sceneggiatori: il Male e il Bene che duellano districandosi da una matassa d’intrighi femminili.
Le donne, buone o cattive che siano, hanno in ogni caso la capacità di congiurare e spesso gli uomini abbindolati cadono come vittime innocenti (!).
Non ci sono colpi di scena come ne Il Conte…
Non certo una penna precisa e meticolosa come, ad esempio, quella di Hugo ma coinvolgente e divertente al punto giusto e meritevole della sua fama.