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n [...]mentre avanzava con tanta furia restava fermo, seguitando a schiantarsi intorno allo stesso punto.
E da questo pensiero scaturì una tristezza che non era soltanto sua. Era vecchia di secoli, di millenni. Scuoteva lui e innumerevoli altri, come un vento che passi tra l'erba.
Non c'era nulla di suo, non un solo gesto, un movimento, il suono di una voce, neppure quella tristezza, niente che appartenesse a qualcuno.n
Stephen Lewis è diventato quasi per caso uno scrittore di romanzi per bambini, ha un solido e soddisfacente matrimonio e una piccola bambina di nome Kate, che viene amata e coccolata dai genitori. Mi insegna, chi conosce McEwan, che ad un certo punto qualcosa va storto. E infatti.
Quando Kate ha 3 anni viene rapita in un supermercato, e cercata poi ossessivamente da Stephen che tenta di arginare il panico con una caccia ossessiva e impulsiva, mentre la moglie cade in uno stato catatonico di dolore e cecità verso il mondo.
La storia si snoda dall'assunto che il tempo non scorra linearmente, che “Avvenimenti simultanei per qualcuno, possono apparire conseguenti per qualcun altro. Non esiste un “adesso” assoluto, universalmente accettato; [...]”. Ciò che esiste è invece il senso di oppressione che si scatena nell'età adulta, cancellando ogni forma e fuga di libertà dell'infanzia.
Il tema fondamentale è infatti quello dell'importanza di essere bambini sempre, e non nel modo grottesco e disperato in cui il migliore amico di Stephen regredisce sino a costruirsi una casa sull'albero, ma in modo equilibrato e calibrato. Una vita eccessivamente adulta come una vita eccessivamente infantile non possono che portare alla distruzione.
Mantenere nel tempo la percezione del proprio sé bambino è un lavoro faticoso ma remunerativo; è infatti l'infanzia l'unico luogo fatato dove il tempo non ha significato. Con la carriera, gli anni corrono via e la tensione aumenta, le responsabilità tirano la corda della felicità che eventualmente si spezzerà.
McEwan riesce a intrecciare queste belle riflessioni con un ulteriore snodo significativo, quello dell'essere contemporaneamente genitori e figli, di come tale posizione rimandi all'infanzia e alla maturità al contempo, pur non trovando mai posto insieme.
Il tempo stesso occupa un posto davvero significativo tra queste pagine; con la scrittura e lo stile di McEwan sembrano infatti allungarsi a tratti i nostri tempi di lettura e la qualità della concentrazione richiesta, quasi che con le parole McEwan ci indichi ciò che intende dire. Il tempo può scorrere in modo differente.
Potremmo forse definire Bambini nel tempo come una specie di storia di rivalsa, di rinascita, ma se è vero che per il protagonista la narrazione ha una qualche sorta di parabola ascendente, tutto ciò che lo contorna scende vertiginosamente verso la decadenza e il dolore.
Fondamentalmente è un libro bello, viscerale, duro e impegnativo. Ma remunerativo. Un po' come la costante ricerca di equilibrio tra libertà e responsabilità.
E da questo pensiero scaturì una tristezza che non era soltanto sua. Era vecchia di secoli, di millenni. Scuoteva lui e innumerevoli altri, come un vento che passi tra l'erba.
Non c'era nulla di suo, non un solo gesto, un movimento, il suono di una voce, neppure quella tristezza, niente che appartenesse a qualcuno.n
Stephen Lewis è diventato quasi per caso uno scrittore di romanzi per bambini, ha un solido e soddisfacente matrimonio e una piccola bambina di nome Kate, che viene amata e coccolata dai genitori. Mi insegna, chi conosce McEwan, che ad un certo punto qualcosa va storto. E infatti.
Quando Kate ha 3 anni viene rapita in un supermercato, e cercata poi ossessivamente da Stephen che tenta di arginare il panico con una caccia ossessiva e impulsiva, mentre la moglie cade in uno stato catatonico di dolore e cecità verso il mondo.
La storia si snoda dall'assunto che il tempo non scorra linearmente, che “Avvenimenti simultanei per qualcuno, possono apparire conseguenti per qualcun altro. Non esiste un “adesso” assoluto, universalmente accettato; [...]”. Ciò che esiste è invece il senso di oppressione che si scatena nell'età adulta, cancellando ogni forma e fuga di libertà dell'infanzia.
Il tema fondamentale è infatti quello dell'importanza di essere bambini sempre, e non nel modo grottesco e disperato in cui il migliore amico di Stephen regredisce sino a costruirsi una casa sull'albero, ma in modo equilibrato e calibrato. Una vita eccessivamente adulta come una vita eccessivamente infantile non possono che portare alla distruzione.
Mantenere nel tempo la percezione del proprio sé bambino è un lavoro faticoso ma remunerativo; è infatti l'infanzia l'unico luogo fatato dove il tempo non ha significato. Con la carriera, gli anni corrono via e la tensione aumenta, le responsabilità tirano la corda della felicità che eventualmente si spezzerà.
McEwan riesce a intrecciare queste belle riflessioni con un ulteriore snodo significativo, quello dell'essere contemporaneamente genitori e figli, di come tale posizione rimandi all'infanzia e alla maturità al contempo, pur non trovando mai posto insieme.
Il tempo stesso occupa un posto davvero significativo tra queste pagine; con la scrittura e lo stile di McEwan sembrano infatti allungarsi a tratti i nostri tempi di lettura e la qualità della concentrazione richiesta, quasi che con le parole McEwan ci indichi ciò che intende dire. Il tempo può scorrere in modo differente.
Potremmo forse definire Bambini nel tempo come una specie di storia di rivalsa, di rinascita, ma se è vero che per il protagonista la narrazione ha una qualche sorta di parabola ascendente, tutto ciò che lo contorna scende vertiginosamente verso la decadenza e il dolore.
Fondamentalmente è un libro bello, viscerale, duro e impegnativo. Ma remunerativo. Un po' come la costante ricerca di equilibrio tra libertà e responsabilità.