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“Solo i forti possono mantenere la rotta nelle paludi della Storia.”
Il pensiero che faccio da subito –ancor prima di aver aperto questo libro- riguarda la singolarità di esordire nel mondo della letteratura con un titolo che mette a fuoco il momento del declino.
[ Crepuscolo – la luce del sole si affievolisce, le ombre cominciano a stiracchiarsi allungando i propri contorni, l’occhio guarda ma fa fatica a definire le figure, c’è la sensazione di essersi lasciati alla spalle ogni cosa (“quel che è fatto è fatto”). ]
Dunque qui s’incontra l’inizio con la fine.
E’ il 1974 quando questo libro viene pubblicato (in Italia arriverà dopo 29 anni: nel 2003!) e John Maxwell Coetzee è rientrato in Sud Africa.
Gli Stati Uniti, infatti, hanno respinto la sua richiesta di residenza dopo la sua partecipazione alle proteste contro la guerra in Vietnam e al conseguente arresto.
Le Terre al Crepuscolo si riferiscono al graduale ed inesorabile scivolare del genere umano in una spietata lotta bestiale.
Mentre gli animali, però, lottano per la sopravvivenza l’uomo lotta per avere una supremazia di diritto esistenziale.
Ogni conquista – dai tempi remoti agli attuali, da lande selvagge a nazioni industriali, sempre e dovunque- ci parla del bisogno dell’Uomo di dichiarare l’Altro come essere talmente inferiore da non essere considerato degno di appartenere alla razza umana.
Questo esordio di Coetzee è ben lontano dall’essere una timida e sommessa entrata nel mondo della Letteratura.
E’ un vero pugno allo stomaco, anzi due, dato che si tratta di due racconti.
Entrambi ci parlano in prima persona nella forma del mémoir.
Entrambi chiamano in causa l’autore-
Il primo racconto s’intitola n ”Progetto Vietnam”n .
Eugene Dawn è uno specialista di mitografia e il suo dipartimento -presieduto dal Prof Coetzee (!!!)- ha avuto l’incarico di condurre studi sul condizionamento psicologico nella guerra in Vietnam.
Attraverso l’analisi dei miti, Dawn deve redigere un rapporto che valuti i risultati della guerra psicologica condotta attraverso i programmi radiofonici.
” Scopo della guerra psicologica è distruggere il morale del nemico. La guerra psicologica è la funzione negativa della propaganda: la sua funzione positiva è diffondere la convinzione che la nostra autorità politica è forte e durevole. Se lanciata in modo efficace, la guerra di propaganda indebolisce il nemico riducendone la base civile e il bacino di reclutamento e rendendo i suoi soldati, in battaglia e dopo, piú inclini alla defezione, rafforzando al tempo stesso la lealtà della popolazione. L’importanza del suo potenziale politico-militare non può dunque essere mai sottolineata abbastanza.”
Un compito che per Dawn risulterà fatale.
L’analisi dei fatti e soprattutto la visione delle fotografie scattate dai soldati americani sgretolerà la psiche di questo uomo.
E allora di declino di un uomo sarà speculare di quella cinica società che agisce nascondendosi dietro le bandiere.
” Purtroppo non riesco a fare un lavoro creativo in biblioteca. Il fervore creativo mi prende solo nelle prime ore del mattino, quando il nemico che ho in corpo è troppo addormentato per erigere mura difensive contro le incursioni del cervello. Il rapporto sul Vietnam è stato composto guardando a est, verso il sole che sorge, e con addosso il rimpianto pungente (poindre, pungere) di trovarmi inchiodato qui, nelle terre del crepuscolo. Niente di tutto questo si riflette nel rapporto. Quando ho un compito da eseguire, lo eseguo.”
Il secondo è n ” Il racconto di Jacobus Coetzee”n .
Confesso di non aver capito se Jacobus Coetzee sia personaggio immaginario o un reale avo dello scrittore.
In ogni caso, anche qui abbiamo un memoriale ma siamo catapultati in un’altra epoca e in un altro continente.
Siamo nella seconda nel 1760 nei territori sudafricani.
Jacobus Coetzee è un allevatore ma anche cacciatore: una vita di frontiera divisa tra le richieste dell’olandese Compagnia delle Indie e la necessità di sopravvivere in un ambiente ostile.
Il racconto parla di un viaggio verso sud con lo scopo di cacciare elefanti.
Si tratta di un resoconto di un esploratore e del primo contatto con un mondo sconosciuto: flora, fauna e popolazioni che fino a quel momento non si erano mai incontrate (si parla ad esempio della giraffa come animale mia visto prima).
Gli indigeni già conosciuti sono classificati tra ottentotti (già assoggettati) e boscimani (selvaggi e indomiti).
Il viaggio, però, condurrà all’incontro con un popolo dei Namaqua -che non aveva mai visto l’uomo bianco- e si trasforma ben presto in uno scontro…
”L’avanzata dell’uomo verso il futuro è storia; tutto il resto – il suo gingillarsi lungo il cammino, il suo ripercorrere la stessa strada – appartiene all’aneddotica, alle serate intorno al fuoco.”
Due racconti che parlano la lingua del colonizzatore e con forza denunciano i soprusi del potere al di là di ogni confine di tempo e luogo.
Il pensiero che faccio da subito –ancor prima di aver aperto questo libro- riguarda la singolarità di esordire nel mondo della letteratura con un titolo che mette a fuoco il momento del declino.
[ Crepuscolo – la luce del sole si affievolisce, le ombre cominciano a stiracchiarsi allungando i propri contorni, l’occhio guarda ma fa fatica a definire le figure, c’è la sensazione di essersi lasciati alla spalle ogni cosa (“quel che è fatto è fatto”). ]
Dunque qui s’incontra l’inizio con la fine.
E’ il 1974 quando questo libro viene pubblicato (in Italia arriverà dopo 29 anni: nel 2003!) e John Maxwell Coetzee è rientrato in Sud Africa.
Gli Stati Uniti, infatti, hanno respinto la sua richiesta di residenza dopo la sua partecipazione alle proteste contro la guerra in Vietnam e al conseguente arresto.
Le Terre al Crepuscolo si riferiscono al graduale ed inesorabile scivolare del genere umano in una spietata lotta bestiale.
Mentre gli animali, però, lottano per la sopravvivenza l’uomo lotta per avere una supremazia di diritto esistenziale.
Ogni conquista – dai tempi remoti agli attuali, da lande selvagge a nazioni industriali, sempre e dovunque- ci parla del bisogno dell’Uomo di dichiarare l’Altro come essere talmente inferiore da non essere considerato degno di appartenere alla razza umana.
Questo esordio di Coetzee è ben lontano dall’essere una timida e sommessa entrata nel mondo della Letteratura.
E’ un vero pugno allo stomaco, anzi due, dato che si tratta di due racconti.
Entrambi ci parlano in prima persona nella forma del mémoir.
Entrambi chiamano in causa l’autore-
Il primo racconto s’intitola n ”Progetto Vietnam”n .
Eugene Dawn è uno specialista di mitografia e il suo dipartimento -presieduto dal Prof Coetzee (!!!)- ha avuto l’incarico di condurre studi sul condizionamento psicologico nella guerra in Vietnam.
Attraverso l’analisi dei miti, Dawn deve redigere un rapporto che valuti i risultati della guerra psicologica condotta attraverso i programmi radiofonici.
” Scopo della guerra psicologica è distruggere il morale del nemico. La guerra psicologica è la funzione negativa della propaganda: la sua funzione positiva è diffondere la convinzione che la nostra autorità politica è forte e durevole. Se lanciata in modo efficace, la guerra di propaganda indebolisce il nemico riducendone la base civile e il bacino di reclutamento e rendendo i suoi soldati, in battaglia e dopo, piú inclini alla defezione, rafforzando al tempo stesso la lealtà della popolazione. L’importanza del suo potenziale politico-militare non può dunque essere mai sottolineata abbastanza.”
Un compito che per Dawn risulterà fatale.
L’analisi dei fatti e soprattutto la visione delle fotografie scattate dai soldati americani sgretolerà la psiche di questo uomo.
E allora di declino di un uomo sarà speculare di quella cinica società che agisce nascondendosi dietro le bandiere.
” Purtroppo non riesco a fare un lavoro creativo in biblioteca. Il fervore creativo mi prende solo nelle prime ore del mattino, quando il nemico che ho in corpo è troppo addormentato per erigere mura difensive contro le incursioni del cervello. Il rapporto sul Vietnam è stato composto guardando a est, verso il sole che sorge, e con addosso il rimpianto pungente (poindre, pungere) di trovarmi inchiodato qui, nelle terre del crepuscolo. Niente di tutto questo si riflette nel rapporto. Quando ho un compito da eseguire, lo eseguo.”
Il secondo è n ” Il racconto di Jacobus Coetzee”n .
Confesso di non aver capito se Jacobus Coetzee sia personaggio immaginario o un reale avo dello scrittore.
In ogni caso, anche qui abbiamo un memoriale ma siamo catapultati in un’altra epoca e in un altro continente.
Siamo nella seconda nel 1760 nei territori sudafricani.
Jacobus Coetzee è un allevatore ma anche cacciatore: una vita di frontiera divisa tra le richieste dell’olandese Compagnia delle Indie e la necessità di sopravvivere in un ambiente ostile.
Il racconto parla di un viaggio verso sud con lo scopo di cacciare elefanti.
Si tratta di un resoconto di un esploratore e del primo contatto con un mondo sconosciuto: flora, fauna e popolazioni che fino a quel momento non si erano mai incontrate (si parla ad esempio della giraffa come animale mia visto prima).
Gli indigeni già conosciuti sono classificati tra ottentotti (già assoggettati) e boscimani (selvaggi e indomiti).
Il viaggio, però, condurrà all’incontro con un popolo dei Namaqua -che non aveva mai visto l’uomo bianco- e si trasforma ben presto in uno scontro…
”L’avanzata dell’uomo verso il futuro è storia; tutto il resto – il suo gingillarsi lungo il cammino, il suo ripercorrere la stessa strada – appartiene all’aneddotica, alle serate intorno al fuoco.”
Due racconti che parlano la lingua del colonizzatore e con forza denunciano i soprusi del potere al di là di ogni confine di tempo e luogo.