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E adesso ho bisogno di ridere!
(Scrivevo qualche giorno fa)
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***1/2
Ho riso, ma non quanto avevo sperato: avrei dovuto aspettarmelo da un inglese, difficilmente si rischia di slogarsi la mandibola.
Ho anche sbadigliato, a volte, soprattutto quando il nostro J. diventa un po' troppo storico-bucolico: sono troppi i riferimenti all'Inghilterra dei tempi che furono e ad una Storia che non conosco come le mie tasche. (per non parlare della navigazione sul Tamigi, delle alzaie e dei canapi: ne so quanto del Mib del Nasdaq e del Dow Jones!)
Però mi è piaciuto moltissimo il tono del racconto, questo aplomb, tipicamente inglese, con il quale ironizza sui comportamenti dei tre uomini in barca (per non parlare del cane, che è veramente una lenza :-)) e contemporaneamente sugli usi e i costumi dei suoi connazionali.
Ecco, cercare di leggerlo con la stessa intonazione di un inglese che parla un italiano molto distinto, se come me non potete leggerlo in originale, ma irrimediabilmente snob (mi immagino un David Niven d'annata!), è sicuramente un'arma in più per riuscire ad apprezzarne maggiormente l'ironia sottile che lo contraddistingue.
Ma forse il maggior difetto di questo romanzo, anche se più che altro penso possa definirsi un'insieme di sketch, è l'incostanza: il tono non è mai omogeneo, si passa da capitoli come ho detto noiosi, a capitoli molto divertenti, ad altri dove il sorriso è tirato tirato.
L'introduzione dell'autore e l'episodio in cui racconta le operazioni familiari necessarie ad appendere un quadro - purtroppo già in uno dei primissimi capitoli - sono tra le parti migliori.
(Scrivevo qualche giorno fa)
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***1/2
Ho riso, ma non quanto avevo sperato: avrei dovuto aspettarmelo da un inglese, difficilmente si rischia di slogarsi la mandibola.
Ho anche sbadigliato, a volte, soprattutto quando il nostro J. diventa un po' troppo storico-bucolico: sono troppi i riferimenti all'Inghilterra dei tempi che furono e ad una Storia che non conosco come le mie tasche. (per non parlare della navigazione sul Tamigi, delle alzaie e dei canapi: ne so quanto del Mib del Nasdaq e del Dow Jones!)
Però mi è piaciuto moltissimo il tono del racconto, questo aplomb, tipicamente inglese, con il quale ironizza sui comportamenti dei tre uomini in barca (per non parlare del cane, che è veramente una lenza :-)) e contemporaneamente sugli usi e i costumi dei suoi connazionali.
Ecco, cercare di leggerlo con la stessa intonazione di un inglese che parla un italiano molto distinto, se come me non potete leggerlo in originale, ma irrimediabilmente snob (mi immagino un David Niven d'annata!), è sicuramente un'arma in più per riuscire ad apprezzarne maggiormente l'ironia sottile che lo contraddistingue.
Ma forse il maggior difetto di questo romanzo, anche se più che altro penso possa definirsi un'insieme di sketch, è l'incostanza: il tono non è mai omogeneo, si passa da capitoli come ho detto noiosi, a capitoli molto divertenti, ad altri dove il sorriso è tirato tirato.
L'introduzione dell'autore e l'episodio in cui racconta le operazioni familiari necessarie ad appendere un quadro - purtroppo già in uno dei primissimi capitoli - sono tra le parti migliori.