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April 17,2025
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#lcannadelascincovillas

Lectura Conjunta del club de La Pecera. Lo primero es que debo dar las gracias al grupo por esta lectura compartida y todos los comentarios que se han dicho.
Esperaba más de esta obra. Está bien escrita y mientras leía no me he aburrido. Pero me falta mucha evolución de la protagonista. El final es impactante, sí, pero de lo ilógico que es. He entendido menos que después de leerme las leyes del BOE.

Me han gustado más los personajes secundarios que los protagonistas. Anna ha tenido varias oportunidades para tomar las riendas de su vida y nada. Al padre mejor darle de comer a parte. Mynors resulta ser más bobo que el que decidió poner el interruptor de la luz y el timbre juntos. Una decepción sin duda. He sentido que me faltan capítulos con ese final; es como si del capítulo 13 saltará al 22 directamente.

Por otro lado, el libro tiene problemas de impresión (nos ha pasado a todos los que teníamos el libro en físico) así que no recomiendo que la gente compre el libro ya que es caro teniendo en cuenta estos errores. Recomiendo que si alguien quiere leerlo en físico, que use la biblioteca.
April 17,2025
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Sconosciuto. Fino a pochi mesi fa, per me, questa parola rispecchiava questo romanzo e il suo autore. Avevo già sentito nominare o avevo letto questo titolo da qualche parte, ma non sapevo qual’era la sua trama. Complice un’interessante recensione che ho letto proprio qui su internet, in cui si diceva che l’autore si fosse ispirato al libro di Balzac, “Eugenie Grandet”, mi è venuta una voglia matta di leggerlo. È capitato che proprio in quei giorni abbia trovato il romanzo all’usato e così l’ho preso al volo.
Anna delle cinque città è forse il romanzo più famoso dello scrittore inglese Arnold Bennett. Pubblicato per la prima volta nel 1902, dopo sei anni di elaborazione, fu accolto positivamente dalla critica; racconta la vicenda della giovane Anna Tellwright, insegnate della scuola domenicale metodista, che vive con il padre e la sorella nella cittadina di Bursley, una delle cinque città (in realtà sono sei), unite da un’unica strada che le attraversa tutte, che compongono il distretto di Stoke-on-Trent (Staffordshire) conosciuto con il nome di “Potteries”, a causa della numerosa presenza di aziende dedite alla produzione di ceramiche e vasellame.
La famiglia Tellwright, vive in uno dei quartieri più benestanti della cittadina. Anna e la sua sorellastra Agnes sono entrambe orfane delle loro madri, morte di parto, e sono cresciute senza amore da parte del padre. Le due giovani ragazze sono molto vicine e si vogliono molto bene.
Il giorno del suo ventunesimo compleanno, Anna è chiamata dal padre nel suo studio per comunicarle che, essendo diventata maggiorenne, ha ereditato il patrimonio materno (composto da denaro liquido e immobiliare) che fino a quel momento aveva gestito lui in sua vece. Ephraim Tellwright, infatti, ha effettuato investimenti spregiudicati e speculazioni su numerose fabbriche della zona, accrescendo così il patrimonio fino a farlo arrivare alla cifra di cinquantamila sterline. Anna, che non ha mai avuto neanche un penny di sua proprietà, non può neanche comprendere l’esatto ammontare del suo patrimonio. Il denaro arrivato in modo così improvviso fa poca differenza nella vita di Anna, abituata da sempre che l’aspetto patrimoniale e finanziario fosse gestito dal padre, così deposita i soldi in banca fino a quando il padre non gli dice come investirlo. L’arrivo di questa ingente somma di denaro, porta anche infelicità nella vita della ragazza. Fra i suoi affittuari vi è Titus Price, proprietario di una fatiscente fabbrica di ceramiche a buon prezzo, continuamente indietro con l’affitto da pagare. Ephraim Tellwright obbliga sua figlia ad occuparsi dell’affittuario, forzandola a chiedere perennemente almeno una parte della somma dovuta. Anna, contro la sua stessa volontà, riesce a farsi dare almeno una parte della cifra ma non sa che facendo così rischia di far precipitare il suo affittuario nel baratro del fallimento. Anna, a questo punto, si trova combattuta tra la lealtà verso suo padre e la compassione verso i suoi locatari…

Quest’anno, nel mese di maggio, ricorreva il 150 anniversario della nascita dello scrittore inglese; per celebrare quest’avvenimento in Inghilterra, si sono svolte commemorazioni, celebrazioni e anche una trasposizione teatrale di questo romanzo.
Arnold Bennett, durante la sua vita, non è stato solo uno scrittore di romanzi ma anche di racconti, saggi, opere teatrali, è stato impiegato nel ministero della propaganda durante il primo conflitto mondiale, e anche giornalista, critico, conferenziere, memorialista, insomma una vita abbastanza impegnativa e frenetica.
Forse a causa del suo decennale soggiorno in Francia, il suo stile realista si avvicina e risente molto del naturalismo francese. Anna delle cinque città è paragonato da molti al romanzo Eugenie Grandet, dello scrittore francese Balzac, forse a causa delle protagoniste tiranneggiate da dei padri gretti che pensano solo al denaro. Secondo me, invece, più che dell’influsso degli autori francesi (che Bennett amava molto), questo romanzo risente molto dell’influenza della prosa dello scrittore russo Turgenev, cui si avvicina molto soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi.
Anna delle cinque città è il primo di numerosi romanzi ambientati nel distretto di “Potteries”, un mondo che lo scrittore conosceva bene, poiché era originario della zona.
Arnold Bennett grazie ad uno stile asciutto e scorrevole, ci regala il ritratto della società inglese, in un distretto altamente industrializzato a cavallo di due secoli (1800/1900), colpita nelle relazioni personali dagli effetti dell’industria e del lavoro.
Il narratore inglese ha un modo meraviglioso di catturare il modo in cui le persone pensano e parlano; brillante osservatore della società ci descrive le cose del quotidiano senza mai scendere nel melodramma ma sempre con semplicità, riuscendo a coinvolgere, vivamente e totalmente, il lettore nelle vicende dei suoi personaggi, tanto da farle provare la sensazione di essere lì al loro fianco o viverle in prima persona.
Le figure descritte sono totalmente credibili e realistiche, poiché sono narrate le forze, le debolezze, i successi, i fallimenti, le speranze, le difficoltà, le gioie e i dolori d’ogni singolo.
Anna, la protagonista del romanzo, non è proprio un’eroina nel senso letterale del termine, ma è il personaggio che viene analizzato più a fondo. È una ragazza umile, introversa, di grande integrità, ascetica, impetuosa, insicura, conciliante, concreta, impassibile, che fino all’età di ventuno anni non era mai stata toccata dall’amore. Cresciuta quasi esclusivamente nella sfera domestica della casa paterna, ha assunto il ruolo di madre surrogata per sua sorella, occupandosi della casa e dei lavori domestici. Compie il suo dovere senza mai lamentarsi, senza fare scenate o avere delle speranze.
Educata secondo principi d’austerità e dotata di una forte coscienza, si è sempre inchinata al dovere e ai desideri del padre e non ha mai sognato di ribellarsi, fino a quando non entra in possesso dell’eredità materna. L’arrivo dell’eredità cambia la sua vita. Improvvisamente si ritrova catapultata in due mondi, per lei, fino allora sconosciuti: quello degli affari e dell’amore, dove le sue decisioni avranno conseguenze anche nelle vite di altre persone.
Nonostante abbia una vita limitata, Anna non riesce ad accettare la rigidità della chiesa metodista Wesliana (che vuole avere il dominio sulla vita dei suoi adepti), né a dare per scontato il modo di fare affari di suo padre o di altre persone della comunità. Segue i suoi principi e le sue idee nel fare ciò che è giusto, anche scontrandosi con il padre quando gli nasconde di aver bruciato il documento che avrebbe rovinato il suo affittuario, pur sapendo che ciò può scatenare la sua ira e farle perdere la fiducia che lui ripone in lei.
Un padre, Ephraim Tellwright, crudele, testardo, orgoglioso, autoritario, la cui unica gioia è il denaro; rigido metodista ed ex predicatore, elargisce donazioni alla chiesa locale Metodista solo per avere un qualche tornaconto economico; si comporta con le figlie e con i suoi debitori nella stessa maniera: vale a dire dimostrando poca carità cristiana, mettendo in evidenza che tali precetti religiosi fanno in lui poca presa. È una vera autorità nel campo degli affari, uno degli uomini più ricchi della città ma vive in maniera semplice e dimessa, proibendo ogni più piccolo lusso, tirando su la propria famiglia in maniera frugale e governando la casa con pugno di ferro. Un padre dominante, astuto e dispotico, che non ha mai manifestato amore o attenzione per le due figlie, cui non dona niente tranne l’essenziale. Un uomo veramente odioso e taccagno, che continua ad avere il controllo denaro della figlia e la forza a scrivere delle lettere ai suoi affittuari contro la sua volontà, e inoltre si assicura che lei non oserà chiederle soldi per sciocchezze. Quando Anna, le chiede il suo libretto degli assegni per comprare degli abiti per andare in vacanza con la famiglia Sutton o per acquistare il corredo per il matrimonio, si rifiuta categoricamente di darglielo.
Ho letto di altri padri nella letteratura ma di uno str…o così proprio mai.
Come dicevo prima, la vita di Anna è sconvolta dall’arrivo dell’eredità; la sua vita cambia: è accettata fra la crema della società cittadina, è invitata a trascorrere due settimane di vacanza presso l’isola di Man con i Sutton (una delle famiglie più benestanti della cittadina) e trova anche l’amore, lei che non è mai stata oggetto dell’interesse di qualcuno.
Anna è corteggiata da Henry Mynors, un uomo di trent’anni dalle impeccabili credenziali. È lo scapolo più ambito della cittadina; bello, intelligente, affabile, rispettabile, ambizioso, astro in ascesa dell’industria e pilastro della chiesa metodista locale. Membro di una delle famiglie più importante del distretto, possiede una moderna fabbrica di ceramiche, ben avviata e molto produttiva. Insomma sembra essere l’uomo perfetto.
Henry corteggia Anna, con l’intenzione di sposarla, prestandogli attenzioni cui lei non è abituata. La ragazza è attratta da lui, e prova a raggiungere e ad unirsi al suo fervore religioso ma, essendo troppo insicura e non avendo fiducia in se stessa, non riesce a redimersi o accettare pubblicamente Dio nelle assemblee religiose metodiste.
Mynors mostra ad Anna i vari processi di produzione che si compiono all’interno della sua azienda, e attraverso l’efficienza del suo processo produttivo, l’autore ci mostra il suo status sociale e il suo successo nella vita grazie alla sua ambizione ed efficienza in tutto quello che fa.
Henry, simbolo di correttezza e di successo, è meraviglioso con la piccola Agnes e anche con il padre; infatti, ottiene l’approvazione del signor Tellwright per corteggiare Anna, ma dimostra, quasi al termine del romanzo, tutta la sua ipocrisia quando, dopo aver saputo della somma di denaro posseduta dalla giovane ragazza, non vede l’ora di metterci le mani sopra per usarli come investimento in qualche affare in modo da diventare l’uomo più importante di Bursley, fregandosene se la sua futura moglie possiede un’opinione diversa su come investirli.
Il lettore capisce a questo punto che la dolce Anna, dopo il matrimonio, passerà nelle mani di un tiranno all’altro, e non può far altro che rattristarsi per il suo destino.
Come ho detto l’autore inglese ci descrive il processo produttivo delle ceramiche, mostrandoci la pratica moderna e proficua (quella di Mynors) e quella antiquata e svantaggiosa (quella di Titus Price). Questo contrasto, tra i due diversi sistemi produttivi, mette in risalto l'opposto status economico ed esistenziale dell’altro uomo presente nella vita di Anna: William Price.
William è figlio di Titus Price, metodista anche lui, sovrintendete del pomeriggio della scuola domenicale. Quest’ultimo è un affittuario (sfortunato) di Anna continuamente indietro con l’affitto da pagare, poiché la sua azienda di ceramiche non va molto bene e rischia la bancarotta da un giorno all’altro. Pur di salvare la sua azienda, Titus, da uomo irresponsabile che è, arriva a sottrarre una somma di denaro dai conti della scuola, divenendo un ladro; nonostante ciò la sua azienda fallisce e lui, divorato dal rimorso e ormai dedito alla bottiglia, decide di mettere fine alla sua esistenza.
La sua tragica fine colpisce tutta la comunità ma soprattutto l’esistenza di suo figlio William, detto Willie. Quest’ultimo è un giovane di ventuno anni, timido, umile, dagli occhi azzurri pieni di melanconia, che spesso appare goffo e pretenzioso (solo in apparenza). Egli è segretario della scuola domenicale, un gran lavoratore nella fabbrica paterna ma inadeguato per gli affari e l’aspetto amministrativo.
Anna prova per lui amicizia, un’innata simpatia e un istinto di protezione molto forte; prova ad aiutarlo come meglio può, arrivando perfino a bruciare un documento che può causargli dei guai legali. Quando Willie scopre che suo padre ha rubato del denaro, decide di partire per l’Australia e iniziare una nuova vita lì.
Proprio poco prima che lui parta, Anna capisce di provare per lui sentimenti molto forti che vanno oltre l’amicizia, ma è incapace di opporsi alla promessa di matrimonio fatta a Mynors. Il loro è un amore puro ma la loro relazione è impossibile nel ristretto mondo in cui vivono, perché appartenenti a due diverse classi sociali.

Il ritratto di Anna, che Bennett ci regala, mostra tutta la tenerezza che lo anima e porta l’impronta del grande Turgenev. Al contrario di Eugenie Grandet, Anna è molto più brillante, più moderna, più abile, insomma molto più reale e complessa. In lei ho rivisto molto di Lisa (la protagonista di Nido di nobili): la stessa aspirazione al bene e lo stesso impulso che le porta a volere bene al più vulnerabile tra i due uomini da cui si sentono amate; ma forse, anzi soprattutto, nella scelta che compiono cioè quella di perseguire risolutamente e senza esitazioni il proprio dovere.
Anche l’aspetto paesaggistico – ambientale e sociale gioca un ruolo ben marcato all’interno del romanzo. Il narratore inglese sta al distretto di Potteries come Hardy sta al Wexess. Bennet, infatti, è originario della zona, che conosce molto bene e che qui descrive magnificamente; delinea fin nei minimi particolari il ritratto di un paesaggio sporco, tetro, devoto unicamente agli affari. Le città che compongono la contea industriale di “Potteries” sono squallide, cupe, dalle strade strette, con case annerite dai fumi emessi dai forni e dalle ciminiere che hanno disseccato la campagna circostante. In un certo passaggio, la descrizione delle scintille di fuoco che fuoriescono da alcuni forni industriali e che illuminano il cielo della città, mi ha ricordato l’intensa descrizione fatta da Dickens in un capitolo del romanzo La bottega dell’antiquario.
La penna dell’autore inglese riesce a catturare le attitudini lavorative e il sistema di classe della città, regalandoci un quadro dettagliato ed evocativo di come dovevano essere le città del distretto all’inizio del XX secolo. Bursley è una città manifatturiera dalle forti tradizioni religiose, soprattutto quelle di stampo metodista di cui Bennett ci mostra l’altra faccia della medaglia rispetto a George Eliot nel romanzo Adam Bede. Uno dei contesti principali della novella è la forza della chiesa Metodista Wesliana, i cui principi sono alla base del vivere comune; una comunità austera che vuole cercare comandare e influenzare la vita delle persone, dove le donne sono schiave del dovere, obbligate a negare qualsiasi moto dell’anima, mentre gli uomini si occupano delle industrie. La religione sembra solo un abito sociale, un simbolo da indossare e niente di più. L’autore ci mostra, con beffarda perspicacia, il materialismo, l’ipocrisia di alcuni dei pilastri della comunità metodista e come la congregazione si occupa e reagisce al suicidio di un importante membro della società.

L’autore inglese, in un libro di poco più di duecento pagine, tocca molti argomenti (anche se solo in modo abbozzato) di carattere sociale, economico, morale, in particolare le limitate opportunità per le donne; la relazione tra Anna e suo padre è usata proprio per esporre lo status delle donne (anche di donne apparentemente indipendenti nei mezzi, come in questo caso) alla fine del 19mo secolo. Bennett affronta temi universali ancora oggi, dopo poco più di cent’anni, quali: lo scontro tra metropoli e provincia, le differenze generazionali, la minaccia della massiccia industrializzazione subita dalle piccole comunità, la pietà religiosa e i suoi limiti, le dispute tra stato sociale e chiesa, tra affari e moralità, facendo riflettere il lettore sull’etica del capitalismo e sull’ipocrisia dei metodisti locali nel salvare la propria coscienza riguardo quest’aspetto; poi ancora il ruolo della donna nel mondo, i doveri dei genitori, gli effetti del lavoro, dell’industria e del capitalismo sulle relazioni personali con effetti molto spesso devastanti. L’impatto degli affari e dell’industria nella vita personale dei personaggi è uno dei temi chiavi della novella; infatti, l’autore illustra e parla delle relazioni sentimentali da un punto di vista economico, quasi mercenario, come se l’amore fosse solo una mera questione economica.
In Anna delle cinque città, Bennett esegue un mirabile ritratto della vita provinciale nell’Inghilterra vittoriana, realizzando uno straordinario ritratto di una società dove il denaro o la sua mancanza gioca un ruolo nella vita delle persone; cattura l’atmosfera di una piccola cittadina e racconta i drammi e gli accadimenti d’ogni giorno a persone normali.
Uno degli aspetti che più mi è piaciuto nel romanzo è come l’autore inglese riesce a scrivere delle donne con eccezionale umanità, porta alla vita le vite delle donne del periodo, comprendendone le loro paure e la loro vita quotidiana; capisce come può essere dura per una donna vittoriana essere indipendente dagli uomini, che controllano la società mentre le donne sono delegate ad un ruolo di subordinazione sia in questioni finanziarie sia nei semplici impegni quotidiani.

È stato il primo lavoro di Bennett che io abbia mai letto, perché qui in Italia è caduto un po’ nel dimenticatoio e certamente meriterebbe di essere riscoperto al più presto, poiché è uno scrittore abile e avvincente.
In Anna delle cinque città l’autore riesce, magnificamente ed umanamente, ad entrare nella mente di una ragazza di vent’anni e a trasporla su carta. Un’opera che è incentrata essenzialmente sulla storia di una donna in lotta contro la repressione di un padre dispotico, la rigida morale, le convenzioni religiose, la società benpensante, la sua personalità, che alla fine causeranno effetti fatali per la felicità della protagonista.
Un romanzo incantevole, toccante, scorrevole, di gran comprensione e sensibilità, realistico, evocativo e piacevole (nonostante la traduzione dei nomi in quest’edizione, una cosa proprio fastidiosa, almeno per me); dalle descrizioni dettagliate che ti trasportano in quei luoghi e in quel periodo, facendoti desiderare che il libro fosse un po’ più lungo.

Nella fine del romanzo ho trovato qualcosa che, inevitabilmente, mi ha ricordato Thomas Hardy. Ci sono così tante emozioni in poche frasi, nessuna grande passione, solo la sincerità di due persone che sanno che non potranno stare insieme e la loro consapevolezza di dover accettare e prendere la vita com’è: dura, ingiusta e triste.
Arnold Bennett termina il libro con una sola frase che si stampa nella mente del lettore e su cui quest’ultimo ritorna a rimuginare nei giorni successivi; una frase che mi ha ricordato quella finale di Martin Eden, per il suo effetto inaspettato.

4,5*

Nulla è più prosaico di quelle strade rosso mattone; nulla è più lontano da ciò che è romantico. Eppure il romantico esiste ovunque: chi ha l'occhio per scorgerlo, lo rinviene anche fra i banchi di una fabbrica industriale, dove addolcisce ciò che è rozzo e trasfigura lo squallore delle potenti operazioni chimiche.
April 17,2025
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I finished reading this one today on the train to Manchester. It did improve with time, but it wasn't on par with The Old Wives Tale, which I just loved.

Set around 1900 in the industrial Midlands of England, this is the tale of if Scrooge had lived in the five towns with his two daughters. Anna Tellwright has the misfortune of having a most miserly and domineering miserable father. An awful example of the human race. They, she and her younger sister Agnes are a wealthy family but live in very modest means, with father begrudging them anything and sneering down at anything and everything so that Anna struggles to stand up for herself and she and Agnes will often do without. He is a man who loves money and the increasing thereof simply for the sake of possession and not what he might do with it, and is utterly lacking in empathy for his fellow man. When Anna comes of age he signs over her wealth to her, but does not allow her the chequebook or any cash, and tells her want to do including badgering one of their tenants to pay up all the rent owed. The man is admittedly bad at business and has debts everywhere, but it does end up being too much for him and he commits suicide.

Interestingly Anna is trying to find a way out of this miserable existence, and the first chapter is called The Kindling of Love when we see her about all the methodist meetings she in attending in the hope of finding the joy of God, and later in the book getting frustrated when it doesn't hit her. It is also when we meet Mynors, a business man she will later get engaged to, and Willie Price, the son of the man who hangs himself. Although at the end it suggests she didn't love Mynors but did her duty anyway, I wonder if she didn't at some point as you do see her looking out for him all the time and hoping to see him. Maybe he was an escape plan? And there is doubt cast at the end to his own intentions when his reactions to the money come up. Willie Price on the other hand she feels increasingly sorry for as she, in name at least, takes over being the landlady for, and sees what a mess the business in. She feels guilty about how she pushes for the money, herself pushed by her father. When Nr Price hangs himself she goes out of her way to aid the son, something which will permanently alienate her from her father (not that there was a lot of love there), and sees him heading off to Australia without a backward glance whilst we are told she actually loved him. Really? I don't know, but her and Agnes are brought up so repressed and timid it would be hard for them to have any idea what love is.

Anna is befriended by wealthy family the Suttons, and there you can see the contrast, with Beatrice, the daughter getting new clothes, indulging in so called frivolous things like painting and being able to treat herself to chocolates. Something Anna has never tasted. They also take her away on a two week holiday to the Isle of Man which was fun to read about. Brings back memories of my own trip there.
April 17,2025
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I can't remember why I put this on my Kindle, perhaps I read it on a list of books one should read, or maybe I was reading about Arnold Bennett. I download books I like the sound of to add to my collection - then enjoy choosing what to read next, usually something completely different in time and place from the last.
So I came to this book having never read any Arnold Bennett and having only visited Stoke on Trent once - an enjoyable family outing when we were staying in the area to visit Alton Towers. We enjoyed the pottery museum and gained a very good insight into the life of the workers and the paintresses. But of course one can only imagine the fiery furnaces and thriving industry. The novel was published in 1902 and I think Bennett gives us a clear picture of a busy town and its people at all levels. As a man I think he has written well of a young woman's thoughts and feelings. A measured pace, but towards the end we seem to be propelled along as Anna herself is. Hoping she and her sister will get away from their dreadful father, but the ending is not what I expected.
A book I really enjoyed reading.
April 17,2025
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A fictional character gets betrayed is one thing. But when a reader does, it is a whole another story. The latter is what this book had done to me. And I love it. In fact, I am craving for more now.

Narrated from the viewpoint of third person, I saw no reason to question the reliability. And by the end of the book, I was right. It wasn't the narrator, it was Anna all along. Bewildered lass of a wealthy yet dictatorial miser who just came of age and subsequently troubled by a series of inward warfare: faith, love, and peculiar connection to another human being which later she recognised as none other than love.

This book enormously devastated me. I didn't weep as I did with Anne of Green Gables nor hauntingly confused for minutes on account of The Picture of Dorian Gray. But I could feel those holes within. They burn my soul. Slowly. But they burn. Anne Shirley might be my favourite heroine. Yet no book beats this. I simply love it to death. Were it a person, I’d court them right away.

Story arc aside, Bennett did a splendor take on portraying English provincial life in the early 19th century. It was grand to learn of things around the time: capitalism, working class, gender division of labour, methodism christianity, and whatnot. I also like how Bennett gave constant hints of social class: the Tellwright always had afternoon tea at four, sometimes with baked goods. Precise opposite to folks of lower class who just did not have idle hours to engage in such activity.
April 17,2025
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At first, this seemed wooden and dated, a pale imitation of Trollope or Eliot, who had been writing in a similar vein two generations earlier. Initially, I found the main source of interest in the detailed descriptions of the industrial landscape of "The Five Towns", a kind of verbal Lowry, if the latter had painted the Potteries rather than Manchester.

Then, I became hooked by Bennett's portrayal of the main characters, which in time seemed to me more realistic and telling than his more celebrated Victorian forerunners. We know that Anna's relationship with the suave and capable Mynors will not follow a simple and happy path, since the author begins to hint at future tragedy, but will this be dramatic or subtly understated?

Competent, self-contained but inexperienced, Anna has been understandably dominated by her miserly tyrant of a father who has been punctilious in growing the fortune left her by her deceased mother, but cannot bring himself to give her free access to the money, only arbitrary duties such as his brutal insistence that she pursues rent arrears on one of her properties. Denied a normal, loving upbringing, it is hardly surprising that Anna find it difficult to establish a spontaneous romantic relationship with Mynors. She admires him, even imagines him in her bed, but it is only a matter of time before she comprehends that life with him means exchanging one tyrant for another, admittedly more benevolent than her father. It is easier for her to extend the maternal love she feels for her young sister to a weak, inept man who needs her support.

Bennett also proves clear-eyed over the materialism and hyprocrisy of some of the pillars of the local Methodist community, which exerts as great a domination on poor Anna as does her father. He describes with wry insight how the community deals with the suicide of a leading church member , "an abject yet heroic surrender of all those pretences by which society contrives to tolerate itself. Here was a man whom no one respected, but everyone pretended to respect - who knew he was respected by none, but pretended that he was respected by all..... If any man could have been trusted to continue the decent sham to the end and so preserve the general self-esteem, surely it was this man. But no! Suddenly abandoning all imposture, he transgresses openly....snatching a piece of hemp cries, `Behold me; this is real human nature. This is the truth; the rest was lies. I lied;you lied. I confess it, and you shall confess it.'"
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April 17,2025
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Pubblicato nel 1902, “Anna delle Cinque Città” è un romanzo di Arnold Bennett [1867-1931] che ha come protagonista Anna Tellwright, figlia di Efraim un vedovo, intraprendente affarista senza scrupoli, genitore severo incapace di provare sentimenti d’amore verso le sue due figlie, Anna la maggiore e Agnese ancora in età scolare.

La vita di Anna, che fino allora si è svolta essenzialmente tra le mura domestiche, dove il pugno di ferro del padre fa sentire quotidianamente la sua avarizia con la scelta di una vita ritirata, parca, essenziale, subisce una svolta quando Efraim Tellwright, suo malgrado, è costretto, al compimento dei 21 anni di lei, a svelarle di essere destinataria di una piccola eredità lasciatale dalla madre morta subito dopo il suo parto e abilmente aumentata da lui fino a renderla davvero cospicua, contando di continuare ad esserne lui il gestore oculato dietro le quinte.

Da questo momento, l’entrata in società di Anna, grazie all’altolocata famiglia Sutton che l’ha presa a benvolere e a Enrico Mynors, un giovanotto che si sta distinguendo per le sue capacità imprenditoriali e che prova discrete attenzioni verso di lei, porteranno a una migliore visione della vita e della società da parte della giovane donna e l'inevitabile conflitto tra la sua bontà e generosità e l’intransigente, inappellabile avarizia e cattiveria del padre Efraim.

Romanzo forse poco noto ormai eppure un’opera meritevole di lettura che ancora oggi manifesta molti pregi nella scrittura e nel racconto non limitandosi a narrare l’emancipazione personale della protagonista e il suo coinvolgimento nella società che le permettono di usare le sue doti umane di pietà e solidarietà ma presentando un interessante racconto delle difficoltà per chi all’epoca cercava di resistere in ogni modo agli inaspettati cambi della fortuna e degli affari.
April 17,2025
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Hmmm I like it but not as much as The Old Wives tale. The story is good. The relationship between Anna and her father is brilliantly used to exemplify the status of women even women of apparently independent means, in the late nineteenth century. However, the development of the attachments between Anna and Minors and especially Anna and Willie Price are just too thin and the ending is unconvincing.
April 17,2025
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Not, for me, one of his best, but tightly-written, finely-observed, and the plot runs like a well-oiled machine.
Not a not of laughs here, but Bennett certainly shows human nature to great effect, and the downtrodden Anna is painfully believable, as is her tyrannical father and doting sister.
April 17,2025
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Occasionally the description sparkles and makea the town and atmosphere come alive, but it's mostly unsatisfying - it's as if the author tried not to write a Victorian novel by making it short and sweet and to the point, but actually just left out all the description and character development and detail that makes a good Victorian novel so engrossing.
April 17,2025
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With the growth of the Suffrage Movement, powerful male novelists made efforts in print to protest that they understood the ‘New Woman’ phenomenon. Three superior novels which fall into this category are Lawrence’s Women in Love, Wells’ Ann Veronica and Bennett’s Anna of the Five Towns. Not merely do these novels claim to understand women – they imply they understand women better than women understand themselves. Bennett’s is a proudly provincial novel. ‘Bursley’ is one of five towns which, collectively, make up the Staffordshire ‘Potteries’, a region so called for their principal industrial product:
The horse is less to the Arab than clay is to the Bursley man. He exists in it and by it; it fills his lungs and blanches his cheek; it keeps him alive and it kills him. His fingers close round it as round the hand of a friend. He knows all its tricks and aptitudes; when to coax and when to force it.
Bursley is home to a non-conformist belief system which adds energy to industry. There is a fine chapter, describing a religious revival campaign, which probes the happy marriage of Methodism and capitalism. The narrative opens with the heroine, Anna Tellwright, emerging from Sunday school, a creature of ‘foal-like’ beauty, with a good-conduct prize Bible in her hands. It is a sunny day, but she feels vaguely imprisoned by
the various Connexional buildings which on three sides enclosed the yard – chapel, school, lecture-hall, and chapel-keeper’s house. Most of the children had already squeezed through the narrow iron gate into the street beyond, where a steam-car was rumbling and clattering up Duck Bank attended by its immense shadow.
Anna’s father, a coarse man and a lapsed Wesleyan, adopted ‘brass’ (i.e. money) as his great aim in life. By skinflintery, he has acquired a great deal of brass. At twenty-one, Anna inherits (from a relative) even more – £50,000, a huge sum. Her father has a lock on it – which she initially acquiesces to:
Practically, Anna could not believe that she was rich; and in fact she was not rich – she was merely a fixed point through which moneys that she was unable to arrest passed with the rapidity of a train.
As part of her inheritance she is a slum landlord. In this capacity she must exact rent from Titus Price and his son Willie, whose family business is on the rocks. ‘But’, she asks herself, ‘would Christ have driven Titus Price into the bankruptcy court?’ Matters are complicated by a growing romantic attachment to Willie. Anna’s attractions, not least her fortune, attract the attention of Henry Mynors, a successful salesman who is ‘rock-solid chapel’. Her father, Ephraim, approves. Mynors ‘has his head screwed on’. A great crisis arises for Anna when Titus hangs himself, driven to the act by the shame of having forged a promissory note to save his business. Anna burns the incriminating document. Henry Mynors’ offer of marriage is accepted. Bennett called the play he spun off from the novel Cupid and Commonsense. The second is now in ascendant. Willie goes off, it is believed, to Australia. The last words of the novel let the reader in on a sinister secret – he actually threw himself down a disused mine shaft. Anna of the Five Towns was a huge success and inspired a career in writing which made Bennett one of the wealthiest novelists in Britain and Virginia Woolf’s bête noire. ‘Brass’ did not impress her.
April 17,2025
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There are many detailed reviews of this novel, which cover the plot in detail. I will not try to emulate those here. This short novel set in the Potteries is full of poignant observations about the religious, social and financial aspects of life during these times. I really liked the subtle interplay between the characters. The innocence of Anna, the intransigence of her father, the determination of Henry.

A book of social conventions.
A book of torn family loyalty.
A book exploring the strict expectations of Methodists and Wesleyans.
A book which explores the interplay between expectations and dreams.

There is even space for irony and humour: 'Get thee along to th' post-office, Master Terrick: happen they'll give thee sixpenn'orth o' stamps for fivepence ha'penny.'

When Anna comes of age and Ephraim teaches her about looking after her inheritance, which he has managed in trust. She finds it hard to understand some of this: "This mysterious begetting of money by money- a strange process continually going forward for her benefit….and would always be completely ignorant - bewildered her and gave her a feeling of its unreality".


I have not read any Arnold Bennett books before. On the strength of this it will not be the last.
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