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” 2 maggio. Ieri sera dopo cena, mentre eravamo in giardino, dissi: «Voglio restare da sola per l’intera estate, e giungere all’essenza della vita. Voglio impigrirmi quanto più possibile, perché la mia anima abbia il tempo e l’agio di crescere. Non inviterò nessuno, e se qualcuno verrà a trovarmi gli si risponderà che sono fuori, lontana, o indisposta. Trascorrerò i mesi sui prati e nei boschi. Osserverò le cose che accadono in giardino e vedrò se e dove ho sbagliato. Nei giorni di pioggia mi addentrerò nel fitto della pineta, dove gli aghi sempreverdi rimangono asciutti, e nei giorni di sole mi sdraierò sulla brughiera per vedere la ginestra sfolgorante sul fondale di nuvole. Sarò felice, nessuno verrà a disturbarmi. Là fuori, sulla piana, tutto è silenzio e dove c’è silenzio, ho scoperto, c’è la pace».
Scrive così. Elizabeth, sulla prima pagina del suo diario.
Ferma nell’intento di vivere la sua piena libertà.
” Non sarebbe perfetto alzarsi la mattina, giorno dopo giorno per intere settimane, e sentire di appartenere a te stessa e a nessun altro?”
Immergersi nella natura e in un buon libro senza dover ricevere ospiti o rispettare altri impegni se non quello di presentarsi a pranzo con le tre figlie ed il marito altrimenti detto l’Uomo della Rabbia.
Ne “Il giardino di Elizabeth” c’è la scoperta di una passione che cresce giorno dopo giorno.
Lì la solitudine è spezzata dall’arrivo di due ospiti e dalla stagione invernale che impedisce di vivere pienamente all’aria aperta.
Il pensiero però è sempre rivolto al giardino e alle semine su cui vuole aumentare la sua conoscenza.
Qui l’intento di passare le giornate all’aria aperta è quasi un compimento dei frutti della creazione.
Non tutto andrà esattamente come previsto ma:
” Come puoi non essere felice se sei in buona salute e vivi nel luogo in cui desideri?”
Elizabeth Von Armin, anche in questo secondo volume, conferma la vena ironica che riesce a far sorridere quando parla delle sue divertenti bambini o del ridicolo cinismo del marito.
Quasi contagioso lo sguardo d’amore rivolto alla natura che si fa complice di vivaci riflessioni.
” Si tratta di gioie semplici, è vero, e del genere che facilmente provocano la puzza sotto il naso dei più mondani; ma a chi interessano i nasi altrui? Io sono semplicemente me stessa, e non mi stanco mai della benedetta libertà da tutte le costrizioni. Persino un dettaglio in apparenza minore, quale l’essere in grado di uscire all’aperto senza dover indossare cappello, guanti e veletta, reca in sé un fascino sottile del quale non potrò mai stancarmi. È chiaro che sono nata per una placida vita di campagna, e placida lo è certamente, al punto che le giornate sono a volte più simili a un sogno che alla realtà, dedicate interamente alla lettura, al pensiero, all’osservare come cambia la luce del sole o come crescono e appassiscono i fiori; freschi giorni sereni quando la vita trabocca entusiasmo e non riesci a smettere di cantare perché sei troppo felice, e caldi giorni sereni sdraiata sull’erba in un angolo appartato ad ammirare la processione delle nuvole – una posizione, lo ammetto, particolarmente sconveniente, ma pensate al conforto morale!”
Scrive così. Elizabeth, sulla prima pagina del suo diario.
Ferma nell’intento di vivere la sua piena libertà.
” Non sarebbe perfetto alzarsi la mattina, giorno dopo giorno per intere settimane, e sentire di appartenere a te stessa e a nessun altro?”
Immergersi nella natura e in un buon libro senza dover ricevere ospiti o rispettare altri impegni se non quello di presentarsi a pranzo con le tre figlie ed il marito altrimenti detto l’Uomo della Rabbia.
Ne “Il giardino di Elizabeth” c’è la scoperta di una passione che cresce giorno dopo giorno.
Lì la solitudine è spezzata dall’arrivo di due ospiti e dalla stagione invernale che impedisce di vivere pienamente all’aria aperta.
Il pensiero però è sempre rivolto al giardino e alle semine su cui vuole aumentare la sua conoscenza.
Qui l’intento di passare le giornate all’aria aperta è quasi un compimento dei frutti della creazione.
Non tutto andrà esattamente come previsto ma:
” Come puoi non essere felice se sei in buona salute e vivi nel luogo in cui desideri?”
Elizabeth Von Armin, anche in questo secondo volume, conferma la vena ironica che riesce a far sorridere quando parla delle sue divertenti bambini o del ridicolo cinismo del marito.
Quasi contagioso lo sguardo d’amore rivolto alla natura che si fa complice di vivaci riflessioni.
” Si tratta di gioie semplici, è vero, e del genere che facilmente provocano la puzza sotto il naso dei più mondani; ma a chi interessano i nasi altrui? Io sono semplicemente me stessa, e non mi stanco mai della benedetta libertà da tutte le costrizioni. Persino un dettaglio in apparenza minore, quale l’essere in grado di uscire all’aperto senza dover indossare cappello, guanti e veletta, reca in sé un fascino sottile del quale non potrò mai stancarmi. È chiaro che sono nata per una placida vita di campagna, e placida lo è certamente, al punto che le giornate sono a volte più simili a un sogno che alla realtà, dedicate interamente alla lettura, al pensiero, all’osservare come cambia la luce del sole o come crescono e appassiscono i fiori; freschi giorni sereni quando la vita trabocca entusiasmo e non riesci a smettere di cantare perché sei troppo felice, e caldi giorni sereni sdraiata sull’erba in un angolo appartato ad ammirare la processione delle nuvole – una posizione, lo ammetto, particolarmente sconveniente, ma pensate al conforto morale!”