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April 16,2025
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Oltre mille pagine che vanno affrontate da chi vuole scoprire davvero Dickens

Quasi sette anni sono passati dalla mia ultima lettura di un romanzo di Dickens. È stato un grande piacere quindi scoprire che il mio metodo di lettura mi stava riportando nel mondo di questo grande autore. Se forse Dickens non può essere considerato scrittore di grandezza assoluta – troppi essendo i condizionamenti derivantigli dall’essere organico alla nascente industria culturale britannica - è a mio avviso indubbio che sia uno dei più grandi narratori di ogni tempo, con una capacità creativa straordinaria, in grado di produrre un mix unico di affabulazione e umorismo che (almeno nelle sue opere maggiori) non può non affascinare il lettore contemporaneo che ami i classici.
Affrontando uno dei quindici grandi romanzi di Dickens ci si trova di fronte ad alcuni inconfondibili marchi di fabbrica. Innanzitutto la mole: quasi tutti i suoi romanzi superano, nelle usuali edizioni economiche moderne, le 500 pagine, ed alcuni si spingono oltre le 1000. Queste dimensioni di scrittura hanno una motivazione ben precisa: Dickens, autore di successo, pubblicava i suoi romanzi a puntate settimanali o mensili, e naturalmente l’editore aveva tutto l’interesse a richiedere all’autore opere lunghe, in grado di fidelizzare i lettori per molto tempo. La pubblicazione a puntate è all’origine anche di un altro dei tratti riconoscibili nelle opere di Dickens: la suddivisione in capitoli che in genere si interrompono con qualche elemento di suspense o di incertezza, in modo da chiamare la lettura della puntata seguente. Peculiare dello stile di Dickens è anche la compresenza di elementi drammatici, satirici e patetici, e di personaggi, molti indimenticabili altri francamente meno, che incarnano tali elementi. Questi tratti si traducono poi spesso in una complessità ed articolazione delle vicende narrate, che a volte risulta non del tutto agevole seguire e possono dare l’idea di una certa confusione narrativa.
Martin Chuzzlewit può essere considerato a buon diritto una sorta di summa di questi tratti salienti della scrittura dickensiana, con i suoi grandi pregi e i suoi pochi difetti congeniti.
Le 1289 pagine di questo eccellente volume Adelphi, impreziosito dalle tavole originali di Phiz, che - pur mortificate dal formato tascabile – emanano comunque la loro magia, possono incutere al lettore un certo timore reverenziale. Superatolo ed addentrandosi nella lettura, egli conoscerà alcuni personaggi memorabili ed altri quasi stucchevoli per il loro profilo melodrammatico; troverà pagine intrise di una cupa ironia e di una satira sferzante nei confronti dell’ipocrisia e dell’egoismo generati dai valori di una organizzazione sociale dominata dal denaro e dalla ricerca del suo possesso, pagine drammatiche ed altre da cui sgorga un buonismo ed un paternalismo improbabili ed insopportabili; dovrà stare attento a non perdersi seguendo i molti personaggi e le loro intricate vicende. Giunto all’ultima pagina capirà di essersi trovato di fronte al vero Dickens romanziere e deciderà se amarlo od odiarlo.
Un romanzo quindi a mio avviso importante per addentrarsi nelle tante sfaccettature della poetica dickensiana, che segna un passaggio tra le opere della prima fase narrativa dell’autore e quelle della maturità, ma che stranamente nel nostro Paese non ha avuto molta fortuna editoriale. L’edizione Adelphi è l’unica reperibile in libreria, e prima di essa ho rintracciato solamente gli storici tre volumi della BUR grigia risalenti al 1963. Si pensi, a confronto, che oggi in libreria sono disponibili una trentina di edizioni diverse do Oliver Twist una dozzina de Il circolo Pickwick e una decina di Grandi speranze.
Martin Chuzzlewit, sesto romanzo di Dickens, fu scritto a partire dall’autunno del 1842. Dickens, che era già una sorta di star letteraria in tutto il mondo anglosassone, all’inizio di quell’anno aveva compiuto un viaggio di cinque mesi negli Stati Uniti, tenendo conferenze e letture: nonostante l’accoglienza trionfale tornò molto deluso dall’incontro con la società statunitense, che aveva ritenuto basata sui valori dell’uguaglianza e della giustizia. Il viaggio gli rivelò invece un Paese volgare, violento e supponente, convinto della propria superiorità morale e di avere una missione salvifica nel mondo, che mentre si riempiva la bocca con la retorica della libertà basava il proprio sistema produttivo sulla schiavitù e dove il denaro era la misura di ogni virtù. Più prosaicamente, le sue critiche, raccolte come impressioni di viaggio nelle American notes, derivavano anche dal fatto che, per la mancanza di una adeguata legge sui diritti degli autori, le sue opere venivano vendute liberamente negli USA senza garantirgli entrate.
Proprio la critica della società statunitense costituisce uno dei grandi temi di Martin Chuzzlewit, e i capitoli che narrano le peripezie del protagonista che va oltreoceano in cerca di fortuna con il fido Mark Tapley sono sicuramente tra i più frizzanti del romanzo. Al fine di dare un’idea della concretezza e della radicalità dell’analisi di Dickens, riporto, nella bella traduzione di Bruno Oddera, un brano a mio avviso molto significativo di queste pagine americane, nelle quali gli interventi diretti dell’autore, altro tratto tipico del suo stile narrativo, si intensificano. Martin partecipa ad una occasione mondana ed ecco il commento di Dickens: ”La conversazione era ben poco interessante, a dire il vero, e per la maggior parte poteva compendiarsi in una sola parola: dollari. Tutte le preoccupazioni, le speranze, le gioie, gli affetti, le virtù, le conoscenze di quei gentiluomini sembravano fondersi in dollari. Qualunque fosse il loro contributo al pentolone in ebollizione lenta dei loro discorsi, esso non faceva che inspessire l’intruglio a furia di dollari. Gli uomini venivano soppesati in base ai dollari che possedevano e misurati con lo stesso criterio; la vita veniva posta all’asta, valutata, fatta salire o diminuire di prezzo, in base ai dollari che valeva. Subito dopo i dollari, in ordine di importanza, veniva qualsiasi iniziativa che si proponesse di guadagnarne.” Molti sono gli aspetti della società e della mentalità statunitense presi di mira da Dickens, dalla politica alla stampa, dal nascente militarismo al disprezzo per la cultura alle abitudini volgari dei più, ed è divertente constatare come avesse individuato con precisione alcuni fondamentali che sono (purtroppo) tutt’oggi ancora lì a definire lo spirito statunitense. Naturalmente oltreoceano il libro non venne preso bene: questa edizione si chiude con un breve postscriptum di oltre 20 anni dopo, nel quale l’autore sostanzialmente ritratta le sue critiche, richiamando quanto da lui detto durante una conferenza tenuta a New York a proposito della sua ammirazione per gli USA, per la generosità e magnanimità di quella nazione, per gli straordinari cambiamenti che vi aveva riscontrato. Probabilmente, azzardo, nel frattempo le questioni concernenti il diritto d’autore si erano risolte.
Se i capitoli americani costituiscono a mio avviso uno dei punti focali del libro, introdotti – a testimonianza della matrice commerciale dell’ispirazione di Dickens - per stuzzicare la curiosità dei lettori rispetto a vendite dei primi fascicoli mensili non soddisfacenti, è indubbio che a mio modo di vedere Martin Chuzzlewit sia soprattutto un romanzo fatto di personaggi, alcuni dei quali davvero indimenticabili. Il primo che ci viene presentato è un personaggio collettivo: i Chuzzlewit in quanto famiglia. Nel primo, breve e gustosissimo capitolo Dickens decanta l’antico lignaggio di questa stirpe, i cui rappresentanti nei secoli sono stati oscuri maneggioni, violenti, falliti, costruendo un’epica di caratteri che hanno attraversato la storia imbrogliando il prossimo e sgomitando invano per emergere, e facendo dei Chuzzlewit che si incontreranno nel romanzo gli epigoni di tali caratteri, adattatisi alle condizioni sociali in cui vivono.
Tra i numerosi personaggi del romanzo a mio avviso due emergono prepotentemente, tanto che potrebbero essere sicuramente inseriti in un ipotetico aggiornamento del Dizionario dei personaggi di romanzo di Gesualdo Bufalino: Mr. Pecksniff e Sairey Gamp.
Seth Pecksniff vive in un villaggio nei pressi di Salisbury. È vedovo ed ha due figlie in età da marito: Charity (che comincia per la verità ad essere già un poco passatella) e Mercy. È architetto e ospita giovani allievi ai quali insegna il mestiere. Già i nomi delle figlie rivelano molto della sua indole: Mr. Pecksniff è considerato dalla piccola comunità in cui vive e di cui è una delle guide morali un benefattore, devoto e altruista. In realtà egli è un perfetto ipocrita, che agisce solo per il suo interesse materiale ma è capace di nascondere il suo egoismo dietro una patina brillante fatta di retorica della bontà e servilismo nei confronti dei potenti. Sfrutta i suoi allievi sia con rate esose sia ricavando compensi dai loro lavori, mira a maritare le figlie con dei buoni partiti che possano accrescere il patrimonio di famiglia, sa essere particolarmente crudele – sempre ammantandosi di una falsa bontà pelosa – quando gli conviene. Dickens – maestro nel tratteggiare i personaggi attraverso mix irresistibili di caratteri fisici e morali – ce lo presenta così: ”Si trattava di un uomo assolutamente esemplare, pieno zeppo di precetti virtuosi, più di un libro stampato. Taluni lo paragonavano ad un palo indicatore, che indica sempre la direzione per arrivare in una determinata località e non ci va mai. […] Di lui, persino la gola era morale. Se ne vedeva una gran parte. Si guardava oltre lo steccato assai basso di una cravatta bianca (della quale nessun uomo al mondo aveva mai visto il nodo, in quanto egli l’annodava posteriormente) e là essa giaceva, una valle tra due sporgenti cime di colletto, serena e sgombra dai peli.” Significativamente, Mr. Pecksniff è in realtà un Chuzzlewit, anche se di un ramo laterale. L’ipocrisia di Mr. Pecksniff si manifestadunque essenzialmente con il suo linguaggio, attraverso il quale sistematicamente esprime verità che sono opposte al significato letterale delle cose che dice.
Il vero personaggio dickensiano del romanzo è però Sairey Gamp, che appare verso la metà del romanzo. Levatrice e infermiera a domicilio, anzianotta, piccola e rotondetta, sempre accompagnata dal suo ombrello scuro, Sairey è anch’essa un’ipocrita, ma la sua ipocrisia è irresistibilmente comica. Si occupa con la stessa indifferenza di nascite e di morti, maltratta bonariamente i pazienti che le vengono affidati, pretende pasti abbondanti dai parenti dei suoi assistiti ed è dipendente dall’alcool, cosa che ovviamente nega recisamente. Ma il vero colpo di genio di Dickens, che rende indimenticabile il personaggio, è la Signora Harris, una immaginaria amica di Sairey, par di capire della buona società, di cui lei parla spessissimo in quanto, a suo dire, non farebbe altro che tessere le sue (di Sairey) lodi. A differenza di quella di Mr. Pecksniff, l’ipocrisia di Sairey Gamp non si manifesta principalmente attraverso l’uso strumentale e distorto del linguaggio, ma attraverso la continua esposizione dei giudizi positivi espressi su di lei da un’altra persona, la Signora Harris, appunto, che però è stata inventata da Sairey stessa per questo scopo, cosa che rende l’ipocrisia dell’infermiera in qualche modo più simpatica di quella di Mr. Pecksniff.
In tema di ipocrisia va anche ricordato un personaggio minore ma significativo nell’economia complessiva del romanzo: si tratta di Mister Mould, impresario di pompe funebri che lucra sul dolore altrui con una indifferenza mascherata di partecipazione, mettendo plasticamente in evidenza come in una società basata sul profitto tutto possa essere trasformato in affari.
Oltre agli ipocriti nel romanzo vi sono anche i cattivi veri e propri, la cui caratteristica essenziale è di essere figli dei tempi, vale a dire essere animati nelle loro azioni dalla sete di denaro e dalla brama della scalata sociale. Sono questi i personaggi di gran lunga più cupi del romanzo, protagonisti degli episodi tragici.
I personaggi generalmente più deboli del romanzo sono quelli positivi, con l’eccezione a mio avviso notevole di Mark Tapley, il compagno delle avventure americane di Martin Chuzzlewit Jr. La sua filosofia bislacca (ma neppure tanto da un punto di vista strettamente logico) che il merito consiste nel cercare di essere felice in situazioni di infelicità e la sua praticità rispetto all’ingenuità di Martin lo avvicinano, sia pure in tono minore, al Sam Weller de Il circolo Pickwick.
Tom Pinch e sua sorella Ruth rappresentano a mio avviso la dimostrazione del pesante dazio che Dickens, scrittore commerciale, doveva pagare alle esigenze del mercato. Esempi di virtù e bontà perfetta, che sconfina a volte nell’idiozia, assicurano la dose di patetismo che il lettore vittoriano si aspettava di trovare nei romanzi popolari. Tom, in particolare, risulta persino fastidioso con la sua remissività e il perenne annullamento del suo io a favore degli altri, che si spinge sino a negare in letizia il suo amore per una donna quando la sa innamorata di Martin. Anche gli altri personaggi positivi che appaiono nel romanzo non si elevano rispetto al bozzetto di genere. In particolare i due personaggi che danno il titolo al libro sono, a mio avviso, tra i meno significativi e i più sbiaditi della compagine.
Altro dazio pagato ai lettori è il lieto fine, comune in Dickens ma che in questo romanzo raggiunge vette di contrasto con il succo pregresso delle vicende e di mielosità da farlo apparire del tutto posticcio. Forse anche Dickens se ne rese conto, se è vero che nell’ultimo capitolo, dopo cotanto melodrammatico lieto fine, aggiunge un ulteriore episodio comicamente crudele.
Le vicende di questi personaggi, e di molti altri, sono immerse in atmosfere urbane, rurali o americane che Dickens sa come al solito rendere con grande maestria: si legga ad esempio la descrizione del tramonto e del vento che apre il secondo capitolo del romanzo.
In definitiva Martin Chuzzlewit è un ottimo romanzo per scoprire o approfondire la conoscenza di questo grande autore dell’800. In esso si palesano appieno vizi e virtù che caratterizzano l’intera produzione di Dickens, sempre sospesa tra l’innato grandissimo talento, l’urgenza del realismo e della denuncia sociale e la necessità di vendere. Sono questi elementi contraddittori che fanno di Dickens un autore unico nel panorama della letteratura classica, e che ci consentono di leggerlo ancora oggi con grande piacere.
April 16,2025
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3,5 stele.
Romanul "american" al lui Dickens, publicat în foileton între ianuarie 1843 și iulie 1844, nu face parte dintre operele sale populare și există motive destul de puternice în acest sens. Mai întâi, scriitura este de multe ori lipsită de prospețime, iar intriga înaintează greoi, personajele principale să le spunem pozitive (de exemplu, Tom Pinch sau Mark Tapley) sunt atât de naive uneori încât frizează prostia și, cel puțin din punctul meu de vedere, nu au multe șanse să devină captivante pentru cititorii din ziua de astăzi. De aici nu rezultă însă că cel de-al șaselea roman al lui Dickens nu are și puncte tari, asupra cărora voi insista imediat.
Paradoxal, eroii eponimi (bătrânul și tânărul Martin Chuzzlewit, nepotul acestuia) sunt caractere destul de șterse, cel puțin dacă îi comparăm cu unul dintre cei doi eroi malefici, Seth Pecksniff, ce, dintr-un anumit punct de vedere, este personajul cel mai plin de viață din carte (spre exemplu, este cu adevărat memorabilă scena în care maleficul domn Pecksniff se îmbată la petrecerea din pensiunea doamnei Todgers). Nu neapărat și cel mai interesant, titlul acesta revenindu-i misteriosului și taciturnului agent Nadgett, ce este interesat doar de aflarea secretelor vieților celor pe care-i urmărește, despre care unii critici literari susțin că este primul detectiv particular care apare într-o operă de ficțiune și care ne arată încă o dată cât de inovator a fost Dickens pentru vremurile în care a trăit și a scris. Mai mult decât atât, schema de înșelătorie practicată în cadrul Societății Anglo-Bengali de Asigurare pe Viață și Credit Dezinteresat, condusă de Tigg Montague și de David Crimp(le), seamănă foarte mult cu escrocherii de tipul sistemului piramidal Ponzi sau Caritas, ce aveau să fie puse în practică mulți ani mai târziu. Iată un citat relevant: "În afaceri, spuse Jonas; regula pe care trebuie s-o urmezi este: ,,Inșală-i pe ceilalți, altfel ceilalți te înșală pe tine". Ăsta e preceptul de bază al evangheliei comerciale. Celelalte-s mofturi".
Este interesant de observat că în Martin Chuzzlewit lipsește una dintre temele favorite ale lui Dickens și anume abuzul asupra copiilor orfani sau nu. Este o temă în care scriitorul britanic a excelat, însă aici este înlocuită cu o altă temă la fel de emoționantă și anume abuzul la adresa femeii săvârșit de către soțul acesteia. Violența domestică a fost cu siguranță o temă de pionierat în epoca în care a fost scris romanul și din nou Dickens nu are nicio ezitare să o abordeze frontal prin intermediul nefericitului cuplu Jonas Chuzzlewit-Mercy Pecksniff.
Pe de altă parte, romanul are și o consistentă dimensiune psihologică, modul în care autorul analizează mintea criminalului Jonas Chuzzlewit fiind fără doar și poate impresionant.
Fără îndoială, tema cărții este egoismul, autorul însuși ne mărturisește acest lucru de mai multe ori pe parcursul romanului. Însă, în același timp, Martin Chuzzlewit este și romanul marii convertiri a majorității personajelor, ce, cu precădere prin intermediul suferinței, ajung să se cunoască pe sine sau pe ceilalți, având loc în felul acesta o ruptură brutală față de propriul trecut și mai ales față de eul lor din trecut.
În final, mai trebuie adăugat faptul că modul în care Dickens descrie America este unul satiric, însă și aici scriitorul introduce unele observații pline de miez și de savoare: "Martin nu cunoștea de loc America, pentru că, dacă ar fi cunoscut-o, ar fi știut că - după spusele cetățenilor americani, luaţi individual - afacerile sînt totdeauna în depresiune, totdeauna în stagnare, totdeauna într-o stare de criză alarmantă; în vreme ce, în masă, sunt oricînd gata să-ți jure pe evanghelie, la orice oră din zi si din noapte, că America este cea mai înfloritoare și mai prosperă dintre ţinuturile locuibile de pe glob...La drept vorbind nu se alese cu mare lucru din discuția lor, căci mai toate schimburile de vederi se puteau reduce la un singur cuvînt: dolari. Toate preocupările, speranțele, bucuriile, simţămintele, virtuţile și prieteniile acestor oameni păreau să se rezume la dolari. Asta era baza oricărei discuții, chiar dacă, întîmplător, se mai strecura și alt subiect. Oamenii erau cântăriți în dolari, iar faptele tot în dolari erau evaluate; viața era scoasă la mezat, evaluată, pusă în vânzare și adjudecată în raport cu dolarii pe care îi putea produce".
Concluzia este destul de simplă: fără să fie unul dintre cele mai bune romane ale lui Charles Dickens, Martin Chuzzlewit este o lectură obligatorie pentru admiratorii săi. Este însă și mai uimitor faptul că, în paralel cu lucrul la acest roman complex, Dickens a avut timp să conceapă poate cea mai celebră scriere a sa: Poveste de Crăciun, publicată în 1843. Lectură plăcută!
April 16,2025
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Quite a romp, with the bonus of good Dickens sendups of our very own USA. It was interesting to observe how he got stuff done in terms of elongating the narrative to satisfy the requirements of a lengthy serial. Introducing pivotal characters indirectly, as in bringing in the murder witness by way of sketching the situation and disposition of Mrs Gamp; the florid dialogue that's very beautifully rendered but in which every character takes about five pages to get to their point, etc. It took me so long to read it because on the very day I started it I suffered an eye trauma that gave me a torn retina and an attendant vitreous hemorrhage, which is still in the process of being repaired/healing. So I ended up reading this more or less one-eyed, and the type was small, on less-than-perfectly white pages. Laborious! But worth it.
April 16,2025
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4,5 estrellas

Esta es la última de las novelas de la primera etapa de Dickens (la siguiente ya es la excepcional "Dombey e hijo"). Me encanta Dickens, no me canso de repetirlo, junto con Jane Austen son mis dos escritores preferidos (aunque hay muchísimos más que me gustan), y, si bien en general prefiero al Dickens de la segunda etapa, he disfrutado inmensamente "Vida y aventuras de Martin Chuzzlewit".
Puede que el argumento sea algo errante, y tenga muchas subtramas que a veces entran un poco con calzador, pero me da exactamente igual: disfruto tanto leyéndole, me gusta tantísimo su prosa, lo bien que escribe (tiene pasajes en este libro que son literatura en mayúsculas), que por mí este libro podría haber tenido aún más páginas de las que tiene (y eso que sobrepasa las novecientas).
Además, los temas que nos quiere mostrar, su concepto de justicia social y su manera de retratar lo mejor y lo peor de la sociedad en la que vivía hacen que para mí cualquiera de sus digresiones sean un auténtico placer.
Con el añadido de que en esta obra hace gala muy especialmente de su sentido del humor y de la fina ironía, con ese humor tan british, que me ha hecho sonreir (y a veces soltar auténticas carcajadas) en muchas escenas.
Vamos, que me lo he pasado de maravilla.
Dickens crece como novelista a cada obra que escribe, y aquí hace gala de su talento: con una descripción de personajes (uno de sus grandes puntos fuertes) magistral, con una novedad: el protagonista (o debería decir, uno de los protagonistas, pues aquí el peso de la trama está muy distribuido, a mi juicio, entre Martin Chuzzlewuit joven -en esta novela nos encontramos con dos personajes que llevan el mismo nombre: el abuelo y el nieto, y el adorable Thomas Pinch) es bastante detestable y que nos cae bastante mal (incluido al propio autor) durante una buena parte del libro, aunque poco a poco nos va mostrando su evolución.
Por otra parte, el otro protagonista es uno de los personajes más adorables con que nos ha obsequiado la pluma de Dickens (y a fe mía que tiene varios)... y, si bien normalmente estos personajes adorables suelen ser mujeres (o niños o, ya en su segunda etapa, hombres "quebrados"), aquí, sin embargo, es un hombre hecho y derecho, en la plenitud de sus facultades.
Otro aspecto en el que empieza a notarse cómo fue cambiando la forma de ver a las mujeres (siempre fueron su debilidad y su preferencia, pero pasa de verlas desde un punto paternalista, como seres de luz, a verlas como sujetos autónomos, capaces de muchas cosas) y su situación (y que se plasmaría en obras posteriores), lo encontramos en el personaje de Merry Pecksniff y su matrimonio: ahí Dickens empieza a criticar ferozmente la institución del matrimonio victoriano, y lo que podía suponer para la mujer una unión desafortunada. A ver: en este libro las mujeres siguen siendo seres de luz (me refiero a las heroínas de la novela, obviamente), pero creo que el personaje de Merry es un anuncio de los cambios que veríamos, poco a poco, en otros personajes femeninos de sus siguientes novelas.
Y, finalmente, otro punto que me ha encantado es que parte de la trama, aproximadamente un tercio, se desarrolle en Estados Unidos... y la caña que les mete: se muestra especialmente crítico con algunos aspectos de la sociedad de ese momento, y sus profundas contradicciones (la década de los 40 de 1800). No me extraña que "se liara parda". Gran parte del público norteamericano se cogió un buen mosqueo con esta obra (y, a juzgar por algunas de las puntuaciones de esta página, y por la nacionalidad de los que puntúan, diría que aún hoy en día hay algunos a los que "les escuece"), si bien, como dijo el propio Dickens: "como, al escribir ficción, jamás he disimulado lo que es ridículo o malo en mi país, espero (y creo) que los estadounidenses no me reprocharán que haga lo mismo fuera de él".
ADORO a Dickens. Y cómo he disfrutado leyendo este libro.
April 16,2025
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Not one of Dickens' more well known, nor one of his best, "Martin Chuzzlewit" begins in a deceptively lighthearted, humorous manner. That may have been the author's intention.

This book is a tale of deception, dishonesty, duplicity, murder and greed. From one chapter to the next the reader has difficulty telling the saints from the sinners, and with good reason. This is not "A Christmas Carol." The characters in this story are complicated and multi-layered.
If you are working your way through the complete works of Charles Dickens, don't quit " Martin Chuzzlewit" partway through, thinking you have it all figured out. You don't.
April 16,2025
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Clipped Review:

Brill. Dickensian. Not ne plus ultra but close enough. More complex villains and heroes than precedents. Sublimely comic, including one hilarious scene of begging and bitching Chuzzlewits desperate for the old man’s loot. Best name: Sweedlepipe. Messy, sprawling and less structured in parts. Especially the last 40pp. But divine all the same.

A Pecksniffian Digression:

I work part-time at a homeless shelter and I always recommend Dickens as a panacea to ail the suffering hearts of those poor feckless wretches without deeds or property to their names that reside in the scummiest marshlands my dear ancestors that came from the bogs as wouldn’t see fit to wallow in. “My dear wastrels!” I entreat to those broken spirits as would soon pick up a book as embrace their fellow men with tearful laments of their mutual hardship, “Dickens is a noble cure for the wailings and lamentations of such as mendicants as yourselves, and the paltry sum I ask from you in return is as nothing as the soulful nutriments to be derived from the adventures therein. As I often say, what matters more to man, the trifling bread and water that keeps us in temporary sustenance but offers no solace in those dark nights when we prostrate ourselves at God’s heavenly feet, or deep lasting spiritual food to set us on our ways up and to our fortunes?” Sometimes these poor souls have the rascal folly to denounce my generosity as two-faced, but I look beyond such lowness and avail myself with their money to a well-earned slice of lamb cutlet with Ms Tippet’s special sauce, followed by a pint or two of Mr Swaddlecob’s pure English ale. Real food indeed! God bless the wretches!

A Pressing Question:

What the fuck happened to Mary?

Another Pressing Question:

Dickens’s infatuation with Tom’s sister Ruth is a little creepy: perhaps she was based on his darling wife or daughter?

Nothing to Do With This Game:



1994 Adaptation
April 16,2025
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I will be honest about two things:

1) I truly love Dickens’s writing, and while I wouldn’t say that I love all of his works equally, I’ve genuinely loved everything I’ve ever read by him (I’ve got 5 major works left, plus the unfinished final novel)

and

2) Despite this love of Dickens’s writing, built up and solidified repeatedly over several years of reading, I only went into this novel in my quest of being a Dickens completionist. I had heard nothing whatsoever about it, and only knew that somehow, somewhere, its plot involved a trip to the US. I wasn’t overly excited, and I thought it would be a slog…

However

this was a completely unexpectedly wonderful and underrated Dickens! I absolutely loved it!!

It’s one of the funniest things I’ve ever read—even funnier than The Pickwick Papers! I laughed aloud throughout the whole book.

The characters are so memorable and typically vivid, to the point of exaggeration and caricature. But oh so enjoyable!!!

This book has it all—first rate comedy, intrigue, family drama, murder, hidden identities, romance, loyalty, adventure, and a characteristically satisfying Dickens wrap up.

Highly recommended!! A huge thank you to my buddy reading friends for this one, Stephanie and Elizabeth!! You made this such a terrific summer reading experience!!
April 16,2025
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Whoever has ever read works of Charles Dickens could well imagine that his creative genius could never be fettered in Victorian England or even revolutionary France (Tale of Two Cities). In the monumental, yet (in my opinion) underrated and lesser known story of The Life and Adventures of Martin Chuzzlewit, his characters have spread their wings and traveled across the Atlantic to the bustling pre-Civil War United States. I found it not surprising but very refreshing to witness his obvious abhorrence to slavery and his apparent surprise at the prospering American Irish. England didn’t (politically) consider the Irish slaves but their lot was often even worse. I perceive that Dickens had an affinity to this vast new country but nevertheless took pains to expose its flaws. This tale has all the elements for greatness; love, hate and adventure into the unknown make it both interesting and highly readable. Before I started reading I was daunted by the size of this work but soon found the pages rapidly turning as the story unfolded. This book isn’t only for Dickens’ fans but will surely interest a much broader audience.
April 16,2025
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Letter from the ‘umble Reader to the ‘onourable Master Dickens!

Part One, - which expresses slight confusion regarding the title of this chef d’oeuvre, Martin Chuzzlewit!

My dear Dickens! Despite the fact that there is not just one, but two important main characters called Martin Chuzzlewit, it seems to me that they are not deserving of the title, all things considered. The editors obviously knew that when they printed the Wordsworth Classics edition, as they put a portrait of the infamous Mr Pecksniff on the front cover instead. A very Pecksniffian thing to do, indeed! Stealing the honour, the show, and the centre stage from the true main characters, who are far too kind and shy to claim their rights to title and portrait. If there is any justice to be had in the city of London, the title should undoubtedly be: “Tom Pinch and Mark Tapley”, for they are the heroes of the rollercoaster story on greed, misunderstanding, family conflicts, culture clash and murder!

After long considerations however, the Reader does not advise Pinch and Tapley to go to court, as that would only lead to their participation in Bleak House rather than Martin Chuzzlewit. And while being crucial to the dénouement of their own novel, they would probably just add to the confusion of the overpopulated Chancery.

Part Two, - which expresses deeply felt gratitude to the Author for offering yet another masterpiece of world class, adding the charm of a cultural exchange between America and England and a highly entertaining crime story to the well-known Dickensian mix of character study and societal peculiarities.

Deeply in love with the whole Dickensian universe, I will give this one a clear lead when it comes to witty, nuanced characters and funny situations. I spent lovely days in a reading frenzy, laughing out loud many, many times at the beautifully described absurdity of human life. Little did I know that the habit of blaming teachers for children’s lack of respect and learning was so old. I used to think it a recent phenomenon to hear parents spit fire in rude, anti-eloquent language, cursing teachers’ inability to teach their children proper manners and vocabulary. Then I witnessed poor Ruth Pinch’s governess adventure in 19th century London, and reconsidered. It was exactly the same back then: the dumber the parents, the more a child’s failure is the fault of the teacher.

Another aspect of modern life that turns out to be as old as Dickens is the dichotomy between American and European values, and its effect on intercontinental relations. This novel being Dickens’ hommage to ex-pat experience made me love it all the more. And he is so right when attributing Martin Chuzzlewit the Younger’s change of character to his widened perspective and global experience. Comparative social studies develop human characters for the better! But Eden, America is only for very, very tough travellers! A paradise in a swamp. In a few chapters, Dickens outlines the funniest contradictions in the American Dream - spot on!

Part Three, - which bows to the literary precursor of Four Weddings And A Funeral, and expresses huge pleasure at the fact that a Not-Wedding can be the perfect happy end in some cases - depending on the character you ask!

The “Never Yours” letter of emancipation will stay with me forever, - what a conclusion, Mr Moddle. Good luck on the Seven Seas!

Conclusion, in which the devoted Reader expresses happiness, satisfaction and also a tiny bit of sadness at leaving yet another 800-page adventure in the company of Dickens behind!

Magnificent! And there is nothing Pecksniffian in this praise. It comes from the bottom of my heart, and is as honest as Tapley and Pinch!

Please accept my ‘umble Gratitude,

Forever Yours,

The Respectful Reader
April 16,2025
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Martin Chuzzlewit oldukça uzun, içinde bir sürü karakter barındıran ve tabi bir Dickens kitabı olduğundan dolayı bunların içinde gülünç karakterler de var. Okuduğum beşinci Dickens kitabı oldu normalde bu yazarın oluşturduğu dünyayı okumayı seviyorum ama bu kitap için ne sevdim ne de sevmedim diyebilirim bazı yerler çok durağandı, birkaç karakteri okumak belli bir süre sonra beni sıkmaya başladı bunlardan biri Mrs. Gamp onun olduğu bölümlerde ne zaman konuşmayı sonlandıracak acaba diye bekleyip durdum. Yazarın kitaplarında genelde iki uçta oluyor karakterler mesela Mr. Pecksniff iki yüzlü, çıkarcı ama aynı zamanda ahlakla ilgili nutuklar atıp tutan bir mimar yanında çalışan Tom Pinch ise oldukça saf, insanlar hakkında asla kötü düşünmeyen biri.

Kitapta iki tane Martin Chuzzlewit var biri dede diğeri torunu. Yaşlı Martin paradan da, akrabalarının serveti için kavga etmelerinden bıkmış biri. Yanında yetim bir kız olan Mary var ve onun dışında kimseye güvenmiyor. Bir gün Salisbury yakınlarında olan Mavi Ejder hanına yolu düşüyor ve akrabası olan Mr.Pecksniff’in onu görüp tanımasıyla hikayemiz başlıyor.

Kitabın ortalarına doğru Amerika'da geçen bazı yerler var ilk nüshalarında bu kısım yokmuş yazar sonradan eklemiş. Yazarın Amerikan hayatıyla ilgili görüşleri ve eleştirileri var.
Tom Pinch’in John Westlock ile arkadaşlığını okumak güzeldi tabi Ruth’un olduğu bölümleri de. Mark Tapley zor şartlar altında keyiflenmenin marifet sayılacağını düşünen garip bir karakterdi.

Dickens’ın çok daha güzel kitapları var iki yıldır kitaplığımda bekleyen bir kitaptı daha önce de elime alıp bırakmıştım ön sözlerden dolayı (yazarın kendi yazdığı ön sözler) şu dönemde evde olmasaydım büyük ihtimal uzun bir süre daha kitaplığımda beklerdi.
April 16,2025
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Certainly one of the most under-appreciated novels in the Dickens canon, Martin Chuzzlewit is the transitional text that brings us into the mature phase. It has always taken some grief for its American chapters, which were a mid-course inspiration and are in fact brilliant, so there.
April 16,2025
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A very enjoyable re-read. I had forgotten how much the author had lampooned the early days of the emerging American character. There are some quite funny chapters in which the younger Martin Chuzzlewit and the ever resourceful Mark Tapley attempt to make their fortune in the young country. I think this might be one of Dickens' most comedic novels.
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