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Nelle terre estreme è il libro che racconta la vera storia di Chris McCandless, giovane americano morto durante un viaggio in Alaska nel 1992. L’alpinista e giornalista Jon Krakauer, colpito dalla storia, conduce un'inchiesta, ricostruendo gli ultimi due anni della vita avventurosa di Chris e ragionando sulle cause dell’assurda morte. Da questo libro è tratto il film di Sean Penn Into the Wild, del 2007.
Krakauer racconta la vita di McCandless in modo appassionante, iniziando dalla sua morte, saltando dunque all’indietro nel tempo e tornando sul luogo del delitto solo negli ultimissimi capitoli. La vicenda di McCandless è inframezzata da una parte dove sono raccontate le vicende di altri viaggiatori delle “terre estreme”, e le loro morti spesso incomprensibili. A questi racconti si aggiunge quello autobiografico di Krakauer, che proprio in Alaska ha vissuto un’esperienza simile a quella di McCandless, ma uscendone vivo.
Il libro cita i miti letterari del protagonista McCandless: in primo luogo Lev Tolstoj, e soltanto in seconda battuta Jack London. London è anche l’evidente riferimento letterario dell’opera di Krakauer, e non solo per l’idea di richiamo della foresta che fa diventare selvatici i cani addomesticati, svelandone la vera natura (l’equazione sarebbe McCandless = Buck). La storia richiama anche personaggi di London come i cercatori d’oro sprovveduti, morti per ingordigia e poca considerazione del pericolo – l’esemplare racconto Farsi un fuoco viene citato esplicitamente da Krakauer.
Il libro non sarà gradito solo ai fan di McCandless, che ne venerano lo spirito romantico, adorandolo come uno dei tanti eroi maledetti. Nelle terre estreme è un esempio di non-fiction apprezzabile per chiunque trovi la vicenda affascinante, pur senza amarne molto il protagonista. Krakauer, che dichiara subito la propria simpatia per il personaggio di McCandless, nel quale si identifica, riesce a restituirne un ritratto che non puzza di elegia e che non ne nasconde le idiosincrasie e il narcisismo. Il giornalista, affezionatosi alla figura di McCandless attraverso i suoi diari, intervista le persone che sono state a contatto con lui nei due anni precedenti la morte, e anche quei familiari che Chris non vedeva né sentiva dal momento della partenza. Vuole dimostrare che McCandless non era né un suicida né un incompetente, ma un ragazzo caparbio la cui fine tragica dipese da alcune ingenuità che controbilanciarono troppo severamente gli sforzi compiuti per vivere “into the wild”.
Laddove il film di Sean Penn è spesso mieloso e posticcio nel voler fare di McCandless un eroe a ogni costo, il libro di Krakauer è più misurato. Non abbiamo la critica caustica presente in un documentario come Grizzly Man di Werner Herzog, ma il giornalista non esita qui a mettere in luce anche i tratti meno brillanti della personalità di Chris, restituendo il ritratto di un ragazzo testardo ma alla mano, affabile, è vero, ma anche dotato di eccentricità non sempre gradevoli, votato all’ascetismo con la forza caparbia e un po’ isterica delle convinzioni adolescenziali.
Si può dire che per Krakauer in McCandless si riassumono entrambe le anime che agitano i personaggi di London: quella degli uomini arroganti e sprovveduti, “privi di immaginazione” (Farsi un fuoco), che affrontano la natura senza conoscerne le regole o sottovalutandone i pericoli, uomini che per questo moriranno; e quella del cane Buck e di Zanna Bianca, che vivono al massimo della propria potenza immersi nel paesaggio meraviglioso ma letale per il quale sono stati creati.
Nel 2013 è stata confermata la tesi di Krakauer, ossia che McCandless sia morto a causa dell’avvelenamento provocato dai semi di patata selvatica.
Qui l’articolo che ha pubblicato sul New Yorker a tale proposito: http://www.newyorker.com/books/page-t...
Krakauer non manca di sottolineare, come fa nel libro, di aver ricevuto migliaia di lettere non solo da parte dei fan di McCandless, ma anche da persone indignate che accusano McCandless di essere stato un ragazzino viziato e arrogante, morto per stupidità, e Krakauer un cattivo giornalista per averlo reso un mito con la pubblicazione della sua inchiesta. Chi ha letto Nelle terre estreme sa che Krakauer, per quanto ammirato dalla figura di McCandless, ha cercato di narrare con obiettività i fatti, provando a spiegare le ragioni che spinsero il ragazzo ad agire nel modo che lo ha poi condotto alla morte. Che ci piaccia o no, la storia di McCandless, come le altre citate – compreso il racconto autobiografico della scalata dello stesso Krakauer –, rimane un esempio di letteratura di frontiera, la vicenda ancestrale in cui un giovane deve mettersi alla prova sfidando forze sovraumane (la natura incontaminata), disposto a soccombere pur di portare a termine la propria missione. Come sappiamo, il confine tra eroismo e stupidità può essere ambiguo e labile, e la storia di McCandless lo chiarisce molto bene.
Sulla stessa vicenda è uscito recentemente per Corbaccio il libro Into the wild truth di Carine McCandless, la sorella minore di Chris.
Krakauer racconta la vita di McCandless in modo appassionante, iniziando dalla sua morte, saltando dunque all’indietro nel tempo e tornando sul luogo del delitto solo negli ultimissimi capitoli. La vicenda di McCandless è inframezzata da una parte dove sono raccontate le vicende di altri viaggiatori delle “terre estreme”, e le loro morti spesso incomprensibili. A questi racconti si aggiunge quello autobiografico di Krakauer, che proprio in Alaska ha vissuto un’esperienza simile a quella di McCandless, ma uscendone vivo.
Il libro cita i miti letterari del protagonista McCandless: in primo luogo Lev Tolstoj, e soltanto in seconda battuta Jack London. London è anche l’evidente riferimento letterario dell’opera di Krakauer, e non solo per l’idea di richiamo della foresta che fa diventare selvatici i cani addomesticati, svelandone la vera natura (l’equazione sarebbe McCandless = Buck). La storia richiama anche personaggi di London come i cercatori d’oro sprovveduti, morti per ingordigia e poca considerazione del pericolo – l’esemplare racconto Farsi un fuoco viene citato esplicitamente da Krakauer.
Il libro non sarà gradito solo ai fan di McCandless, che ne venerano lo spirito romantico, adorandolo come uno dei tanti eroi maledetti. Nelle terre estreme è un esempio di non-fiction apprezzabile per chiunque trovi la vicenda affascinante, pur senza amarne molto il protagonista. Krakauer, che dichiara subito la propria simpatia per il personaggio di McCandless, nel quale si identifica, riesce a restituirne un ritratto che non puzza di elegia e che non ne nasconde le idiosincrasie e il narcisismo. Il giornalista, affezionatosi alla figura di McCandless attraverso i suoi diari, intervista le persone che sono state a contatto con lui nei due anni precedenti la morte, e anche quei familiari che Chris non vedeva né sentiva dal momento della partenza. Vuole dimostrare che McCandless non era né un suicida né un incompetente, ma un ragazzo caparbio la cui fine tragica dipese da alcune ingenuità che controbilanciarono troppo severamente gli sforzi compiuti per vivere “into the wild”.
Laddove il film di Sean Penn è spesso mieloso e posticcio nel voler fare di McCandless un eroe a ogni costo, il libro di Krakauer è più misurato. Non abbiamo la critica caustica presente in un documentario come Grizzly Man di Werner Herzog, ma il giornalista non esita qui a mettere in luce anche i tratti meno brillanti della personalità di Chris, restituendo il ritratto di un ragazzo testardo ma alla mano, affabile, è vero, ma anche dotato di eccentricità non sempre gradevoli, votato all’ascetismo con la forza caparbia e un po’ isterica delle convinzioni adolescenziali.
Si può dire che per Krakauer in McCandless si riassumono entrambe le anime che agitano i personaggi di London: quella degli uomini arroganti e sprovveduti, “privi di immaginazione” (Farsi un fuoco), che affrontano la natura senza conoscerne le regole o sottovalutandone i pericoli, uomini che per questo moriranno; e quella del cane Buck e di Zanna Bianca, che vivono al massimo della propria potenza immersi nel paesaggio meraviglioso ma letale per il quale sono stati creati.
Nel 2013 è stata confermata la tesi di Krakauer, ossia che McCandless sia morto a causa dell’avvelenamento provocato dai semi di patata selvatica.
Qui l’articolo che ha pubblicato sul New Yorker a tale proposito: http://www.newyorker.com/books/page-t...
Krakauer non manca di sottolineare, come fa nel libro, di aver ricevuto migliaia di lettere non solo da parte dei fan di McCandless, ma anche da persone indignate che accusano McCandless di essere stato un ragazzino viziato e arrogante, morto per stupidità, e Krakauer un cattivo giornalista per averlo reso un mito con la pubblicazione della sua inchiesta. Chi ha letto Nelle terre estreme sa che Krakauer, per quanto ammirato dalla figura di McCandless, ha cercato di narrare con obiettività i fatti, provando a spiegare le ragioni che spinsero il ragazzo ad agire nel modo che lo ha poi condotto alla morte. Che ci piaccia o no, la storia di McCandless, come le altre citate – compreso il racconto autobiografico della scalata dello stesso Krakauer –, rimane un esempio di letteratura di frontiera, la vicenda ancestrale in cui un giovane deve mettersi alla prova sfidando forze sovraumane (la natura incontaminata), disposto a soccombere pur di portare a termine la propria missione. Come sappiamo, il confine tra eroismo e stupidità può essere ambiguo e labile, e la storia di McCandless lo chiarisce molto bene.
Sulla stessa vicenda è uscito recentemente per Corbaccio il libro Into the wild truth di Carine McCandless, la sorella minore di Chris.