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La storia è fatta dai vincitori, quindi è ovvio che si sappia poco dei campi di internamento giapponesi in USA. D'altrone in Europa c'erano altri campi, con finalità ben diverse, ad aver catturaro tutta l'attenzione.
Julie Otsuka, con lo stesso stile delicato ma meno frammentato di Venivamo tutte per mare, racconta tale internamento dal punto di vista di una famiglia di 4 persone: madre, padre, un figlio e una figlia. I genitori sono immigrati, ma i figli si sentono solo americani (non parlano nemmeno giapponese). Eppure la loro vita tranquilla viene stravolta in poche ore, quando il padre è portato via, di notte e senza nemmeno dargli il tempo di vestirsi, in un contesto kafkiano dove nulla si sa della ragione di un tal gesto.
La madre è una donna forte e orgogliosa e tira avanti fino alla comparsa di volantini in cui si annuncia che tutti i cittadini di origine nipponica dovranno trovarsi a un centro di raccolta in un certo giorno. Il romanzo inizia appunto con la signora che prepara la casa prima della partenza, con la mente già orientata al ritorno. Ma nel viaggio, e nella permanenza nei vari campi, la forza di questa donna viene erosa. Tutto, specialmente la vita del bambino, ruota attorno all'attesa per quel padre portato via senza motivo. La normalità di prima diventa mito, diventa una mancanza dolorosa che la nuova routine non riesce a limitare. Quando poi la situazione si risolve il ritorno alla normalità delude, perché la normalità ricordata e rielaborata ha poco a che vedere con la realtà.
Davvero un ottimo racconto
Julie Otsuka, con lo stesso stile delicato ma meno frammentato di Venivamo tutte per mare, racconta tale internamento dal punto di vista di una famiglia di 4 persone: madre, padre, un figlio e una figlia. I genitori sono immigrati, ma i figli si sentono solo americani (non parlano nemmeno giapponese). Eppure la loro vita tranquilla viene stravolta in poche ore, quando il padre è portato via, di notte e senza nemmeno dargli il tempo di vestirsi, in un contesto kafkiano dove nulla si sa della ragione di un tal gesto.
La madre è una donna forte e orgogliosa e tira avanti fino alla comparsa di volantini in cui si annuncia che tutti i cittadini di origine nipponica dovranno trovarsi a un centro di raccolta in un certo giorno. Il romanzo inizia appunto con la signora che prepara la casa prima della partenza, con la mente già orientata al ritorno. Ma nel viaggio, e nella permanenza nei vari campi, la forza di questa donna viene erosa. Tutto, specialmente la vita del bambino, ruota attorno all'attesa per quel padre portato via senza motivo. La normalità di prima diventa mito, diventa una mancanza dolorosa che la nuova routine non riesce a limitare. Quando poi la situazione si risolve il ritorno alla normalità delude, perché la normalità ricordata e rielaborata ha poco a che vedere con la realtà.
Davvero un ottimo racconto