A very flawed novel but one much adored in its day---in fact, Paradise was FSF's best known work during his lifetime (not Gatsby). Inevitably, biographers pun on it: THE FAR SIDE OF PARADISE, EXILES FROM PARADISE, CHEESEBURGER IN PARADISE---okay, maybe not that last one, but you get the point.

What's most interesting about TSOP (as we in the Fitz biz call it) is the new type of Bildungsroman it established. Unlike Victorian coming-of-age novels (think Dickens), Amory Blaine's story avoids easy resolution and creates one of the more realistic portraits of adolescent indirection found in 20th cen lit. I would argue that there'd be no Holden if not for Amory---which, given the lambasting Catcher in the Rye has taken lately, may not have been a bad thing.

There's much charm in here: my own favorite character is Eleanor Savage, the daredevil among the women character. Rosalind---often thought to be a transparent portrait of Zelda---isn't sympathetic on the surface, but if you understand her predicament as a teenage girl in the 1910s, you begin to feel some empathy for her. There are also marvelous bursts of rhetoric, including the closing oratory on Amory's generation, which has grown up to find "all wars fought" and "all gods dead."

On the downside, the main character himself can be cloying---something that wasn't necessarily FSF's fault. He was working with a character type known as the "mooncalf," a teenage boy pining for love, and between talk of petting and wearing other men's BVDs (you'll have to check out the "Supercilious" chapter on your own!), he can seem a bit of a woos.

Nevertheless, TSOP captured something as America entered the Jazz Age, and the book, for all its faults, is gossamer and sad in all the lovely ways we expect from Mr. Fitzgerald.

I began this book with mediocre expectations. Fitzgerald is known for his very colorful, sometimes over-the-top prose, and as someone who generally prefers Hemingway-esque curtness, I wasn't looking forward to that.

After a whirlwind reading (1.5 days), I am absolutely certain that it is one of the truest and most agonizing books I've ever read. There was almost no part of Amory's story that did not resonate with me on a very personal level, and when one is reading, they feel as though they are learning about life right along with him. What is college supposed to mean? What happens with traits we've identified ourselves with begin to disappear? How do we keep from projecting our own ideas about someone onto them?

It is hard to say a lot about something one finds very wonderful. It is a remarkable book.

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https://sivi-the-avid-reader.com/this...

n  ​"You're a slave, a bound helpless slave to one thing in the world, your imagination."n

This semester I am doing a self-driven challenge: to read all of F. Scott Fitzgerald's novels (and a few short story collections if I have time). I read exactly ten pages of Fitzgerald a day, every day. This was my first read of the year and I can say that so far this idea is going well.

I read The Great Gatsby way back in middle school, but I can say this is the first of his books I have truly read. The way the author captures human emotion, both the beautiful and the ugly, is glorious and his word imagery is pretty much unparalleled. I adore the writing.

The main problem with this book was that it was so inconsistent. One minute, I was raptly devouring it, the next, rolling my eyes at yet another philosophical rant. Honestly. One page I was singing the praises of a flawless beauty with a choir belting harmonies and the next I was facepalming so aggressively my friends worried it was a form of self-mutilation. The same went for how I felt about Amory, our main man. I loved him, I hated him, I loved him, I hated him.

Overall, very much so reads like a debut novel: with struggles and promise all wrapped up in a bow.

Quando si deve creare una nuova categoria per classificare un libro, significa che si è di fronte a una di queste tre situazioni:
situazione A: il libro affronta un tema sconosciuto o nuovo, mai letto da altre parti;
situazione B: il libro è talmente bello che va classificato a parte;
situazione C: il libro è talmente brutto che va classificato a parte.
Dato che la nuova categoria si chiama "abbandonato", si può intuire in quale situazione mi sia trovato stavolta.
Tuttavia non è il libro che importa. Non stavolta.

Di questo libro ho un ricordo ben preciso: lo comprai nel 2009, all'edicola che c'era (o forse c'è ancora) dentro la stazione di Bologna, prima della scalinata che portava al corridoio sotterraneo per l'accesso ai vari binari.
Non avevano ancora rivisto tutto in funzione dell'AV, l'avvenieristica stazione attuale (che ho solo intravisto recentemente dai finestrini di un treno, di passaggio) era forse nemmeno un progetto.
Insomma, sceso dal regionale da Trento e in attesa di prendere l'Intercity (sì, c'era ancora il caro vecchio economico Intercity) per Roma Termini, mi fermai all'edicola e, insieme al giornale, comprai anche questo libro ingiallito, lì da chissà quanto. Costava pochi soldi, e gli studenti universitari erano anche allora decisamente squattrinati. Ricordo che provai a leggerlo e che lo misi quasi immediatamente da parte, preferendogli addirittura il giornale.
Avevo 24 anni, ero innamorato, presi il treno per Roma e le vicissitudini di questo libro, da allora, si persero di scaffale in scaffale, di mensola in mensola. Polvere su polvere su polvere.

Giorni fa me lo rivedo per l'ennesima volta fra i libri non letti (ho una mensola apposita) e mi chiedo se non sarebbe l'ora di leggerlo, e di promuoverlo nella libreria autocostruita (più che egregiamente) da me medesimo in versione falegname, fra i libri letti. Nel bene o nel male.

Rivedo quella costa verde brillante, e la copertina di un giallo da giallo della Christie, con il ritratto di un giovane baldanzoso e che con baldanza guarda in avanti, verso il futuro. Non penso a me a 24 anni, tutt'altro. L'oggetto libro non mi comunica niente in questo senso. La memoria non rimanda a me.

Ho una pessima memoria, in generale. Più che pessima sui fatti del quotidiano: per tenere a mente le cose devo scrivere tutto in maniera quasi maniacale, dettagliando ogni cosa e ogni passaggio su carta, su post-it, su agenda o su qualunque supporto idoneo. Per il lavoro che faccio un mezzo disastro.
Sopperisco a questi difetti con l'organizzazione e con una capacità logistica notevole.
Quindi non ricordo mai dove ho comprato un libro, a meno che non lo scriva da qualche parte subito, o non conservi lo scontrino.
A meno che dietro non ci sia una ragazza. Ecco, in quel caso ricordo tutto perfettamente. La mente elabora persino l'anno, il luogo dell'acquisto, tutto si lega e si tiene all'interno di un ricordo generale su un amore. Finito. E un libro, per quanto insignificante, ha un peso specifico persino superiore a libri che posso aver adorato, e persino a libri che ho adorato e che sono legati al ricordo di quella stessa persona (penso al Maestro e Margherita, che ho comprato insieme a lei, e che pure non mi riporta col pensiero a lei - la grandiosità del libro è riuscita a sopprimere persino un ricordo di tale potenza, il che per come è strutturata la mia mente è un risultato sorprendente).

Ho riaperto questo libro, dunque, e ci ho ritrovato dentro un cartoncino rosso, che segnava il punto dove ero arrivato all'epoca della prima lettura. Poche pagine, forse dieci. Il cartoncino rosso, un banalissimo ritaglio rettangolare 6x4 di un A4 colore rosso grammatura 200, portava su un lato una specie di smile stilizzato, una cosa rotonda con due occhi e la lingua di fuori. Tratto a matita. Riconosco il suo segno. Suo di lei.
Sono anni che non la vedo, mi manca ma la consapevolezza che fra di noi, oltre a 600 chilometri in linea d'aria, ci sono due vite che hanno preso direzioni divergenti e oramai lontanissime e irrimediabilmente estranee mi rende tangibile in maniera amara come immensa possa divenire la distanza dalla persona a cui, per interi anni, sei stato più vicino rispetto a chiunque altro. Quasi una cosa unica.
La crepa sul pavimento, il fosso lungo la provinciale che diventano una valle.
Alla fine l'amore è una eccezione, la vicinanza emotiva e affettiva una vacanza della natura. L'errore (gli errori) che fanno andare avanti il mondo, tuttavia. Letteralmente.

A essere onesto, con me stesso prima che con gli altri, devo però sottolineare che la mia memoria non è solo e semplicemente scarsa. Lo è sulle questioni del quotidiano, sicuramente.
Tuttavia possiedo una memoria didascalica eccezionale. Ricordo date e fatti - per lo più storici - come probabilmente pochi altri. E non lo dico per vantarmi: l'età e gli ostacoli della vita mi hanno insegnato a essere umile e seccamente pragmatico. Al liceo, alle interrogazioni di storia in cui i miei compagni erano dal poco al per nulla preparati, venivo mandato in avanscoperta durante la prima giornata di interrogazioni per debordare in interminabili esondazioni storiche che avevano come scopo strategico quello di far passare indenne agli altri le due ore successive. Io mi divertivo, il prof anche, i miei compagni la sfangavano e tutti erano contenti, alla fine.

Poi non ho seguito le mie inclinazioni e il mio talento, all'università ho fatto tutt'altro, la storia è rimasta un hobby e alla fine è andata bene, benissimo così. Ho imparato molto di più, ho sviluppato le mie predisposizioni all'ordine e all'organizzazione, ho appreso una immensità di nozioni altrimenti irraggiungibili, ho un lavoro a cui chiunque ambirebbe e a cui non sarei mai potuto arrivare senza quel percorso.
In tutto questo lei non c'è stata, probabilmente sta meglio dov'è ora rispetto a dove sarebbe stata con me. Forse è più felice, glielo auguro: la superbia di credermi migliore e più adatto a lei fra tutti gli altri, quelli che erano venuti prima e quelli che sono venuti dopo, costruisce vette di certezze apparantemente infrangibili, in realtà pezzi di ghiaccio che si sciolgono al primo sole. So che non è così. So che non è così, ma mi manca. Forse è lei - lei come donna e come persona - a mancarmi. O forse è solo il ricordo, che come sempre si cristallizza sulle cose belle dimenticando selettivamente quelle brutte, o meno belle. O forse sono quegli anni, vissuti in equilibrismo fra dovere e sentimenti, o la Città. Comunque mi piacerebbe rivederla. Chissà come sarebbe. Commovente, forse. O forse secco, triste e impersonale come una fucilata. Chissà chissà chissà.
https://www.youtube.com/watch?v=rmXz8...

Ah sì, il libro. E' orrendo. Oserei dire orripilante. Orrenda la traduzione. Talmente insignificante la trama (una serie di episodi sulla vita di un ragazzetto viziato, egotico, supponente e drammaticamente insopportabile) da non riuscire a coinvolgere nemmeno il più masochista fra i lettori. Inutilmente barocca e iperbolica la scrittura: pagine su pagine di inezie, facezie, stupidaggini; nulla, ma proprio nulla di importante. L'ho abbandonato verso pag. 40 senza nessun rimpianto. Se il celebratissimo grande Gatsby è su questi livelli siamo messi molto male. Anzi, malissimo.

Perhaps read better as diary of an artist who is also a writer rather than a novel - in this, it is similar to Joyce's 'The portrait of an artist a young man'. has something existential despite its characters, as Fitzgerald's characters often do, possessing very shallow values. There is also a lot of philosophical talk going in here which is another thing I didn't expect from Fitzgerald.

I have read only two of Fitzgerald's works but I believe Anthony might be the only character he created that has an intellectual bent of mind. His stock characters are materialist-hedonists who just want to get drunk and have sex and their big problems are they may not be filthy rich to be able to do so (though they mostly are), or they might have to work for it or they might be married to wrong people. To sum up, they want to forever retain the privilege of being adolescent and beautiful. Even Anthony shares some of these values including an arrogant lookism. Such sensual people rarely make great lovers of literature.

The prose was far superior IMO compared to The Great Gatsby - but in terms of metaphors, symbols etc, it doesn't really come together and that was only reason I could have considered giving it like 4 stars instead of 5.

after reading: Meh. Meh, meh, meh. See, this is the problem with re-reading books that shine so bright in your memory — sometimes they just don't live up. I mean, there's really no reason I shouldn't have loved this book. It's filled with philosophical musings and snappy, flirty dialogue; it's pleasantly disjointed, very slice-of-life-y; it's definitely full of verve and probably powerful ideas.... but I just couldn't get into it. I was in fact very impatient throughout. I found Amory Blaine to be a bit of a narcissistic bore, all the female characters thoroughly self-obsessed and false, and most of the other characters either inconsistent, un-memorable, or not believable.

I nearly always feel guilty about not liking a book. In this case my guilt is compounded by the fact that someone who once meant a great deal to me loved the shit out of Fitzgerald, and this book in particular; in fact, it's his copy, full of his underlinings and nearly destroyed due to the number of times it's been caught in in rainstorms, that I still have.

But Nick, I'm sorry. F. Scott, I'm sorry. I just don't love this like I used to.

This would be my last Fitzgerald book ever.
His writing style is extraordinary and magnificent but as he might have put it: he doesn’t write about anything of importance.

I strongly disliked this book and I'm saying no more lest it turn into a rant.

Edit: Okay, some friends have requested the rant, so here goes. I never connected with the main character. The only time we really get insight into what he's thinking is when he's thinking about how much better he is than everybody else. (gag) We follow his romantic adventures as he falls in love repeatedly and we have no idea how he really feels or why he's doing this. The motivations of all of the characters make no sense to me. They're all paper dolls, doing weird things with no understandable motivations. "Oh, I killed my horse! Sometimes I just go mad and do things like that!" (context makes this make a tiny bit more sense)

And oh, the poetry! It's like Fitzgerald being a pretentious ass and trying to get lame (to me) poetry into a book way too many times. One or two would be fine, but I seriously wanted to close my eyes and bang my head against a wall every time it cropped up. However, that would have given me a hell of a headache because there was a lot of it.

Oh, yes, how could I possibly forget the political ranting in favor of socialism? It went on and on and on and on...

The interesting thing is how extreme my reaction was. Last year I read The Beautiful and Damned for a classics challenge, and not only did I give it some five star love, it was also one of my favorite books last year. A favorite of both the challenge and a 2015 top 10. So I was understandably extremely excited about this book. His first published book, and a book that took the world by storm. A book that was so popular that he makes a comment in The Beautiful and Damned about how all of society is talking about it and it's a must read for them. Arrogant and self-centered but it made me really want to read this. And then I do and I hate it as much as I loved the other. I've also read The Great Gatsby and had a sane, normal 3.5 star reaction to it. So why do these two books provoke such a powerful reaction?

I knew this was Fitzgerald’s first novel and written at age 23, but I still expected more.

I didn’t care much about the main character and what happened to him and his narcissism was just unbearable at points. In the beginning I was following the plot and dialogues with interest, but then it got annoying with all the poetry Fitzgerald wrote and attributed to his characters. Also, all the malapropisms and descriptive non sequiturs were irritating. And the female characters (AKA flippers)? A bunch of shallow girls looking for attention and money.

I understand that in 1920 this book was considered experimental and new, but it is definitely not a classic everyone needs to read. Many better books out there.

Fitzgerald’s first novel, This Side of Paradise follows Amory Blaine from childhood through to adulthood as he navigates the trials and tribulations of life.
Bit slow in parts, but I enjoyed reading about Amory. I found him particularly endearing.

Having read Fitzgerald’s early short stories first, I noticed - and found it particularly interesting - that he adapted several of his earliest short stories into parts of this novel. Most notably, Babes in the Woods, The Debutante and Spires and Gargoyles.

A formative text for me; that initial read during my first semester of undergrad was nothing less than revelatory. Felt compelled to finally return, which I'm just now realizing is almost exactly twenty(!) years to the date. And while the story itself no longer feels so personally meaningful—I read it now more with a sense of warm reminiscence, like catching up with a long lost friend, smiling over shared memories—it remains such an exciting read, fiercely ablaze with youthful swagger, enthusiasms, & ideas. As autofiction there's obviously a sharp specificity to the story of Amory Blaine, but I was most intrigued this time around with how the shifts in format, voice, & mode, while not always individually successful, have a wonderful cumulative, collage-like effect; it really does feel like the scrapbook of an era, an entire generation. And, of course, crowned by one of THE great closing lines in all literature.

"I don't want to repeat my innocence. I want the pleasure of losing it again."