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Chi è cresciuto negli anni 90 ha vissuto un po' il fenomeno cinematografico di quell'epoca, dove i film ti davano l'idea che potessi diventare chiunque, che potessi diventare ricco, famoso e fare tutto. E diciamoci la verità, il nostro sogno americano è un po' questo, non quello di lavorare in un ufficio di Manhattan per 15 ore al giorno riducendosi a mangiare una barretta proteica davanti al computer (perché guess what, è cosi che succede).
Questo libro ci racconta, in forma ovviamente romanzata, il sogno un po' di tutti noi nerd smanettoni che eravamo bravi in matematica al liceo. E a parte un punto in particolare in cui il libro rallenta un po', per il resto si fa davvero apprezzare. Si percepisce la crescente dipendenza di Kevin più che verso i soldi, verso il gioco d'azzardo, che poi non è azzardo, è un meccanismo ben oliato che Kevin sa che funziona.
Fino a che qualcuno se ne accorgerà e dirà basta.
Ed ecco che Kevin è costretto a tornare alla realtà, e la sua storia si conclude con un finale un po' dolce e un po' amaro. E come per tutti prima o poi, la sua versione del sogno americano deve finire.
«Non ti ho mai detto perché ho abbandonato il MIT, vero?»
Kevin aprì gli occhi. Il soffitto scuro gli restituì l’occhiata. Aspettò che Martinez continuasse.
«Perché quello comunque non era il mio posto. Ero già stato reclutato da Micky. Sapevo che questa era la vita più adatta a me. Qualcuno potrebbe pensare che io stia sprecando i miei talenti. Io invece credo che questo sia il mio destino. Sono un contacarte, Kevin.»
Questo libro ci racconta, in forma ovviamente romanzata, il sogno un po' di tutti noi nerd smanettoni che eravamo bravi in matematica al liceo. E a parte un punto in particolare in cui il libro rallenta un po', per il resto si fa davvero apprezzare. Si percepisce la crescente dipendenza di Kevin più che verso i soldi, verso il gioco d'azzardo, che poi non è azzardo, è un meccanismo ben oliato che Kevin sa che funziona.
Fino a che qualcuno se ne accorgerà e dirà basta.
Ed ecco che Kevin è costretto a tornare alla realtà, e la sua storia si conclude con un finale un po' dolce e un po' amaro. E come per tutti prima o poi, la sua versione del sogno americano deve finire.
«Non ti ho mai detto perché ho abbandonato il MIT, vero?»
Kevin aprì gli occhi. Il soffitto scuro gli restituì l’occhiata. Aspettò che Martinez continuasse.
«Perché quello comunque non era il mio posto. Ero già stato reclutato da Micky. Sapevo che questa era la vita più adatta a me. Qualcuno potrebbe pensare che io stia sprecando i miei talenti. Io invece credo che questo sia il mio destino. Sono un contacarte, Kevin.»