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Guru ri-Meditation
Leggere un libro di Coupland è come scaricare un aggiornamento alla vita vecchio di due anni.
Lo so, il libro è del 2006 e quindi la patch è, già di suo, temporalmente ben più vecchia, ma poco importa, avrei avuto la stessa sensazione anche se avessi letto il libro fresco di stampa. Perché Coupland fotografa l'istante, virando il tutto con un effetto seppia “anni'80", e quando mostra l'immagine questa è ormai storicizzata, anzi, vintage, come Ronald McDonald o dei playmobil fatti col lego.
Nulla nella scrittura in automatico di Coupland risulta davvero superfluo (neanche quando riempie 10 pagine di numeri casuali invitando(ci) a scoprire dove ha inserito una “o” al posto di uno “0”), proprio perché niente di quanto narrato è essenziale: i personaggi vivono in “non-luoghi” intrecciando delle “non-relazioni” e tutti i memorabili eventi che si susseguono si rivelano effimeri come delle quinte accatastate in un set televisivo abbandonato.
E tutto questo nulla brillante è reso compatto e sensato grazie alle sue abituali cifre stilistiche, l’uso dell’ironia (unita in questo caso all’autoironia demitizzante, come i numerosi inserti metanarrativi lasciano scorgere) e un sentimentalismo empatico verso chi ha smarrito il proprio ruolo nel mondo. In fondo si sa, la X generation posa da sempre le sue fondamenta sul vuoto.
Leggere un libro di Coupland è come scaricare un aggiornamento alla vita vecchio di due anni.
Lo so, il libro è del 2006 e quindi la patch è, già di suo, temporalmente ben più vecchia, ma poco importa, avrei avuto la stessa sensazione anche se avessi letto il libro fresco di stampa. Perché Coupland fotografa l'istante, virando il tutto con un effetto seppia “anni'80", e quando mostra l'immagine questa è ormai storicizzata, anzi, vintage, come Ronald McDonald o dei playmobil fatti col lego.
Nulla nella scrittura in automatico di Coupland risulta davvero superfluo (neanche quando riempie 10 pagine di numeri casuali invitando(ci) a scoprire dove ha inserito una “o” al posto di uno “0”), proprio perché niente di quanto narrato è essenziale: i personaggi vivono in “non-luoghi” intrecciando delle “non-relazioni” e tutti i memorabili eventi che si susseguono si rivelano effimeri come delle quinte accatastate in un set televisivo abbandonato.
E tutto questo nulla brillante è reso compatto e sensato grazie alle sue abituali cifre stilistiche, l’uso dell’ironia (unita in questo caso all’autoironia demitizzante, come i numerosi inserti metanarrativi lasciano scorgere) e un sentimentalismo empatico verso chi ha smarrito il proprio ruolo nel mondo. In fondo si sa, la X generation posa da sempre le sue fondamenta sul vuoto.